Devo alla collega e amica Cristina Vano la conoscenza di questo brano quasi inedito: si tratta di un giudizio concorsuale, da Cristina stessa rintracciato nei polverosi fascicoli ottocenteschi dell’Archivio centrale dello Stato, precisamente nella serie Ministero della pubblica istruzione, direzione generale dell’istruzione superiore, biblioteche e affari generali. Prima serie (1882-1890), b. 201. Riguarda il concorso per la cattedra vacante di Storia del diritto italiano presso la Regia Università di Palermo.
Chi scrive la Relazione finale del concorso, presidente della commissione, è l’eminente giurista Francesco Schupfer (1833- 1925), laureatosi in diritto a Vienna nel 1858, docente di diritto privato nell’ateneo di Padova dal 1860, poi professore per un breve periodo a Innsbruck, quindi promosso ordinario a Padova, infine chiamato nel 1878 a Roma recente capitale d’Italia. Studioso notissimo, da principe del diritto longobardo (e delle influenze in esso del diritto romano), quindi delle discipline romanistiche (delle quali a lungo fu titolare di cattedra), Schupfer fu capace di spaziare con ampi affreschi storico-giuridici dal Medioevo all’età moderna (addirittura sino a trattare del periodo più prossimo, cioè del Risorgimento); ma al tempo stesso di concentrare la sua attenzione e competenza su singoli istituti del diritto privato, offrendone analisi per l’epoca di grande rilievo e finezza (notissimo il suo “Il diritto privato dei popoli germanici con speciale riguardo all’Italia”, un’opera in 4 volumi pubblicata nel 1907-1909).
Destinatario del severo giudizio critico qui riportato è uno studioso giovanissimo, che sarà tra poco anch’egli un grandissimo giurista, ma della generazione immediatamente successiva a quella di Schupfer: Vittorio Emanuele Orlando. Nato a Palermo nel 1860, Orlando aveva dunque appena 24 anni al tempo del concorso del 1884. Sarebbe morto a Roma nel 1952 dopo una vita operosissima sia negli studi che in campo politico (sino ad essere presidente del Consiglio nella fase finale della Grande Guerra). In particolare fu il fondatore della scuola italiana del diritto pubblico, venerato maestro di giuristi eminenti quali Oreste Ranelletti, Federico Cammeo e Santi Romano (per citarne solo alcuni tra i tanti) e guida indiscussa di intere filiere di studiosi tutti fedelissimi a quello che sarebbe stato, nel diritto pubblico, il canone orlandiano.
Il giudizio perentorio contenuto in queste poche righe, non prive di una asprezza che quasi tradisce il fastidio del loro estensore, rivela forse una debolezza culturale iniziale del candidato (presentatosi avventatamente a un concorso che non concerneva le sue proprie discipline di studio); ma anche tradisce la gelosa difesa da parte di Schupfer del metodo e dei confini disciplinari della storia del diritto come egli l’intendeva e la praticava.
Opinò la commissione che entrambi i lavori presentati dal signor Orlando dimostrassero il difetto nell’autore di una conveniente preparazione. Nulla o poco vi ha nei medesimi che già non fosse noto generalmente, ché anzi non viene tenuto conto di molte notizie che si trovano in opere dove sono trattati i medesimi argomenti; né della storia del diritto romano. Né del barbarico né del medievale l’autore ha la cognizione adeguata; trascura l’odierna letteratura giuridica, fraintende talora le fonti che cita; omette nella trattazione punti di primaria importanza; onde i suoi lavori sono riusciti incompleti e pieni di inesattezze. Perciò la commissione pur deplorando che la immaturità degli studi non gli abbia permesso finora di conseguire in questa scienza quei risultati che poté ottenere con l’ingegno che possiede in altri rami delle discipline giuridiche, ed inducono a ben sperare nella sua carriera scientifica, ebbe a negargli, a voti unanimi la eleggibilità.
(…)
Relazione della Commissione esaminatrice del Concorso alla cattedra di Storia del diritto italiano vacante nella R. Università di Palermo. 24 aprile 1884, relatore Schupfer.