“Orizzonti”: gli Editoriali dell’OSD Numero 5, Settembre 2024 – Ripensare il sapere pubblico: la “co-intelligenza” uomo-macchina nelle pubbliche amministrazioni

Immagine creata con Dall-E

 

L’incontro tra il sapere umano e quello artificiale nelle pubbliche amministrazioni, promette la nascita di forme ibride di “co-intelligenza” uomo-algoritmo, garanti di performance migliori rispetto a quella umana, a condizione di non rinunciare al presidio dell’uomo rispetto ai principi della trasparenza, dell’accessibilità e della sostenibilità della decisione algoritmica.

 

Suggestioni evocative di macchine a elevata capacità intellettiva ricorrono con frequenza crescente nel dibattito pubblico, sostenute dall’ossessione dei media nei confronti delle intelligenze artificiali. Il racconto presenta elementi ricorrenti: macchine che oggi mostrano potenzialità superiori a quelle umane rispetto alla soluzione di problemi specifici e che un domani potrebbero arrivare a gestire qualunque compito intellettuale, più rapidamente e con minori margini di errore rispetto agli esseri umani.

Ipotesi suggestiva, e preoccupante al tempo stesso. Lo è, ad esempio, relativamente all’ingresso delle intelligenze artificiali nelle pubbliche amministrazioni, a supporto dei processi decisionali in diversi ambiti: politiche fiscali, analisi delle politiche pubbliche, assistenza agli utenti. Le opinioni al riguardo si dividono tra scenari possibilisti e catastrofisti. I primi descrivono amministrazioni che, attraverso l’analisi di ampi volumi di dati, affinano le capacità predittive rispetto a scenari futuri e conseguentemente migliorano l’efficacia delle decisioni. Cambiamo versante. Se non propriamente catastrofisti, quanto meno orientati al problema, sono gli scenari che cavalcano l’idea dell’automazione delle competenze umane, immaginando algoritmi rimpiazzare i dipendenti pubblici, a detrimento dei destinatari delle decisioni, meno trasparenti e accessibili.

C’è un terzo scenario, meno battuto rispetto ai precedenti, e tuttavia meritevole di una riflessione. Lo si può riassumere con una domanda: come evolve l’intelligenza umana al servizio delle pubbliche amministrazioni attraverso l’integrazione con le intelligenze artificiali?

L’ipotesi al vaglio degli studiosi è la nascita di forme di “co-intelligenza” uomo-algoritmo, garanti di performance migliori rispetto a quella umana, ma senza rinunciare al presidio dell’uomo rispetto ai principi della trasparenza, dell’accessibilità e della sostenibilità della decisione algoritmica.

All’ipotesi della co-intelligenza uomo-macchina nelle pubbliche amministrazioni seguono due riflessioni, che qui condivido in forma embrionale.

La prima riflessione è relativa alle differenze tra sapere umano e artificiale. Il punto di arrivo è che, il completamento della formula ibrida della co-intelligenza, non estingue le differenze sostanziali e invalicabili tra il sapere umano e quello artificiale. Ciò che distingue l’intelligenza umana da quella artificiale è la capacità di immaginare scenari nuovi e di prendere decisioni basate su intuizioni e giudizi complessi. La macchina intelligente, per quanto avanzata, esprime un sapere limitato a risposte che derivano da modelli statistici basati su dati preesistenti. Non è dunque in grado di comprendere realmente il significato delle informazioni che elabora, né di generare nuove idee in modo autonomo. È una distinzione dirimente per il nostro discorso. Ci ricorda infatti che, nonostante i progressi tecnologici, è l’essere umano a rimanere al centro del processo decisionale, unico essere senziente capace di risolvere problemi complessi in situazioni di incertezza.

Questo però non significa che l’ibridizzazione tra intelligenza umana e artificiale nelle pubbliche amministrazioni non generi cambiamenti degni di nota. È vero il contrario. L’integrazione delle intelligenze artificiali nei processi amministrativi è foriera di trasformazioni profonde del ruolo delle persone all’interno delle istituzioni pubbliche. Compiti ripetitivi e meccanici, che oggi assorbono una grande quantità di risorse umane, sono destinati all’automazione. Il vantaggio sta, per i funzionari pubblici, nella possibilità di dedicarsi a compiti strategici e di alto valore aggiunto, come la pianificazione a lungo termine, l’ideazione di nuove politiche e la gestione di crisi e imprevisti.

Questa transizione – ed è la seconda riflessione stimolata dal paradigma della co-intelligenza – impone un ripensamento della dimensione professionale nella pubblica amministrazione. Dunque un ripensamento delle politiche di reclutamento, di formazione e di valutazione del personale pubblico.

Allo stato attuale, la selezione per posizioni di pubblico impiego è basata prevalentemente sull’accertamento del bagaglio di conoscenze generali in possesso dei candidati. Una selezione compatibile con le esigenze di pubbliche amministrazioni altamente automatizzate richiederà figure professionali in grado di gestire l’integrazione uomo-macchina, come esperti di dati, ingegneri di machine learning, innovation manager e specialisti di etica degli algoritmi. Sarà altrettanto cruciale sviluppare programmi di formazione continua (per garantire che il personale pubblico sia sempre aggiornato sulle nuove tecnologie e sappia come utilizzarle per migliorare i servizi alla collettività) e definire parametri di valutazione che leghino la premialità al possesso delle nuove competenze. Nasceranno, infine, nuove unità operative, dedicate principalmente a sostenere forme di collaborazione inter- e intra- settoriali per condividere risorse e conoscenze. L’idea di un’amministrazione pubblica co-intelligente si avvicina sempre più a quella di un organismo e meno a quella di un meccanismo.

A guardare bene, la co-intelligenza è una sfida di equilibrio: tra uomo e macchina, tra automazione e creatività, affinché la tecnologia diventi uno strumento al servizio del bene comune e non un fattore di disuguaglianza o disumanizzazione.