Con una segnalazione al Governo l’Autorità Antitrust ha denunciato l’incertezza giuridica derivante dal susseguirsi di interventi normativi relativamente alle modalità di funzionamento del sistema di pagamento PagoPA, con conseguente lesione della concorrenza nel settore dei servizi di pagamento.
Quanto rappresentato dall’Autorità non è altro che un problema tristemente ricorrente nel nostro Paese: l’incapacità dell’apparato politico-amministrativo di realizzare, ma soprattutto di dare attuazione, a programmi di riforma effettivi ed efficaci, soprattutto in tema di innovazione e di digitalizzazione, prevalentemente a causa di interventi normativi caotici e incoerenti e alla carenza di infrastrutture adeguate.
Lo scorso 3 novembre l’Autorità Antitrust ha inoltrato al Presidente del Consiglio e al Presidente dell’ANCI una segnalazione, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 287/1990, avente ad oggetto alcune criticità rilevate riguardo alla disciplina delle modalità di pagamento delle Pubbliche Amministrazioni. Il tema riguarda l’avvio e la realizzazione del sistema PagoPa, gli interventi normativi ad esso relativi – prevalentemente caotici e disordinati – e la conseguente incertezza sulle modalità di pagamento che produce effetti distorsivi della concorrenza.
Il sistema PagoPa è stato realizzato dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) in attuazione dell’art. 5 del CAD, il quale stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni, i gestori di servizi pubblici e le società a controllo pubblico “sono obbligati ad accettare, tramite la piattaforma di cui al comma 2 (per l’appunto PagoPa), i pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi di pagamento elettronico, ivi inclusi, per i micro-pagamenti, quelli basati sull’uso del credito telefonico”. Il D.L. 135/2018 ha trasferito la gestione di PagoPA alla Presidenza del Consiglio ed inoltre ha disposto la costituzione di una società per azioni partecipata dallo Stato che opera sotto l’indirizzo del Presidente del Consiglio.
Secondo la definizione “pagoPA è un sistema di pagamenti elettronici realizzato per rendere più semplice, sicuro e trasparente qualsiasi pagamento verso la Pubblica Amministrazione. È un modo diverso, più naturale e immediato per i cittadini di pagare la Pubblica Amministrazione, il cui utilizzo comporta un risparmio economico per il Paese”.
Da quanto emerge dalla segnalazione dell’Antitrust, la asserita semplicità del sistema sarebbe rimasta, almeno allo stato attuale, lettera morta.
L’Autorità osserva, anzitutto, come le norme concernenti l’identificazione dei metodi di pagamento veicolati attraverso la piattaforma PagoPA, nonché la relativa tempistica di attuazione, siano stati oggetto, nel tempo, “di alcune modifiche, deroghe e proroghe, che hanno determinato possibili elementi di incertezza nei soggetti coinvolti nei pagamenti”. Quanto all’identificazione delle modalità di pagamento coinvolte nel sistema PagoPA si evidenzia che, nonostante l’art. 5 del CAD abbia previsto un obbligo generalizzato di utilizzo esclusivo di tale piattaforma, le Linee Guida dell’AgID adottate in materia precisano che al sistema PagoPA “gli enti creditori possono affiancare esclusivamente i seguenti metodi di pagamento: a) Delega unica F24 (c.d. modello F24) fino alla sua integrazione con il Sistema PagoPA; b) Sepa Direct Debit (SDD) fino alla sua integrazione con il Sistema PagoPA; c) eventuali altri servizi di pagamento non ancora integrati con il Sistema PagoPA e che non risultino sostituibili con quelli erogati tramite PagoPA poiché una specifica previsione di legge ne impone la messa a disposizione dell’utenza per l’esecuzione del pagamento; d) per cassa, presso il soggetto che per tale ente svolge il servizio di tesoreria o di cassa”.
Dunque, come sottolinea l’Antitrust, a fronte di una previsione normativa che impone un utilizzo esclusivo della piattaforma PagoPA, le linee interpretative pubblicate dall’AgID ammettono la possibilità per le amministrazioni di accettare anche altri metodi di pagamento. Recentemente, inoltre, l’art. 118-ter del D.l. n. 34/2020 (come convertito dalla legge n. 70/2020) ha previsto la possibilità per gli enti territoriali di fare ricorso a una ulteriore modalità di pagamento (l’addebito diretto sul conto corrente).
Indicazioni poco chiare si rinvengono, altresì, quanto all’individuazione del dies a quo di decorrenza dell’obbligo di utilizzo della piattaforma, che, come fa notare l’Antitrust, dapprima è stato prorogato al 30 giugno 2020, e da ultimo, con il d.l. n. 76/2020 (delle misure contenute nel decreto semplificazioni abbiamo parlato qui), è stato invece individuato nel 28 febbraio 2021.
Secondo l’Antitrust tale susseguirsi di modifiche e deroghe normative ha generato incertezza nelle amministrazioni, tanto che alcune di esse hanno ristretto al solo sistema PagoPA le modalità ammesse per i pagamenti (escludendo, ad esempio, il Sepa Direct Debit per il pagamento di tasse come la TARI); e ciò sul presupposto dell’entrata in vigore del sistema PagoPA. Si legge che “l’incertezza generata dal susseguirsi di modifiche e deroghe normative determina anche effetti sulla concorrenza (…) dal momento che ha portato all’ingiustificata e non corretta esclusione di una modalità di pagamento, quale il Sepa Direct Debit, senza che essa sia stata al contempo integrata nel sistema PagoPA, impedendone, quindi, l’uso tout court, con possibili effetti anche sull’efficienza della riscossione e sui costi sopportati dai debitori”.
La segnalazione, che per ovvie ragioni si concentra sulla lesione della concorrenza come conseguenza dell’incertezza giuridica evidenziata, ha il pregio di far luce su talune problematiche di carattere che riguardano il nostro Paese, riconducibili agli ostacoli che i processi di innovazione e digitalizzazione incontrano.
Come emerge dall’indice DESI (Digital Economy and Society Index), lo strumento utilizzato dalla Commissione europea per monitorare il progresso digitale degli Stati membri (ne abbiamo parlato qui), l’Italia si posiziona al quartultimo posto, seguita da Romania, Grecia e Bulgaria; e tra i punti critici spiccano proprio i servizi online delle amministrazioni pubbliche che, pur essendo aumentati nel corso degli ultimi anni, sono ancora poco utilizzati.
Ancor più significativo in tal senso è il Referto sull’informatica pubblica redatto dalla Corte dei Conti (di cui trovate un approfondimento qui), il quale evidenzia come il processo di innovazione e digitalizzazione dell’amministrazione sia caratterizzato da una dicotomia: a fronte di una disponibilità di servizi pubblici digitali quasi al pari della media europea, l’effettivo utilizzo degli stessi da parte dei cittadini è estremamente ridotto.
Le ragioni principali di tale ritardo – come sottolinea la Corte dei Conti – sono rappresentate, tra le altre, dal deficit infrastrutturale e dalla frammentazione degli interventi normativi. La stessa ANCI, in risposta alla segnalazione dell’Antitrust, ha invitato il Governo a intervenire con opportuni chiarimenti, evidenziando come “il successo del nuovo sistema dipenderà dalla sua capacità (…) di assicurare un percorso di sostenibilità dell’adesione di tutti gli enti locali, ivi compresi i comuni di piccole dimensioni che stanno incontrando difficoltà nell’integrare i propri sistemi con la piattaforma nazionale”.
Il caso di PagoPA appare, dunque, emblematico di entrambi gli ostacoli sopra evidenziati: siamo in presenza di una legislazione disordinata e poco chiara, che determina incertezza applicativa, nonché di deficit strutturali che riguardano specialmente gli enti territoriali che per primi, invece, dovrebbero dotarsi delle infrastrutture digitali necessarie per servire i propri cittadini.
Si deve, poi, aggiungere che gli interventi “a singhiozzo” del legislatore, come anche le Linee Guida adottate in materia, costituiscono la spia di un’ulteriore problematica che interessa la transizione al digitale. E’ chiaro, infatti, che il passaggio a un sistema unico di pagamenti non può verificarsi con immediatezza, ma al contrario richiede una certa gradualità, dovendo consentire, specialmente alle amministrazioni di dimensioni ridotte, di disporre dei tempi appropriati per poter organizzarsi. Le Linee Guida dell’Agid, laddove consentono l’affiancamento al sistema PagoPa anche di altri metodi di pagamento “tradizionali”, sembrerebbero dunque dettate proprio dalla necessità di dover far fronte alle difficoltà concrete legate alla transizione a un sistema unico di pagamenti. La gradualità della transizione al digitale non può però sacrificare la necessità di regole chiare e certe.
E’ bene, allora, che il legislatore e le autorità amministrative coinvolte acquisiscano consapevolezza delle problematiche sinora descritte e le affrontino una volta per tutte, specie ora che la “sfida” della digitalizzazione ha acquisito una rilevanza centrale per poter accedere al Fondo Europeo di Ripresa e Resilienza.