Le riflessioni sconsolate di Pietro Nenni, da poche settimane al governo nella coalizione di centrosinistra presieduta da Aldo Moro, sullo sciopero degli statali: un’«abitudine», la definisce il presidente del Consiglio; inevitabile, gli confessa il leader socialista del sindacato Santi. Il vecchio leader socialista non se ne dà pace: forse pensa a quella che si chiamava un tempo «ginnastica rivoluzionaria».
30 gennaio [1964]. Si va allo sciopero degli statali per il 5 febbraio. Moro sembra accettare questa eventualità con molta, anzi con troppa, filosofica indifferenza. «Mi dispiace – mi ha detto – che capiti mentre siete voi al governo. Ma noi ne abbiamo l’abitudine». Abitudine un corno.
Eguale rassegnazione all’inevitabile ho trovato presso Santi. Dice che dopo tanti sì e no, tira e molla, ormai lo sciopero bisogna farlo. Diversamente la situazione può scappare di mano agli stessi sindacati e passare ai cosiddetti sindacati autonomi. Questi si moltiplicano. Un sindacato di macchinisti tiene un subbuglio i ferrovieri e sfugge a ogni fora di disciplina e di controllo.
Vorrei però sapere in che cosa la situazione sarà migliore dopo uno sciopero, dato che lo Stato è letteralmente nell’impossibilitò di accogliere nella loro integrità le richieste delle varie categorie per giuste che siano.
Pietro Nenni, Gli anni del centrosinistra. Diari 1957-1966, Milano, SugarCo, 1982, p. 327.