Recensione di G. Proietti – “La responsabilità nell’intelligenza artificiale e nella robotica” – Giuffré 2020

L’avvento dell’intelligenza artificiale ha determinato una rivoluzione tecnologica, la quale, se, da un lato, non deve essere ostacolata o limitata, dall’altro, deve risultare teleologicamente vincolata al rispetto e alla salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali.

 

L’Autore esamina l’incidenza dell’intelligenza artificiale sull’attuale ordine normativo e, in particolare, sui profili della responsabilità giuridica.

Il volume, pertanto, analizza le non poche problematiche applicative a fronte delle peculiarità che rendono la macchina un oggetto privo di libertà e proiezione della volontà umana.

Viene, così, affrontato il tema dell’intelligenza artificiale e della sua discussa soggettività, posto il distinguo che separa l’intenzionalità esterna da quella interna.

Di qui, la difficoltà di configurare ed accettare l’esistenza di una persona giuridica elettronica, posto il rischio non solo e non tanto di ascrivere la titolarità di situazioni giuridiche ad uno strumento, quanto di superare i confini che separano l’uomo dalla macchina, il vivente dall’inerte.

E così, secondo l’Autore, l’incessante sviluppo tecnologico che “propone realtà, più o meno prossime, caratterizzate da rapporti e interazioni con robot e intelligenze artificiali sempre autonome, potrebbe provocare un rinnovamento del dibattito non molto distante da quello che secoli orsono riguardò il riconoscimento delle persone giuridiche” (pag. 158).

Tutto questo potrebbe incidere sulle vigenti entità soggettive, orientando le scelte del legislatore alla cura di interessi diversi ed ulteriori, quindi, alla tutela di “diritti precedentemente già salvaguardati con differenti strumenti” (pag. 158).

Sarà, pertanto, necessario rimeditare l’ordinamento, conformandolo all’evoluzione tecnologica, consapevoli della difficoltà di applicare principi ed istituti tradizionali nei riguardi di un’entità artificiale che non solo “si sostituisce alla persona fisica nell’esecuzione della prestazione”, quanto “stride con la realtà pratica e giuridica, prestandosi così ad incontrollabili forme di arbitrio” (pagg. 173-174).

A tal fine, soprattutto in una inevitabile fase transitoria, è d’uopo ricorrere al principio di precauzione, che – per l’Autore – consente di governare il processo dello sviluppo tecnologico, senza limitazioni od ostacoli, ma nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.

Una tutela, questa, che deve essere assicurata all’agire non solo iure privatorum, quanto, altresì, iure imperii. Infatti, se, da un lato, è necessario tutelare e preservare la collettività dall’agire di pubblici poteri che, avvalendosi di tecnologie algoritmiche, incidono sui diritti e sulle libertà incomprimibili, dall’altro, è parimenti necessario adeguare le tutele privatistiche alle pretese derivanti dall’evoluzione tecnologica.

Le nuove fattispecie contrattuali, come ad esempio il contratto cibernetico, sebbene infatti siano idonee a convivere con le realtà dell’automazione, dell’intelligenza artificiale e della robotica, tuttavia, possono subire conseguenze differenti a fronte “di vari fattori intrinseci: grado di autonomia, capacità di applicare strategie euristiche, algoritmiche o tecniche alternative” (pag. 229).

Emerge, così, l’esigenza di conciliare il “dinamismo tecnologico (…) con l’intervento legislativo”, così da “adattare le differenti soluzioni di diritto alle multiformi realtà tecnologiche”, e, quindi, scongiurare iniquità, oltre che “inefficienze sociali ed economiche” (231).