Pochi se ne sono accorti.
L’ordinanza della Corte costituzionale del 14 gennaio scorso non ha solo sospeso l’efficacia della legge della Valle d’Aosta. Una legge che consente attività economiche e sociali in deroga alla normativa statale sulla pandemia, accogliendo la richiesta del presidente del Consiglio dei ministri. Ha anche stabilito che «la pandemia in corso ha richiesto e richiede interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera q, Cost.».
Una affermazione di principio che la Corte non potrà non tener ferma il 23 febbraio, quando prenderà la decisione sul merito della questione.
Questo importa che la strada imboccata dallo Stato fin dal marzo scorso è sbagliata.
Gli interventi resi necessari dalla pandemia non rientrano tra quelli nei quali Stato e regioni si spartiscono i compiti, ma tra quelli che spettano esclusivamente al governo, con cui le regioni debbono collaborare. Il governo ne esce ancor più colpito della piccola regione Valle d’Aosta. Dovrà ora reimpostare tutta la sua strategia. Con un anno di ritardo ci accorgiamo che un fenomeno mondiale non può essere fronteggiato dividendosi.
Il pluralismo anti-pandemia è una contraddizione in termini.
Continua a leggere l’editoriale di Sabino Cassese pubblicato sul Corriere della Sera del 17 gennaio.