Tra gli strumenti di e-Health occupa un posto centrale, nel nostro ordinamento, il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), nato dal processo di dematerializzazione della documentazione sanitaria che ha investito, a partire dal 2011, anche le cartelle cliniche, le prescrizioni e i referti. Si tratta di un innovativo strumento digitale che è stato di recente attenzionato anche dal decreto rilancio, ma che, allo stato, non funziona come dovrebbe. Quali sono le maggiori criticità?
La digitalizzazione del settore sanitario è un potente motore in grado di spingere il SSN verso modelli di assistenza più efficienti, sostenibili e partecipati.
L’e-Health o Sanità digitale è, in realtà, un termine ombrello che indica l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) a supporto del sistema salute, ricomprendendo una molteplicità di strumenti e azioni. La possibilità di effettuare una visita da remoto con relativa prenotazione online (televisita), la dematerializzazione delle prescrizioni e dei referti (ne abbiamo scritto QUI), il telemonitoraggio dei parametri vitali, l’impiego di algoritmi di Intelligenza Artificiale nei processi di back-end o nella sperimentazione farmacologica, la robotica applicata alla chirurgia e alla riabilitazione: questi sono solo alcuni esempi di come la digitalizzazione può incidere, da un lato, sulle modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie, in termini di maggiore qualità e appropriatezza, e, dall’altro, sui moduli organizzativi delle amministrazioni, determinando un incremento della sostenibilità finanziaria (ne abbiamo parlato QUI).
Tra gli strumenti di e-Health occupa un posto centrale, nel nostro ordinamento, il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), nato dal processo di dematerializzazione della documentazione sanitaria che ha investito, a partire dal 2011, anche le cartelle cliniche, le prescrizioni e i referti.
Introdotto dal decreto Crescita 2.0. (d.l. n. 179/2012), il FSE è una raccolta digitale di tutti i dati e i documenti sanitari e sociosanitari relativi alla storia clinica di un soggetto. Questo “archivio della salute” viene istituito dalle singole Regioni che ne regolano le relative modalità di attivazione ed è implementato nel tempo sia dai soggetti che prendono in cura l’assistito che dal paziente stesso.
Il FSE, alla luce di quanto stabilito dal DPCM n. 178/2015, deve comprendere un nucleo minimo di elementi: dati identificativi e amministrativi dell’assistito, referti, verbali del Pronto soccorso, lettere di dimissione, consenso alla donazione degli organi. Si compone altresì di un Patient Summary (un sintetico inquadramento del profilo medico dell’assistito, utile soprattutto in situazioni emergenziali, redatto dal medico di famiglia o dal pediatra) e di un Dossier Farmaceutico (una sezione aggiornata a cura della farmacia che consente di monitorare l’appropriatezza nella dispensazione dei medicinali e l’aderenza alle terapie), oltre che, qualora la singola Regione lo preveda, di alcuni elementi integrativi, come il “taccuino personale”: un’area specifica nella quale ciascun paziente, partecipando attivamente alla costruzione del database sanitario, può inserire dati e documenti personali relativi al proprio percorso di cura.
La finalità del FSE è quella di creare una base informativa organica, ad implementazione continua, che favorisca il miglioramento delle attività di diagnosi, cura e riabilitazione dei pazienti e, al contempo, funga da supporto alla ricerca scientifica e alla programmazione sanitaria.
Lo strumento costituisce il fattore abilitante principale per la realizzazione di un sistema di e-Health basato sulla centralità del paziente, sulla continuità assistenziale e sulla prevenzione. Sono indubbi, inoltre, i vantaggi conseguenti all’alleggerimento dell’onere documentale (e, quindi, notevoli risparmi di tempo e di spesa) che esso assicura.
Com’è evidente, si tratta di un progetto ambizioso e sfidante per un contesto, come quello italiano, connotato da un significativo ritardo nella crescita digitale (ne abbiamo scritto QUI) e da una forte frammentazione regionale.
La piena funzionalità del FSE richiede, infatti, la predisposizione da parte di ciascuna Regione di un sistema informatico che, da un lato, gestisca le interazioni della Regione stessa con i vari enti sanitari, in modo tale che questi possano integrare dati e documenti nei fascicoli; dall’altro, elabori e classifichi efficientemente l’ingente quantità di informazioni ricevute (operazione assai difficile se si processano dati eterogenei non sufficientemente “standardizzati”).
Risulta altrettanto importante, poi, l’interoperabilità tra i sistemi regionali (si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui la prestazione sanitaria sia erogata in una Regione diversa da quella di assistenza); essa si pone come condizione imprescindibile per la creazione di un paradigma orizzontale che agevoli lo scambio dei dati, evitando disallineamenti informativi e duplicazioni controproducenti (ne abbiamo parlato QUI).
Proprio con l’intento di rispondere a queste esigenze, la legge di bilancio 2017 ha demandato all’AgID, in accordo con il Ministero della Salute e il MEF, la progettazione dell’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità tra i FSE regionali (INI), un macro-modello di gestione dell’intera “rete”, che, oltre a garantire i processi di interoperabilità tra i FSE regionali, svolge funzioni di sussidio (come ad es. archiviazione e indicizzazione dei documenti, autenticazione degli assistiti e dei medici ecc.) alle Regioni che non abbiano ancora sviluppato soluzioni complete di FSE e abbiano perciò chiesto di essere supportate (attualmente, risultano in regime di sussidiarietà Abruzzo, Calabria, Campania e Sicilia).
Nel 2018, al fine di assicurare la completa operatività del FSE su tutto il territorio nazionale e, in particolare, la consultabilità del fascicolo in continuità e senza disservizi, anche in caso di modifica della Regione di assistenza, il MEF ha consentito la fruibilità del servizio attraverso un unico portale d’accesso nazionale (www.fascicolosanitario.gov.it).
Il portale, non ancora attivo, varrà a equilibrare le storture provocate dal modello attualmente operativo: quest’ultimo obbliga l’assistito ad accedere al proprio FSE secondo le modalità e le credenziali stabilite dalla Regione di appartenenza; consequenzialmente, in caso di trasferimento in altra Regione, a riaccreditarsi al portale realizzato da quest’ultima, con tutto ciò che ne consegue sul piano pratico (rischio di subire una temporanea interruzione del servizio, perdita di dati o inutile duplicazione di quelli esistenti, impossibilità di accesso nel caso in cui non abbia provveduto alla scelta della nuova Regione di assistenza).
Secondo le specifiche tecniche contenute nella circolare AgID n. 3/2019, gli utenti potranno accedere al portale utilizzando le identità digitali valide a livello nazionale: la prospettiva è, dunque, quella di favorire il graduale abbandono dei meccanismi di autenticazione regionali.
A dispetto degli sforzi di coordinamento compiuti, il grado di implementazione del FSE risulta assai diverso da un contesto territoriale all’altro.
Come attesta il monitoraggio AgID, la quasi totalità delle Regioni ha raggiunto uno stato di attuazione dello strumento superiore all’85%, dotandosi delle strutture necessarie per rendere operativo il fascicolo nel proprio territorio (sistemi di interoperabilità, costituzione del portale web, meccanismi di autenticazione ecc.), con le isolate eccezioni dell’Abruzzo (36%) e della Calabria (0%).
In ogni caso, anche tra le Regioni più virtuose, solo alcune sono approdate alla c.d. “fase dei servizi”, nella quale il FSE cessa di essere solamente un contenitore globale di dati e diventa una cabina di regia dalla quale gestire, in maniera aggregata e più efficiente, alcuni servizi online. Si segnala, ad esempio, l’esperienza positiva dell’Emilia-Romagna che ha associato al FSE un’ampia gamma di servizi: prenotazioni e pagamenti delle prestazioni sanitarie; modifica e revoca del medico di famiglia; consultazione dei tempi di attesa; autocertificazioni, anche ai fini dell’esenzione dal pagamento del ticket ecc.
Sempre alla luce dei dati raccolti da AgID, può rilevarsi che la percentuale di cittadini che hanno attivato il FSE è ancora bassa rispetto al totale degli assistiti del SSN; così come basso è il numero dei medici e degli operatori sanitari che lo utilizzano nell’esercizio della professione. Le ragioni principali di questa condizione sono da imputare alla carenza di competenze digitali e ad una certa resistenza al cambiamento delle abitudini quotidiane (ne abbiamo parlato QUI). Non è da escludersi, però, che essa dipenda altresì dall’inesistente investimento, da parte delle Istituzioni, sulle attività di sensibilizzazione dei cittadini e di formazione del personale sanitario.
È, quindi, da salutare con favore il protocollo d’intesa siglato il 19 ottobre 2020 da AgID e dal Comitato Italiano dell’Ingegneria dell’Informazione (C3I), organo del Consiglio Nazionale degli Ingegneri: l’intesa, oltre a definire le linee d’indirizzo per lo sviluppo di strumenti di e-Health interoperabili con il FSE, mira anche alla promozione di campagne informative dei cittadini sull’utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico e delle altre innovazioni digitali.
Di recente, il decreto Rilancio (d.l. n. 34/2020) ha introdotto significative modifiche alla disciplina del Fascicolo sanitario elettronico, confermandone la centralità quale strumento strategico per la digitalizzazione della sanità italiana (ne abbiamo parlato QUI)
In primo luogo, ha ampliato la base dati del fascicolo: in esso sono ora ricomprese anche le informazioni relative alle prestazioni private erogate al di fuori del SSN, prima lasciate all’inserimento spontaneo dell’assistito attraverso l’eventuale taccuino personale. Si dispone, inoltre, il collegamento del FSE – tramite il supporto di INI – al Sistema Informativo Trapianti, alle Anagrafi vaccinali e ai CUP regionali. In questo modo, il patrimonio informativo del FSE potrà essere integrato con i dati relativi alla donazione degli organi, alle vaccinazioni e alle prenotazioni.
Il decreto ha poi inciso sulle modalità di implementazione del fascicolo, stabilendo che essa non sia più subordinata al consenso libero ed informato dell’assistito, ma diventi automatica. In altri termini, una volta che il cittadino abbia attivato il FSE con le modalità previste dalla Regione di assistenza, i dati delle prestazioni sanitarie da questi fruite confluiranno d’ufficio nella raccolta digitale. La modifica mira a dare continuità e completezza al database sanitario e non incide in alcun modo sulla tutela della privacy: rimane invariata, infatti, la necessità del consenso alla consultazione del fascicolo da parte del personale medico-sanitario (tranne alcune limitate eccezioni, legate a situazioni emergenziali -es. rischio di vita-, che legittimano l’accesso ai dati, senza che occorra una manifestazione di volontà dell’assistito).
Il meccanismo di implementazione automatica non si estende ai dati relativi alle prestazioni sanitarie antecedenti alla data di pubblicazione del decreto Rilancio (maggio 2020). Con nota del 15 dicembre 2020 , il Garante per la protezione dei dati personali ha precisato che la loro immissione nel fascicolo è subordinata all’esperimento di una campagna informativa nazionale e all’invio di una specifica comunicazione ai cittadini da parte della Regione di assistenza, al fine di consentire la loro eventuale opposizione.
Invero, già con il parere n. 55/2019, il Garante aveva suggerito una “rimeditazione normativa” del meccanismo d’implementazione del FSE alla luce del nuovo quadro giuridico europeo, non più improntato alla centralità del consenso quale base giuridica principale per il trattamento dei dati personali: segnando un significativo cambio di rotta rispetto alla Direttiva 95/46/CE, il GDPR (General Data Protection Regulation) prevede diverse ipotesi al ricorrere delle quali il trattamento dei dati personali, ordinari e sensibili, è legittimo a prescindere dal consenso dell’interessato. Nello specifico, in deroga al divieto generale, il Regolamento ammette il trattamento di “particolari categorie di dati”, inclusi quelli relativi allo stato di salute, qualora risulti indispensabile per “finalità di diagnosi, assistenza o terapia sanitaria” o per “motivi di interesse pubblico rilevante”.
La deroga al divieto di trattamento dei dati sanitari per motivi di interesse pubblico si rinviene anche nel corpus normativo del FSE: il decreto Crescita 2.0 dispone il libero accesso da parte degli organi di governo ai dati (purché pseudonimizzati, cioè privati degli elementi identificativi) contenuti nel Fascicolo sanitario elettronico per finalità di ricerca scientifica e di programmazione sanitaria, nel rispetto dei principi di proporzionalità, necessità e indispensabilità.
In questo senso, la disciplina del FSE costituisce un’applicazione emblematica del delicato contemperamento tra il principio della libera circolazione dei dati, funzionale alla tutela della salute pubblica e alle esigenze di efficienza amministrativa, e il diritto alla riservatezza, posto a presidio della dignità dell’individuo. La dimensione collettiva del diritto alla salute ex art. 32 Cost. spinge la disciplina relativa al trattamento dei dati sensibili, da sempre oggetto di una speciale “blindatura giuridica”, verso quelle aperture solidaristiche che, specie in epoca pandemica, sono apparse indispensabili.
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