Luigi Luzzatti (Venezia, 1841-Roma, 1927), giurista e professore universitario, al tempo stesso economista, banchiere e promotore della prima rete del credito nell’Italia unita, fu a lungo parlamentare, tra i più lucidi esponenti della Destra storica. Fu più volte ministro in vari governi e nel 1910-11 presidente del Consiglio in un esecutivo che interruppe, sia pure brevemente, l’egemonia di Giovanni Giolitti alla guida dei governi del quindicennio. In questo brano, tratto da un editoriale del 1909 del “Corriere della sera”, Luzzatti difende la natura necessariamente “tecnica” che debbono a suo giudizio avere le amministrazioni preposte alle funzioni attive nel campo dell’economia e della finanza, in primis la più influente di esse che era all’epoca il Ministero dell’agricoltura, industria e commercio. In queste particolari amministrazioni egli propugna l’avvento, in luogo della burocrazia di formazione giuridica, una concentrazione invece di esperti, tecnici appunto competenti, per lo più specialisti delle materie economiche e sociali. L’articolo – che qui si riporta solo in parte – prosegue citando i nomi dei più illustri funzionari del dicastero: oltre a quelli qui menzionati (Luigi Bodio, Vittorio Ellena, Bonaldo Stringher, Nicola Miraglia, Vincenzo Magaldi e altri) anche quelli dello statistico Enrico Raseri e di Angelo Messedaglia. A questa élite, secondo Luzzatti, spetterebbe di guidare il Ministero economico per eccellenza, mentre al contrario si antepongono loro uomini privi delle necessarie competenze.
Vi sono Ministeri essenzialmente tecnici, nei quali la competenza scientifica assorbe o almeno domina l’amministrazione, senza escluderla. Di tal fatta, essenzialmente, è il Ministero di agricoltura e commercio[1]. Tutti i suoi servizi riposano su principi e su ragionamenti desunti dalla piena e profonda notizia delle scienze naturali. (…) E a un sì alto ideale tendono e si conformano siffatti Ministeri, organi e leve potenti della economia nazionale di tutti i paesi civili. Il Ministro, i Sottosegretari di Stato, possono essere soltanto degli uomini politici ma la loro amministrazione non può non essere tecnica.
Posto così il problema (…), appare subito tutto quanto manca al Ministero di agricoltura e commercio del nostro paese. Si può dire che, progredendo nei servizi, abbia peggiorato nella competenza in non poche delle sue manifestazioni. Chi scrive queste note ebbe l’indimenticabile onore di entrare nel Ministero nel 1869, quale segretario generale di Marco Minghetti e vi rimase più di tre anni. Ha potuto collaborare a un ordinamento tecnico nel quale chiamò i Bodio, gli Ellena, i Romanelli, seguiti poi dagli Stringher, dai Miraglia e più tardi dai Magaldi ecc..Il Minghetti non cercava che le competenze tecniche e segnatamente preferiva i giovani. (…) Abbiamo voluto indugiarci su questo esempio perché è tipico e fa manifeste le intime cagioni dei decadimenti in molti altri rami della nostra vita amministrativa. Avvengono nei nostri Ministeri delle nomine, si segnalano delle rapide fortune, che in Germania, in Austria, in Inghilterra non sarebbero possibili. In quei paesi non si comprenderebbe la possibilità di un ispettore generale dell’agricoltura che non fosse né un economista, né un naturalista, uscito dai piccoli uffici d’ordine, e non assistito da un valore straordinario di ingegno; né si metterebbe un ragioniere alla testa dell’istruzione secondaria del Regno!
Luigi Luzzatti, Il malgoverno dei Ministeri tecnici, in “Corriere della Sera”, 15 maggio 1909.
[1] In realtà di Agricoltura, Industria e Commercio: il ministero economico del periodo liberale.