Nel momento di crisi globale generato dal coronavirus, il mondo ha guardato l’Italia e il coraggio degli italiani sia sui balconi che negli ospedali. Alla vista di questo coraggio tante comunità, ma in particolare quella italo-americana, hanno cercato modi di sostenere parenti, amici e colleghi in Italia, ad esempio tramite una donazione per l’Ospedale San Raffaele a Milano o semplicemente tramite una chiamata Skype o un messaggio WhatsApp. Questi legami tra italo-americani e italiani, tra gli Stati Uniti e l’Italia, rappresentati oggi anche dal riferimento a tradizioni musicali ed artistiche comuni attraverso i mezzi digitali, esistono da tempo e, in momenti di crisi, sono specialmente importanti e incoraggianti. La cultura è un mezzo per richiamare la nostra identità collettiva, per sfidare i nemici invisibili, e ci aiuta a ricordare le complesse ragioni storiche che rendono le nostre piazze e le opere lì presenti testimonianze di civiltà. Queste piazze pubbliche, prima vuote, adesso si ritrovano a poco a poco affollate, specialmente negli Stati Uniti dopo la tragica e atroce morte di George Floyd. Ci ritroviamo a combattere non solo il nemico invisibile del coronavirus, ma un altro nemico spesso invisibile tra noi che replica la diseguaglianza e opera senza considerare la dignità di persone, ferendo la nostra ricca comunità sia in America che in tutto il mondo.
Come nel 2017, vediamo adesso la deturpazione di monumenti che rappresentano questa ineguaglianza. La comunità italo-americana e la comunità italiana in Italia non sono immuni a questi atti e scontri tra rappresentazioni. A Philadelphia un monumento dedicato al sindaco Frank Rizzo è stato recentemente rimosso dopo atti di vandalismo stimolati dalla storia del maltrattamento della comunità afro-americana da parte di Rizzo negli anni settanta. A Milano, è stata chiesta la rimozione della statua, poi vandalizzata, di Indro Montanelli per ragioni del matrimonio dello stesso ad una dodicenne durante il suo soggiorno in Etiopia con le truppe di Mussolini. Altri monumenti che appartengono alla storia italo-americana e vengono contestati restano sempre però nei nostri spazi pubblici. Vediamo come la statua di Cristoforo Colombo, per esempio, rimane al omonimo Columbus Circle a New York. Come spiegare la continua presenza di certi monumenti e la rimozione di altri come comunità italiana e italo-americana? Come scendiamo a patti con la complessa storia italiana e che viene rappresentata tramite i monumenti lasciatici dalle generazioni passate?
Un monumento a Chicago ci mostra in particolare le complessità della identità collettiva italo-americana e italiana e, in questo periodo ancora di più, ci pone delle problematiche per affrontare queste storie complesse. Passeggiando attorno al Lago Michigan a Chicago, in un parco tranquillo vicino a Soldier Field, un visitatore italiano a Chicago incontrerebbe una colonna romana. Romana perché scavata a Ostia Antica, ma anche perché donata dal governo italiano con sede a Roma. Nel 1934, in occasione dell’anniversario della traversata aerea di Italo Balbo il 15 luglio dell’anno precedente, Mussolini, insieme a Bottai, Balbo, ed altri personaggi del governo, decise di donare la colonna alla città di Chicago, come raccontato dalla descrizione posta sul monumento stesso, “Questa colonna di venti secoli antica eretta sul lido di Ostia porto di Roma imperiale a vigilare le fortune e le vittorie delle triremi romane l’Italia fascista suspice Benito Mussolini dona a Chicago esaltazione simbolo ricordo della squadra atlantica guidata da Balbo che con Romano ardimento trasvolò l’oceano nell’anno XI del littorio.” La donazione della colonna – conosciuta come monumento Balbo – e la traversata di Balbo, avvennero nel complesso contesto della fiera del 1933-1934 A Century of Progress, un evento pubblico altamente simbolico organizzato per celebrare la fondazione del villaggio di Chicago nel 1833. Tale occasione voleva esaltare il progresso tecnologico-industriale e smorzare la reputazione di Chicago come città poco sicura, con la speranza di creare nuovi legami. In questo complesso contesto che circondava la fiera la diaspora italiana che veniva rappresentata a Chicago includeva sia influenti e rispettabili protagonisti della scena politica sia personaggi stereotipici per l’intrattenimento di visitatori e turisti. Il governo italiano fascista del momento decise di partecipare con un padiglione italiano a forma di aereo, per esaltare la nazione come un popolo di inventori e artisti, mostrando le innovazioni tecnologiche dalle scoperte di Leonardo a quelle di Marconi assieme a fotografie di monumenti storici, come il Colosseo. Parte integrante della partecipazione del governo italiano alla fiera fu lo spettacolare atterraggio di Italo Balbo, a quel tempo Sottosegretario del Ministero dell’Aeronautica. Tale evento fu accolto calorosamente dal governo americano: il Presidente Roosevelt conferì la Flying Cross e molte feste e ricevimenti furono organizzati per i già sfiniti aviatori. A questo entusiastico benvenuto parteciparono anche gli italo-americani, che videro nell’impresa di Balbo del 1933 un momento fondamentale: la loro numerosa presenza all’atterraggio mostra quanto l’identità italiana dell’aviatore fosse importante per quella comunità. Gli italo-americani erano infatti presentati piuttosto spesso in modo negativo dalla stampa americana ed il fatto che la grande conquista di un volo transatlantico fosse di origine italiana donò sostegno all’idea che la comunità italiana svolgesse un ruolo di rilievo sul palcoscenico della storia americana, argomento sostenuto anche dal governo Mussolini. In questo contesto dal valore fortemente identitario, non fu una coincidenza che, come parte dei festeggiamenti a seguito dell’atterraggio, Balbo partecipò all’inaugurazione di una statua dedicata a Cristoforo Colombo. La figura di Colombo venne usata dalla comunità italo-americana nei primi anni del Novecento come prova del fatto che anche loro avevano contribuito alla fondazione degli Stati Uniti e che mantenevano un ruolo importante nel tessuto sociale contemporaneo. In parte il mito di Colombo, e il suo ruolo nella scoperta e nel progresso dell’America, serviva a combattere anche visioni stereotipiche degli italiani come cittadini legati a tradizioni popolari antiche, provenienti da una nazione appartenente al passato e priva di modernità. In effetti, nella fiera del 1933-34, all’epoca dell’istallazione del monumento Balbo, immagini stereotipiche e falsate degli italiani erano presentate nel cosiddetto Villagio Italiano, dove erano ricreate rovine romane e altre piazze con i nomi di grandi personalità italiane e, allo stesso tempo, erano messe in scena performance esotizzanti e altre attrazioni di dubbio gusto e prive di riscontro storico. Come condivise il visitatore italiano Guido Pallotta in un articolo del 6 novembre 1934 pubblicato nel Popolo di Romagna, sentimenti ribaditi prima in commenti inviati al Sottosegretario di Stato per la Propaganda a Roma il 2 ottobre 1934, “E come non potevano sentire ribollire il sangue nelle vene, alla vista di indovine, zingare e suonatrici di tamburello camuffate nei costume delle donne d’Italia, e colonie nudiste e danze senza veli e falsi garibaldini che facevano i loro affari nelle piazza del Villaggio…E ciò proprio a Chicago dove non deve essere spento il ricordo dell’ultima Crociera degli Atlantici e dove l’arrivo di Balbo è stato segnato da una Colonna romana inviata dal Duce alla grande città Americana, testimone dell’ardimento e della Gloria degli italiani di Mussolini.” Al tempo dello sdegno di Pallotta, le linee di demarcazione tra italiano e americano non erano così chiare, e durante la fiera si assistette ad una negoziazione tra la presentazione dell’italianità e la sua resa stereotipata per il pubblico americano. Anche se il Villaggio Italiano non venne sostenuto dal governo italiano e venne gestito da una società gestita in maggior parte da americani, qualche italo-americano partecipò alla realizzazione del villaggio dando la sua approvazione al progetto. Inoltre, tanti furono gli accordi tra italiani e italo-americani durante la fiera, sia per l’importazione di prodotti artigianali che per l’offerta di vino e cibi italiani autentici. Accompagnato da ostacoli imprevisti, qualche accordo finì pure nei tribunali americani.
Alla luce di questa storia, come guardiamo oggi il monumento Balbo del 1934? Resta sempre parte della sfera pubblica americana e dell’identità italiana, specialmente nel contesto attuale di un’italianità complessa, piena di sfumature create sia dagli italiani in Italia che dagli italiani e italo-americani negli Stati Uniti? Nel quadro del dibattito, che ha portato anche a scontri violenti, sui monumenti confederati negli Stati Uniti nel 2017, il monumento Balbo venne presentato da una parte della comunità di Chicago come un ricordo fascista inappropriato e sgradevole per la proverbiale «piazza» americana. È giusto, corretto e opportuno chiederci perché lasciamo certe evidenze di passati vergognosi nei nostri spazi pubblici, specialmente perché il ruolo del patrimonio culturale non è solo di conservare la storia ma di valorizzarla- imparando lezioni importanti per il nostro presente che ci aiutino a vivere nel nostro mondo come vorremmo oggi, con tolleranza, rispetto e dignità per ogni membro della nostra comunità. Dobbiamo ammettere che spesso per la diaspora italiana queste domande non producono risposte semplici o scontate. Infatti, alla proposta di rimuovere il monumento Balbo, sostenuta da vari aldermen rappresentanti certe aeree della città al City Council di Chicago, la comunità italo-americana cittadina ha risposto sottolineando la continua importanza del monumento. “Abbiamo il dovere di mostrare che siamo qui, e che siamo attivi”, ha detto un italo-americano a Chicago. Come riconciliamo i sentimenti di una parte della comunità americana con l’altra? Alla luce del nostro giudizio storico che vuole rigettare il regime fascista, specialmente di fronte al ritorno di tali attitudini e linguaggi nell’era contemporanea, resta aperta la domanda su come affrontare questi complessi sentimenti identitari.
Alle discussioni intavolate oggi sui monumenti confederati negli Stati Uniti e i monumenti fascisti o contestati in Italia, rappresentati forse nel modo migliore dal dibattito tra Ruth Ben Ghiat nel suo noto articolo nel New Yorker e le risposte italiane del Sole 24Ore e Fulvio Irace, e più recentemente alla luce della deturpazione della statua di Montanelli, il commento di Pierluigi Battista, manca, secondo l’autrice, qualcosa di importante: la voce del diritto dei beni culturali, all’interno di un quadro normativo di diritto pubblico, che può aiutarci in questo tentativo. A prima vista sembra impossibile riconciliare i diversi sentimenti che girano attorno a questi monumenti nei diversi paesi. Come chiede Ben Ghiat, “perché mentre gli Stati Uniti si impegnano a smantellare i loro monumenti confederati… l’Italia permette la sopravvivenza di così tanti monumenti fascisti?” Gli argomenti estetici complicano ancora di più la discussione: l’affermare che un monumento fascista abbia valori artistici rischia la semplificazione di oggetti storici degni di un ragionamento più approfondito. Ma forse se effettuiamo un paragone di diritto comparato tra la nozione di proprietà storica negli Stati Uniti e la nozione di bene culturale in Italia, e guardiamo esempi che sovrappongono valori culturali presenti in ciascuna sfera – come il monumento Balbo – forse potremo incominciare a intravedere, anche se non capire totalmente, un iniziale «perché» della permanenza di certi monumenti in certi paesi, il «perché» della rimozione di altri monumenti in altri paesi, e l’attitudine opportuna da avere di fronte al monumento Balbo per le tante comunità italiane e americane.
Negli Stati Uniti la nozione di proprietà storica, che si riferisce a oggetti monumentali e altre proprietà immobili, sia a livello federale che a livello statale o comunale, usa primariamente l’aggettivo “americano”. La storia americana è quella che viene privilegiata; anche se il diritto di tutela storica lascia posto anche ai valori artistici, anch’essi sono concepiti come americani e connessi alla storia del paese. L’essere significativo per la storia americana è una caratteristica dettata dalla legge che ha rilevanza per la classificazione delle proprietà. Infatti, la caratteristica artistica è concepita come indicatrice di proprietà storica, non proprietà estetica. La storia americana è la penna che colora tutti i giudizi di interesse artistico, e tutti i giudizi di interesse culturale. È comprensibile allora che i movimenti sociali della storia americana contemporanea abbiano un effetto sulla decisione riguardante quali monumenti siano classificati o percepiti come proprietà storica negli Stati Uniti. La storia negli Stati Uniti non è mai ferma ma sempre fluida: si tratta di una bellissima società e pluribus unum che deve per forza riconciliare i sentimenti di varie comunità americane. Delle volte si trionfa in questa riconciliazione e delle volte si perde disastrosamente e gli avvenimenti presenti ci mostrano questo. Ma la lotta per la storia americana, il suo continuo cambiamento, è quello che, nella maggior parti dei casi, caratterizza la nozione di proprietà storica negli Stati Uniti. Le lotte che osserviamo in varie parti degli Stati Uniti per rimuovere o conservare i monumenti negli spazi pubblici, e le diverse decisioni a riguardo, sono strettamente legate al diritto che circoscrive le attitudini americane verso i monumenti storici. Il diritto lascia un ruolo alla storia americana e dà voce alle comunità come parte del processo di nomina, riconoscimento e, in caso, anche rimozione. Le leggi del nuisance, o del disturbo della quiete pubblica, possono dare alle città il diritto di rimuovere proprietà storiche nonostante il fatto che siano parte di ciò che in Italia si chiamerebbe il demanio pubblico. La possibilità della rimozione fa già parte della nozione di proprietà storica, specialmente a livello federale. Il riferimento alla storia americana nel testo della legge indica una qualità di cambiamento, di evoluzione in linea con i tempi, anche se a volte altre leggi pretendono di fermare le rimozioni, ad esempio in Tennessee e, prima della recente modificazione della legge, in Virginia. La proprietà storica quindi, negli Stati Uniti, è piena di «monumenti malleabili». Malleabili perché sono destinati ad essere modellati dalla storia americana stessa e, di conseguenza, rimossi o mantenuti.
L’evoluzione del concetto di bene culturale in Italia porta ad un’altra concezione, una dove l’interesse culturale comprende sia l’interesse storico che l’interesse artistico, etnoantropologico, archeologico, in linea anche con la nozione introdotta dalla Commissione Franceschini «testimonianza avente valore di civiltà». Un monumento in Italia, come bene culturale, può essere certamente una proprietà storica e può allora cambiare. Un esempio recente è il bassorilievo del «Duce a Cavallo» a Bolzano, modificato con una frase di Hannah Arendt che cita Kant «Nessuno ha il diritto di obbedire», sovrapposta sulla composizione in italiano, tedesco e ladino. Anche se il bene culturale fa parte del demanio pubblico, il cambiamento, avvenuto in una parte dell’Italia con un’identità nazionale particolarmente sfaccettata, è stato possibile per i cenni storici del bassorilievo, il suo valore per i residenti della città e della regione, e i rapporti dinamici tra lo Stato, la regione autonoma, e il governo locale nella gestione del bene. Qui troviamo forse un «monumento malleabile» come i monumenti confederati negli Stati Uniti. Ma la caratteristica di «testimonianza» al cuore della nozione di bene culturale, intesa in modo ampio, indica una nozione nel diritto pubblico italiano che difficilmente trova un equivalente negli Stati Uniti. Mentre certe categorie di bene culturale nell’articolo 10 del Codice si caratterizzano per un interesse «eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione», la maggioranza non contiene alcun accenno alla storia italiana. La civiltà senza frontiere è quella che vale: da un quadro di Monet, a mobili provenienti da cittadini americani, ai quaderni di Leonardo- tutti questi sono suscettibili di essere beni culturali, forse per sempre. È vero che la procedura di verifica ed altre opportunità di esportazione per beni in proprietà privata lasciano aperta la possibilità di cambiamento per un bene culturale in Italia – sia di classificazione come tale che di destinazione. In questi casi abbiamo somiglianze più degne di analisi: una verifica comporta una mancanza di interesse culturale, ma è veramente possibile? Pure il diritto di tutela storica negli Stati Uniti lascia varie procedure di de-listing, ma è realistico pensare che un bene non possa mai essere di interesse culturale? E dove sta la linea di demarcazione per un tale ragionamento? Anche un cambiamento nell’interesse culturale del pubblico indica l’esistenza di qualche interesse culturale.
Cosa rivela allora questo paragone nel caso del monumento Balbo? Potremmo vedere la sua continua presenza a Chicago come una riflessione sull’importanza del monumento per la comunità italo-americana, un interesse di valore data l’enfasi sulla storia americana nella nozione di proprietà storica. Potremmo anche sostenere, dal punto di vista italiano, che il monumento abbia un interesse storico o abbia una testimonianza avente valore di civiltà, il che porterebbe sia al suo cambiamento che alla sua continua conservazione. Qui non propongo una soluzione definitiva al problema dei monumenti cosiddetti «contestati», ma sostengo che il diritto pubblico, nella sua esistenza sia in Italia che negli Stati Uniti, abbia una voce importante nelle discussioni sul tema trattati nella diaspora italiana. Includiamo un’analisi comparata dei diritti dei beni culturali quando consideriamo il patrimonio culturale italiano negli Stati Uniti e in Italia. Oggi più che mai, la comunità italiana sia sul territorio italiano che negli Stati Uniti trae benefici dalle discussioni culturali e dal suo sostegno oltre l’Atlantico. Una tale analisi comparata potrebbe sostenere l’identificazione di «monumenti malleabili» nel nostro presente e lasciarci un patrimonio degno della diaspora italiana e del futuro che vogliamo per le nostre comunità sia in Italia che negli Stati Uniti.