Il Parlamento europeo ha dato il voto finale al regolamento contenente il «regime di condizionalità», che lega i finanziamenti europei al rispetto dello Stato di diritto.
La soluzione escogitata da Angela Merkel ha superato l’opposizione di Ungheria e Polonia e aperto la strada a questo voto. Quindi, dal primo gennaio 2021, dopo aver accertata la violazione dei principi dello Stato di diritto da parte di un Paese europeo, la Commissione potrà proporre il taglio o il congelamento dei fondi europei.
Entro un mese, il Consiglio potrà votare, a maggioranza qualificata, sulle misure proposte dalla Commissione. Questa soluzione è stata definita dall’imprenditore di origini ungheresi George Soros una «resa». Da parte britannica sono arrivate altre critiche: il compromesso sarebbe astuto, ma poco coraggioso, quasi un trucco. Solo il capogruppo tedesco del Partito popolare europeo Manfred Weber ha esultato, parlando di una «svolta fondamentale dell’Unione». Così «chi non rispetta lo Stato di diritto non ha soldi dall’Unione».
Vorrei provare a spiegare perché questo passaggio non è stato un cedimento, ma ha fatto, al contrario, fare all’Unione un balzo in avanti, dando ragione a quel che disse Helmut Schmidt, allora ministro delle Finanze e poi anch’egli cancelliere, in una memorabile conferenza tenuta a Londra il 29 gennaio 1974: «l’Europa vive di crisi».
Continua a leggere l’editoriale di Sabino Cassese pubblicato sul Corriere della Sera lo scorso 17 dicembre.