Il tema della sorveglianza e dei suoi effetti sulle garanzie del singolo penetra sempre di più il tessuto giurisdizionale. Una diffusa affermazione di principi da parte di diversi tribunali appare volta ad arginare e contenere un unico fenomeno: la pervasività delle tecnologie di sorveglianza sulla sfera del singolo. Tecniche affini e adoperate in Stati diversi ricevono, forse, le prime risposte comuni.
Una sentenza del 9 settembre della Corte di Appello del 9° Distretto (United States v. Moalin) ha stabilito che la sorveglianza di massa praticata dalla National Security Agency (NSA) è illegittima.
Le tecniche utilizzate dall’Agenzia, rese note al mondo dalle rivelazioni di Edward Snowden al Guardian, non sono compatibili con basilari garanzie costituzionali (statunitensi), né trovano copertura nella disciplina delle telecomunicazioni — le quali non consentono una raccolta preventiva di dati in assenza di un provvedimento giurisdizionale (order) o dell’apertura di una investigazione. Viene quindi inferto un duro colpo alle prassi di sorveglianza, che invece, grazie all’utilizzo esteso delle tecnologie, consente attività di controllo senza precedenti.
La vicenda giudiziaria cerca, quindi, di porre un freno a un potere potenzialmente sconfinato nelle mani dell’esecutivo. Aveva suscitato grande interesse, e ha contato su amicus Brief come l’Epic e il Brennan Center for Justice.
Il caso muoveva dalla violazione di norme processuali: si contestava, nella specie, l’utilizzo di materiale probatorio (che si sostanziava nel deposito, da parte del governo, di dati raccolti in modo massivo sugli imputati) senza le garanzie dovute e senza la supervisione, come detto, di un organo giurisdizionale. Le prove raccolte sono state giudicate illegittime, in quanto al di fuori del perimetro delle regole dettate in materia. Nonostante non siano state riviste le pene inflitte ai quattro condannati (che avevano finanziato organizzazioni terroristiche mediorientali), la sentenza ha riconosciuto che le intercettazioni senza mandato, che hanno raccolto segretamente milioni di telefonate, hanno violato il Foreign Intelligence Surveillance Act.
Ma non solo: la sorveglianza di massa delle comunicazioni degli statunitensi, secondo la Corte, è illegale e viola il Quarto emendamento; inoltre, i responsabili dell’intelligence americana, secondo i Giudici, non hanno dichiarato cose rispondenti al vero quando hanno difeso il programma che ne è alla base, fornendo spiegazioni che non hanno rivelato il suo vero funzionamento.
La expectation of privacy (che risale al caso Smith del 1967) è violata e “l’intrusione” vietata dal Quarto emendamento ampiamente superata; la Corte si richiama anche alla importante sentenza Carpenter del 2018 della Corte Suprema, per riconoscere che, nel caso di specie, il tema è ancora più vasto, perché vasta e sconfinata è l’estensione e – soprattutto – la capacità di raccogliere dati attinenti ai singoli.
Affermazioni di grande rilievo, tanto che lo stesso Snowden ha commentato la sentenza: “[n]on avrei mai immaginato che sarei vissuto per vedere i nostri tribunali condannare le attività della Nsa come illegali e nella stessa sentenza vedermi attribuito il merito per averle rivelate“, ha scritto su Twitter.
Le sue rivelazioni sono culminate in una pronuncia giurisdizionale (dove viene espressamente citato), proprio negli Stati Uniti, dove è stato incriminato per spionaggio. “Today’s ruling is a victory for our privacy rights” ha affermato l’ACLU, sostenendo che la sentenza “makes plain that the NSA’s bulk collection of Americans’ phone records violated the constitution”.
La vicenda appena tracciata concerne l’ordinamento degli Stati Uniti, ma, nel suo insieme, rivela un movimento più ampio.
Le attività di spionaggio sono state infatti setacciate (a loro volta) anche in Germania, dove la Bundesverfassungsgericht ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina che consentiva ai servizi di intelligence di utilizzare le intercettazioni e la raccolta di dati nei confronti di persone che si trovano all’estero.
L’intervento dell’organo di garanzia costituzionale si distingue da decisioni su casi analoghi, come avvenuto con la Corte Suprema degli Usa, che ha ritenuto che le garanzie costituzionali non si applicano all’estero – così avallando le attività svolte dai centri di intelligence statunitensi.
La Corte costituzionale tedesca, al contrario, adotta un’ottica rovesciata: quasi a sancire l’universalità di determinati diritti, pone un freno molto più robusto e stabilisce che il rispetto di libertà costituzionali non può essere limitato ai propri confini; i servizi tedeschi devono rispettare la Costituzione anche quando operano all’estero.
La normativa era stata riformata sempre dopo il citato “scandalo” della NSA, rivelato da Snowden; nel 2016 il Bundestag — che aveva avviato una indagine conoscitiva, anche a fronte delle intercettazioni nei confronti della stessa Cancelliera Merkel — ha modificato le disposizioni applicabili in materia. Ha dettato diversi criteri per le attività di intelligence, ma gli apparati avevano continuato a operare all’estero usando tecniche molto invasive (nei confronti, nei casi sollevati, di attivisti per i diritti umani). Per la Corte, tale soluzione non rispetta il diritto alla riservatezza delle comunicazioni, protetto dagli art. 10 e 5 della Legge fondamentale tedesca.
Viene in qualche modo affermata anche l’extraterritorialità della tutela: la giurisdizione statale sembra estendersi, come conseguenza delle possibilità tecnologiche — sebbene siano determinanti la cittadinanza dei soggetti monitorati e la riferibilità all’apparato federale. In ogni caso, come è stato ben sottolineato, la Corte ha sposato “a vision of German constitutionalism that radiates around the world“. In base all’art. 1, par. 3, della Legge fondamentale tedesca, i diritti da essa tutelati vincolano tutti i poteri costituzionalmente riconosciuti, in quanto direttamente applicabili. Per la Corte, tale disposizione stabilisce un “comprehensive commitment on the part of the German state to basic rights”, escludendo limitazioni basate sulla territorialità.
Abbiamo di fronte un tema, dunque, come quello degli strumenti di registrazione e raccolta dei dati consentite dallo stato attuale della tecnologia, che sta diventando di sempre maggiore attualità e che inizia a incanalarsi su diversi binari giuridici, sia sul piano della protezione dei diritti fondamentali, sia sul corretto funzionamento e controllo delle istituzioni preposte alla sicurezza. Che l’intervento giurisprudenziale sia molto significativo non è un caso: l’assenza di disciplina viene colmata in via pretoria, ricorrendo a principî costituzionali con cui si cerca di colmare le lacune esistenti. Un intervento del legislatore nei diversi Paesi, o la definizione di vincoli comuni a sul piano internazionale sposterebbe l’asse verso il potere legislativo che, dettando una disciplina esauriente, potrebbe — forse — evitare situazioni di netto contrasto con basilari garanzie costituzionali.
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