Il Parlamento può, anzi deve modificare l’attuale assetto legislativo del CSM, non la struttura e i compiti definiti dalla Costituzione, che ha configurato il Csm come uno scudo per assicurare che, attraverso l’amministrazione delle carriere dei magistrati, il governo non potesse influenzare l’esercizio della funzione giudicante.
Purtroppo, su questa base è poi invalsa nella pratica e nell’uso linguistico l’idea che il Csm sia “organo di autogoverno” della magistratura, come se questa fosse un corpo che si autoamministra.
Continua a leggere l’intervista a Sabino Cassese pubblicata sul quotidiano il Riformista dello scorso 20 giugno.