Lo scorso 10 marzo, la Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso un parere sul quesito relativo all’interpretazione dell’articolo 3, comma 1, d.l. 8 marzo 2020 n. 11, recante «Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria».
Preliminarmente, la Commissione ha chiarito che l’articolo 3, comma 5, del decreto – nella parte in cui consente «lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante collegamenti da remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei difensori alla trattazione dell’udienza» – consenta lo svolgimento dell’adunanza della Commissione medesima con conferenza telefonica o con modalità telematiche.
Tale conclusione risulta in linea con quanto stabilito dall’articolo 1, comma 1, lett. q), d.P.C.M. 8 marzo 2020, nella parte in cui stabilisce che «sono adottate, in tutti i casi possibili, nello svolgimento di riunioni, modalità di collegamento da remoto», successivamente esteso all’intero territorio nazionale dall’art. 1, d.P.C.M 9 marzo 2020.
La Commissione ha quindi affermato che il collegamento da remoto per lo svolgimento dell’adunanza è conseguentemente modalità alternativa allo svolgimento in aula dei lavori purché sia garantita la riservatezza del collegamento e la segretezza.
Tale modalità consente di tutelare la salute dei magistrati componenti la Sezione, o la Commissione speciale, rispondendo altresì alle direttive impartite dal Governo, proprio in questa fase di emergenza, in materia di home working o smart working, senza oneri per le finanze pubbliche.
Con riguardo agli elementi proposi nel quesito, la Commissione ha affermato che l’articolo 3, comma 1, d.l. 8 marzo 2020 n. 11, dispone chiaramente l’obbligo di rinvio d’ufficio delle udienze pubbliche e camerali a data successiva al 22 marzo 2020.
È altresì chiaro che i procedimenti cautelari, promossi o pendenti tra l’8 e il 22 marzo, sono decisi, su richiesta anche di una sola delle parti, col rito monocratico e la relativa trattazione collegiale dovrà avvenire in data successiva al 22 marzo 2020.
Quanto ai termini per il deposito di atti defensionali diversi dal ricorso introduttivo, è stato chiarito che appare più in linea con la ratio del decreto legge l’interpretazione secondo cui il periodo di sospensione riguardi esclusivamente il termine decadenziale previsto dalla legge per la notifica del ricorso (artt. 29, 41 c.p.a.) e non anche i citati termini endoprocessuali.
Nondimeno, la Commissione, ben consapevole in ogni caso delle difficoltà connesse ad un’interpretazione meramente letterale della disposizione, ha ritenuto che spetti al Collegio incaricato della trattazione della causa valutare attentamente, di volta in volta, la possibilità di accordare la rimessione in termini, per errore scusabile, alla parte che non abbia potuto provvedere agli adempimenti e ai depositi nei termini di legge, possibilità questa prevista in via generale dall’art. 37 c.p.a. e, con specifico riferimento all’emergenza nazionale, anche dall’art. 3, comma 7, del decreto.
Come è noto, infatti, il giudice, in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto (circostanze entrambe che potrebbero ben ricorrere in casi del genere), può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile.