“Orizzonti”: gli Editoriali dell’OSD – Numero 8, Dicembre 2024 – Sanità digitale: quali sono le sfide per il futuro?

La sanità digitale rappresenta una delle principali sfide e opportunità per il miglioramento del sistema sanitario italiano. L’accelerazione tecnologica degli ultimi anni ha mostrato il potenziale del digitale per risolvere criticità strutturali del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), come l’eccessiva durata delle liste d’attesa, la gestione frammentata dei dati e la difficoltà di garantire un accesso equo alle cure. Tuttavia, il percorso di trasformazione è ancora in fase iniziale, e servono interventi normativi, finanziari e organizzativi concreti per colmare il divario con altri Paesi OCSE.

Il Servizio Sanitario Italiano (SSN), nato nel 1978, ha compiuto ormai 46 anni e, oggi, ha la necessità di rinnovarsi, modernizzarsi, ripensando la propria struttura e riadattandola alle esigenze e alle caratteristiche della società odierna.

I processi di trasformazione del SSN sono iniziati già a partire dagli anni ’90, con l’aziendalizzazione delle Unità Sanitarie Locali (diventate, appunto, “ASL” o “AUSL”) e delle strutture ospedaliere, nonché la progressiva introduzione di sistemi di finanziamento basati sulle prestazioni effettivamente erogate dalle strutture.

Nel 2001, si è poi assistito al processo di decentramento amministrativo e operativo della sanità, ovvero di sostanziale ripensamento della governance sanitaria, con la riforma del Titolo V della Costituzione che ha introdotto il principio di sussidiarietà e il potere legislativo concorrente tra Stato e Regioni in materia di Sanità Pubblica, al quale è seguito peraltro la necessità di continuare a garantire coesione territoriale e l’elargizione omogenea dei servizi su tutto il territorio, sono stati ideati e istituiti i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)

Il SSN, oggi, conta su 700.000 professionisti che erogano più di 1,3 miliardi prestazioni sanitarie ogni anno. È, quindi, evidente l’esigenza di una ri-organizzazione e di un aggiornamento dell’erogazione delle stesse dovendosi, idealmente, costantemente aggiornarsi e integrarsi con nuovi servizi e tecnologie. Tali processi non sono solo necessari per garantire adeguati livelli di qualità delle cure e una buona capillarità dell’assistenza lungo tutto l’articolato territorio nazionale, ma anche per far fronte ai sempre più esigenti vincoli finanziari ed economici ai quali il sistema sanitario è sottoposto.

Secondo il rapporto Gimbe 2024, la sanità digitale in Italia è caratterizzata da un’eccessiva frammentazione tra le regioni e da una lentezza nell’implementazione delle tecnologie. Solo il 40% degli italiani ha espresso il proprio consenso per la consultazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, contro il 70% della media europea, e il ricorso alla telemedicina è ancora sporadico e non omogeneo sul territorio.

I dati OCSE confermano queste lacune: l’Italia spende appena il 2% del budget sanitario per tecnologie digitali, rispetto al 4% della Germania e al 5% della Svezia. Inoltre, l’accesso alle cure digitali è disomogeneo, con forti disparità tra Nord e Sud. Queste carenze influiscono negativamente su indicatori fondamentali, come i tempi di attesa e la soddisfazione dei pazienti.

Una ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, riporta che la crescita della spesa per Sanità digitale in Italia continue e che nel 2023 essa è stata pari a 2,2 miliardi di euro (+ 22% rispetto al 2022). La cybersecurity si pone al primo posto tra le priorità per le aziende sanitarie. Fondamentali anche la Cartella Clinica Elettronica (CCE) e i sistemi di integrazione con sistemi regionali e/o nazionali. Stabili i tassi di utilizzo della Telemedicina. Il 35% dei medici specialisti e il 43% dei Medici di Medicina Generale (MMG) afferma di aver utilizzato servizi di Televisita e rispettivamente il 33% e il 35% ha fatto ricorso al Telemonitoraggio. Dati sostanzialmente in linea con l’anno scorso, manca infatti la spinta che dovrebbe essere portata dal PNRR, con le nuove piattaforme regionali.

Nell’ultimo anno il 35% dei medici specialisti e il 48% dei MMG hanno fatto accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico, strumento considerato utile dal professionista: riduce il tempo necessario per reperire le informazioni (per il 70% degli specialisti e il 65% dei MMG) e semplifica la lettura dei documenti scambiati (70% degli specialisti e il 60% dei MMG). Inoltre, fornisce informazioni critiche per la gestione del paziente in situazioni di emergenza (68% degli specialisti e 60% dei MMG) e permette di prendere decisioni più personalizzate e basate sull’intera storia clinica del paziente (68% e 53%).

Aumenta l’interesse per l’intelligenza artificiale (AI) (sul tema ne ha parlato G. Sgueo in “L’uso dell’IA nelle pubbliche amministrazioni: mitologia informatica?”). Per una gran parte del personale sanitario l’AI potrà essere un valido supporto per le proprie attività. Secondo il 72% degli specialisti e il 70% dei MMG potrà rafforzare le capacità di accuratezza e personalizzazione delle cure. Per il 55% degli specialisti e il 66% dei MMG potrà rendere più sostenibili le attività di monitoraggio di un elevato numero di pazienti cronici. Sei pazienti su dieci (62%) dichiarano che, se usata con prudenza, l’AI possa portare più benefici che rischi e che possa aiutare il medico nel prendere decisioni più precise e rapide (58%). Tra le preoccupazioni dei medici, invece, emerge il rischio che l’automatizzazione di alcune attività possa condurre a errori (55% degli specialisti e 59% dei MMG) e che l’introduzione dell’AI nella pratica clinica possa diminuire il valore del giudizio clinico basato sull’esperienza professionale (53% e 56%).

Il 29% degli specialisti, il 34% degli infermieri e ben due terzi dei MMG ha poi utilizzato soluzioni di AI generativa (GenAI) per ricercare informazioni scientifiche. Il 22% degli italiani ha utilizzato ChatGPT almeno una volta nell’ultimo anno. Il 23% di questi l’ha usato per cercare informazioni su prevenzione e stili di vita, il 19% su problemi di salute e il 15% su farmaci e terapie. Nel 40% dei casi l’utente che si è rivolto a ChatGPT in cerca di informazioni sulla salute afferma che le informazioni trovate hanno consentito di ridurre le comunicazioni con il medico. È evidente, tuttavia, la necessità che tali strumenti vengano correttamente implementati e “controllati” per garantire al massimo la correttezza delle informazioni rese, telematicamente, ai pazienti (sul tema, vds. anche A. Renzi in “Emergenza sanitaria e crimini online: il rapporto Europol” e M. Menini e N Ganassi in “I social media migliorano la democrazia?”).

Per “curare” la sanità pubblica con il digitale, è necessario, quindi, adottare una serie di azioni urgenti.

Il legislatore italiano, ad esempio sull’annoso tema dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie, è di recente intervenuto con il Decreto-Legge n. 73/2024 (denominato ” Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie”, entrato in vigore il 8 giugno 2024 e convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2024, n. 107), introduce importanti misure volte a promuovere la digitalizzazione del SSN, come ad esempio: (i) il potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE): il decreto prevede l’obbligo per tutte le regioni di implementare e rendere operativo il FSE entro il 2025. Questo strumento, che raccoglie in formato digitale la storia clinica del paziente, ha l’obiettivo di semplificare la condivisione delle informazioni tra i medici e migliorare la continuità assistenziale (ne hanno parlato anche N. Posteraro e S. Corso in “Il decreto Fascicolo sanitario elettronico 2.0”); (ii) la digitalizzazione delle liste d’attesa: il decreto introduce un sistema unificato per la gestione delle liste d’attesa, basato su algoritmi di intelligenza artificiale per garantire maggiore trasparenza e priorità ai casi più urgenti; (iii) la telemedicina: viene stanziato un fondo specifico per favorire la diffusione della telemedicina, che include teleconsulto, telemonitoraggio e televisite, soprattutto nelle aree interne o carenti di strutture sanitarie. Per il settore della telemedicina si prevede un aumento del 20% annuo nel numero di servizi erogati; i big data (sul tema dei vds. B. Carotti in “Ancora sui dati sanitari” e “A chi appartengono i dati sanitari?”) e intelligenza artificiale, considerato che il settore dei dati sanitari è in espansione, con applicazioni che vanno dalla diagnosi precoce alla medicina personalizzata; dispositivi indossabili: cresce l’adozione di tecnologie come smartwatch e sensori per il monitoraggio remoto della salute; (iv) la cybersecurity sanitaria: il decreto sottolinea la necessità di proteggere i dati sanitari da attacchi informatici, prevedendo l’obbligo per le strutture sanitarie di adeguarsi ai nuovi standard di sicurezza entro il 2026 (sul tema vds. A. Palladino “Cybersecurity, adottata la Direttiva NIS2 per rafforzare la resilienza” e A. Renzi “La nuova via della cybersecurity: la Strategia Nazionale”).

Questi interventi sono finalizzati a risolvere alcune delle principali criticità evidenziate nel citato rapporto Gimbe 2024 e dai dati OCSE sopra riportati, che sottolineano come il sistema sanitario italiano sia in ritardo rispetto alla media europea nell’adozione di tecnologie digitali.

In linea generale, le azioni urgenti per digitalizzare la sanità sono (i) la standardizzazione dei sistemi regionali: l’attuale frammentazione tra le regioni deve essere superata con piattaforme interoperabili a livello nazionale, in grado di garantire la condivisione dei dati tra strutture sanitarie e professionisti; (ii) gli investimenti in formazione: medici e operatori sanitari devono essere formati all’uso delle nuove tecnologie, per integrarle efficacemente nei processi clinici e organizzativi; (iii) il potenziamento della telemedicina: è indispensabile ampliare l’offerta di servizi di telemedicina, non solo per le visite a distanza, ma anche per la gestione delle malattie croniche e il monitoraggio dei pazienti fragili; (iv) la riduzione delle liste d’attesa tramite il digitale: l’utilizzo di algoritmi e piattaforme digitali può ottimizzare la gestione delle liste, riducendo i tempi e migliorando l’accesso alle cure. Il digitale può offrire soluzioni concrete, come per esempio in termini di: trasparenza, le piattaforme digitali possono consentire ai pazienti di visualizzare in tempo reale i tempi di attesa per le diverse strutture; ottimizzazione delle risorse: algoritmi di intelligenza artificiale possono analizzare i dati per ottimizzare la distribuzione dei pazienti e ridurre i tempi; priorità cliniche: sistemi digitali possono classificare i pazienti in base alla gravità, garantendo che i casi più urgenti siano trattati prima.

Queste azioni richiedono un coordinamento tra governo, regioni e aziende sanitarie, oltre a un adeguato supporto finanziario (sull’argomento si veda anche A. Madeddu in “Punti di vista. Transizione digitale e politica industriale nel Rapporto Draghi” e B. Carotti in “Punti di vista. Il Rapporto Draghi”).

Questi sviluppi non solo sono in grado di migliorare la qualità delle cure, ma generano anche un significativo impatto economico, creando, altresì, nuove opportunità per le imprese e l’occupazione. La priorità è divenuta oramai assoluta.

I dati Istat e Censis sono lapidari: nel solo 2023 il 42% di pazienti con redditi più bassi (fino a €15.000) ha dovuto procrastinare o rinunciare a cure sanitarie a causa del costo troppo elevato (dato medio nazionale al 29%) e il 51% degli stessi ha rinunciato ad altre spese pur di riuscire a sostenere quelle sanitarie (media nazionale al 37%). Sono inoltre numerosi i casi di “disagio economico” delle famiglie alle prese con la spesa sanitaria, cresciuta del 21% tra il 2012 e il 2022 – una situazione di disagio che, secondo i dati Istat e Crea Sanità, nel 2021 ha riguardato in media il 6% dei nuclei familiari (dato in crescita dello 0,9% rispetto al 2020 e dell’1,5% rispetto al 2019), con picchi dell’8% tra le regioni del Sud.

I dati sopra indicati raccontano l’importanza di attivare investimenti in tecnologie sanitarie: l’adozione di sistemi informatizzati per la gestione dei dati dei pazienti, la condivisione di informazioni tra strutture sanitarie e il miglioramento delle diagnosi grazie alla tecnologia è il motore per migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi sanitari e dare una nuova veste, rinnovata, a quei principi (vecchi ma sempre attualissimi e, oggi purtroppo, messi in discussione) di universalità, solidarietà ed equità che rappresentano i pilastri del SSN, fin dalla sua nascita.

Vi è, poi da considerare che il mercato della sanità digitale in Italia è in forte crescita. Secondo recenti stime, il valore del settore ha raggiunto i 3,5 miliardi di euro nel 2023, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente. Questo trend è destinato a proseguire, spinto dagli investimenti del PNRR (su questo tema N. Posteraro in “Lo Stato Digitale nel PNRR – il Fascicolo Sanitario Elettronico”) e dalle politiche del D.L. 73/2024.

In conclusione, la sanità digitale rappresenta una leva strategica per superare le inefficienze del SSN e garantire un accesso più equo alle cure. Il D.L. n. 73/2024 ha, di recente, posto le basi per una trasformazione concreta, ma resta ancora molto da fare. Guardando al futuro, l’Italia deve cogliere l’opportunità offerta dal digitale per costruire un sistema sanitario più efficiente, equo e sostenibile, allineandosi agli standard europei e sfruttando appieno il potenziale delle nuove tecnologie. Solo così sarà possibile “curare” la sanità pubblica e garantire il diritto alla salute per tutti i cittadini.

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