Secondo l’OCSE la trasformazione digitale della pubblica amministrazione costituisce una sfida gestionale, in quanto richiede un profondo cambiamento nel modo di lavorare delle amministrazioni, che può essere realizzato solo attraverso lo sviluppo di competenze digitali adeguate a tutti i livelli. In ragione di ciò sono state definite diverse strategie di intervento: ma come trasformare le linee programmatiche in azioni concrete? Quali sono i profili professionali emergenti tipici della trasformazione digitale? Quali competenze devono essere rafforzate e in che modo (formazione, job rotation, reverse mentoring)? Che ruolo giocano le competenze cd. Soft?
Il celebre economista John Maynard Keynes ha più volte presagito la c.d. disoccupazione digitale, ossia la crescente distruzione di posti di lavoro dovuta alla larga diffusione della tecnologia. La premonizione dello studioso, tuttavia, non sembra avverarsi, anzi stiamo affrontando un problema opposto: la transizione digitale offre nuove possibilità di lavoro ma le competenze dei lavoratori non sembrano allinearsi con sufficiente velocità.
La discrasia fra rapidità della transizione tecnologica e lentezza dello sviluppo delle competenze digitali riguarda anche la trasformazione della pubblica amministrazione.
Fra le missioni del PNNR, infatti, compare l’obiettivo di trasformare in profondità la pubblica amministrazione attraverso una strategia centrata sulla digitalizzazione, volta a favorire l’efficienza e l’efficacia dei processi. Ciò rappresenta indubbiamente un’importate opportunità di crescita per il Paese e al contempo una straordinaria occasione per assicurare trasparenza e qualità di servizi al cittadino.
La digitalizzazione dell’attività amministrativa implica un profondo cambiamento nel modo di lavorare, che può essere realizzato solo attraverso lo sviluppo delle competenze necessarie a tutti i livelli.
Nella realtà dei fatti, tuttavia, si registra un ritardo nel processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, dovuto in parte anche all’assenza di cultura digitale e dell’innovazione condivisa a tutti i livelli dell’amministrazione (ne abbiamo parlato qui su questo Osservatorio).
In questo scenario sono state definite diverse strategie di intervento, a partire dalla Strategia per la crescita digitale 2014-2020, approvata dal Consiglio dei Ministri il 3 marzo 2015, che ha dedicato un capitolo alle competenze digitali come programma di accelerazione fondamentale per la trasformazione digitale del Paese; più di recente nella Strategia Italia 2025 del Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione sono state definite le linee per la “Repubblica digitale”, nel cui quadro è stato adottato il Piano Operativo della Strategia Nazionale per le Competenze digitali.
Ma come trasformare queste linee strategiche in azioni concrete?
In primo luogo è opportuno definire l’ambito di intervento, che nel caso delle competenze digitali della pubblica amministrazione è duplice: da un lato, è necessario acquisire dall’esterno i nuovi profili professionali che si stanno affermando nell’ambito della transizione digitale, dall’altro è opportuno procedere all’upskilling e reskilling delle competenze del personale già presente all’interno della pubblica amministrazione.
Dunque in entrambi i casi, la funzione HR giocherà un ruolo fondamentale nel definire adeguate strategie di alimentazione dall’esterno e di sviluppo delle competenze interne.
Ma quali profili professionali sono necessari e quali competenze devono essere sviluppate?
Per rispondere ad entrambi gli interrogativi si può ricorrere ad uno strumento gestionale sempre più diffuso, cioè il modello delle competenze: uno schema di analisi che permette alla singola amministrazione, sulla base dei propri obiettivi e delle proprie attività, di individuare i profili professionali necessari e le competenze che devono possedere per poter svolgere al meglio i compiti. In questo modo il modello consente di censire, da un lato, le competenze possedute da ogni singola risorsa, per definire quali debbano essere rafforzate, dall’altro di individuare quali siano i profili professionali necessari di cui vi è carenza.
Le figure più richieste nell’ambito della transizione digitale saranno sicuramente data scientist, ingegneri gestionali, esperti di nuove tecnologie e più in generale figure con una formazione nell’ambito STEM; nonostante ciò, considerare queste professioni come le uniche protagoniste della transizione digitale costruirebbe un’enorme semplificazione, come di recente affermato dal think tank Bain Future, report The working future: more human, not less.
Secondo il report, infatti, le nuove tecnologie contribuiranno a “riumanizzare il lavoro” ossia ad affidare alle macchine i compiti automatici di mera esecuzione, mentre spetteranno all’uomo le attività nelle quali può esprimere le proprie capacità più tipiche, come creatività, problem solving e relazioni interpersonali. Ne deriva che alcune competenze c.d. soft diventeranno fondamentali per qualsiasi dipendente della pubblica amministrazione, a prescindere dal profilo professionale di appartenenza, perché costituiscono le abilità imprescindibili per affrontare un contesto nuovo e in continua evoluzione come la trasformazione digitale.
La transizione, quindi, richiede un giusto equilibrio fra profili specialisti nell’ambito digitale, ma altresì profili non specializzati, ma dotati di un set di competenze che permetta loro di operare in modo efficace all’interno di un’amministrazione sempre più digitale.
Si tratta delle competenze digitali c.d. trasversali individuate dal Syllabus competenze digitali per la PA, che descrive il set di competenze minime richieste a ciascun dipendente pubblico, non specialista in ambito IT, per operare in una pubblica amministrazione sempre più digitale. L’obiettivo generale del Syllabus è assicurare che tutti i dipendenti pubblici siano in grado di operare attivamente in modo sicuro, consapevole, collaborativo e orientato al risultato all’interno di una pubblica amministrazione sempre più digitale, sviluppando le competenze necessarie.
Le azioni per rafforzare le competenze possono essere molteplici, serve un approccio integrato.
In primo luogo, lo strumento più tradizionale è costituito dalla formazione, le amministrazioni sono chiamate predisporre adeguate occasioni di apprendimento per il proprio capitale umano, secondo le diverse esigenze concrete; a tal proposito possono risultare particolarmente efficaci le MOOC, Massive Open Online Courses, una modalità di apprendimento aperta, flessibile e in constante aggiornamento.
La sola formazione, tuttavia, rischia di rafforzare le sole conoscenze e non le competenze, è fondamentale che la risorsa sappia applicare in concreto quanto appreso.
A tal proposito, devono essere implementate occasioni di sviluppo delle competenze digitali con esperienze dirette sul campo, mediante la job rotation e il job shadowing.
Il job shadowing non è altro che l’affiancamento durante le attività di lavoro di un profilo più competente e formato nel settore digitale e tecnologico; ciò consente di osservare sul campo l’applicazione del set di competenze digitali trasversali.
Mediante la job rotation, i dipendenti hanno l’occasione di cambiare periodicamente le mansioni e le attività di cui si occupano e anche la struttura di appartenenza. In questo modo, le risorse potranno maturare una visione d’insieme dei diversi processi e sperimentare le diverse applicazioni dell’innovazione digitale, ciò consentirà loro di acquisire nuove competenze e contribuire alla diffusione di buone pratiche di lavoro. Inoltre la periodica rotazione delle risorse rende il capitale umano più flessibile e pronto al cambiamento, caratteristiche fondamentali nell’ambito della transizione digitale.
Infine, non deve essere sottovalutato il potenziale di una sorta di reverse mentoring: le risorse più giovani possono trasmettere le proprie competenze digitali alle figure senior. L’incontro tra le nuove generazioni “digitali” e intraprendenti con l’esperienza maturata negli anni dalle figure con maggiore anzianità può diventare una grande opportunità di crescita e sviluppo per entrambi.
In conclusione, tra le varie sfide poste dalla transizione digitale della pubblica amministrazione vi è quella dello sviluppo delle competenze digitali adeguate a tutti i livelli dell’amministrazione. Compito non facile, che richiede l’adozione di azioni concrete su vari fronti, per assicurare un capitale umano adeguato ad un’amministrazione che vuole accogliere la transizione digitale.
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