Con la sentenza dello scorso 9 gennaio, n. 224, la Sezione III-bis del TAR Lazio è intervenuta sull’interpretazione della locuzione normativa di “collaborazioni a livello nazionale o internazionale” inclusa nell’ambito dei requisiti per l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario.
Secondo i giudici amministrativi, elemento imprescindibile per la positiva valutazione in merito alla sussistenza di tale requisito è la partecipazione ad attività di ricerca non circoscritte a livello meramente locale, ma estese a una cornice quanto meno nazionale.
La ratio di tale disposizione va individuata nel riconoscere o premiare la partecipazione a gruppi che si avvalgano dell’apporto di docenti universitari provenienti da una pluralità di atenei dislocati su varie aree del territorio nazionale.
Presupposto di tale indicazione normativa è l’assunto che l’inserimento in tali gruppi di ricerca consenta di beneficiare dell’apporto di esperienze di studio e insegnamento che si avvantaggino di provenienze territoriali diversificate.
Al riguardo, a parere della corte risulta non rilevante la circostanza che le attività di ricerca di gruppo siano state svolte nell’ambito di un unico ateneo italiano, pur prestigioso. Il TAR ha infatti osservato che il sistema normativo di riferimento non prevede una classificazione degli atenei nazionali. Piuttosto, nella pronuncia si osserva che la qualità di un professore universitario non può desumersi dall’appartenenza a un determinato ateneo, ma dalla assiduità, dai contenuti e dal livello della ricerca scientifica svolta, oltre che dalle capacità didattiche.