Nella seduta del 9 gennaio 1952 il ministro e vicepresidente del Consiglio Piccioni tenne un’ampia relazione sul problema della riforma dell’amministrazione. Era questo uno degli impegni subito assunti dal presidente del Consiglio De Gasperi sin dal 1948, all’inizio della prima legislatura repubblicana. Tema ricorrente sin dall’età liberale, inutilmente affrontato dal fascismo con la riforma De Stefani del 1923-24 (che aveva in molti aspetti peggiorato la patologia del sistema burocratico), era adesso diventato un cavallo di battaglia della prima Repubblica democratica. Sulla base degli studi compiuti in prossimità o durante la Assemblea costituente (le due commissioni Forti, in particolare), i nuovi dirigenti della coalizione centrista si erano impegnati, nel presentare i programmi dei vari governi De Gasperi al Parlamento, a risolvere rapidamente l’annosa questione. Nel gennaio 1950 era stato costituito presso la Presidenza del consiglio, prima di fatto per essere poi successivamente stabilizzato, un Ufficio per la riforma dell’amministrazione. Dopo un breve periodo nel quale lo aveva diretto il ministro senza portafoglio Petrilli, il nuovo organismo era stato affidato alle mani di Attilio Piccioni, vicepresidente del Consiglio. Che ora (si era nel gennaio 1952) ne riferiva dettagliatamente al Consiglio dei ministri. Vale la pena di leggere il Verbale di quella seduta e scorrere le reazioni alla relazione Piccioni, per rendersi conto di come, a distanza di neanche quattro anni dall’inaugurazione della legislatura, il problema impellente della riforma amministrativa fosse diventato assai meno impellente, per non dire fosse stato messo in archivio.
De Gasperi: È necessario comunicare che Piccioni ha riferito sui lavori fatti e ha dichiarato che i progetti per i gruppi A, B e C saranno pronti al più presto. Non lasciamo credere che si sono fatti solo studi di carattere generale.
Scelba: (…) Prendiamo atto solo che non si può procedere a una riforma organica generale della pubblica amministrazione, ma si devono fare solo parziali modifiche o integrazioni. Questo è già un gran risultato. Finora gli Uffici della riforma hanno ritardato il lavoro dei singoli Ministeri. Gli pare che la relazione Piccioni abbia assorbito troppo delle istanze della Dirstat [associazione dei dirigenti statali]. Limiterebbe il comunicato a un riconoscimento pubblico a Piccioni, senza accennare ai dettagli. Si rammarica che l’Ufficio della riforma della pubblica amministrazione ignori tutto quello che già si è fatto. Ad esempio si parla dell’istituzione di corsi speciali per i funzionari, ma il Ministero delle finanze già li ha istituiti ed il Ministero dell’interno ha mandato – per compiti di studio – Prefetti in Inghilterra e missioni di funzionari di Polizia nelle capitali straniere.
Pella: I ministri stanno attuando un miglioramento tecnico-funzionale dei servizi e questo non si può ignorare. (…).
Piccioni: Affrontiamo il problema, non ripetiamo l’errore di non far niente.. (…).
La Malfa: Chiede se si possa inquadrare in un unico ruolo il personale che non rende.
Scelba: Si può, per legge, prevedere il trasferimento da un’amministrazione all’altra del personale.
Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio dei Ministri (1859-1976), Verbali delle adunanze. Minute 1944-1996, b. 38, Adunanza del 9 gennaio 1952.