Luigi Einaudi, professore di scienze delle finanze a Torino, editorialista del «Corriere della Sera», futuro governatore della Banca d’Italia, poi ministro del Tesoro e infine presidente della Repubblica, indica in questo articolo del 1919 la via per formare buoni impiegati dello Stato: la carriera partendo dalla provincia, la mobilità nelle funzioni, i concorsi per essere chiamati a Roma e per raggiungere le funzioni dirigenti «severissimi», la rigorosa selezione in base al solo criterio del merito. Ricette antiche; ahimé mai interamente e coerentemente applicate.
L’impiegato deve sempre, in ogni caso, cominciare la sua carriera negli uffici provinciali dove si fa il lavoro del ramo: nessuno dovrebbe dirigere a Roma le dogane senza aver fatto a 20 anni l’ufficiale di dogana; nessuno sovraintendere alle imposte di produzione senza aver lavorato nella fabbrica come verificatore-tecnico o almeno come ingegnere aggiunto di finanza; nessuno deve diventare direttore generale delle imposte dirette senza essere stato agente delle imposte dirette.
Dall’infimo pochissimi giungeranno al sommo grado; ma tutti devono poter sperare di stringere un giorno in mano il bastone da maresciallo. Il sistema delle caste intorpidisce, spegne lo spirito di iniziativa e di emulazione.
Dalle province di deve poter passare al centro solo in seguiti ad un severissimo esame di concorso, in cui si tenga conto sovratutto, insieme alla cultura specifica, delle prove fatte negli uffici provinciali. Nessuno deve poter entrate segretario a 20 anni al ministero; ma solo a una età più avanzata quando si siano trascorsi almeno 5 e forse 8 anno nell’esercizio effettivo delle funzioni proprie del ramo. I funzionari dei ministeri dovrebbero essere gli ottimi tra gli esecutivi, scelti attraverso un vaglio severo. Allora, sì, potrebbero veramente chiamarsi ed essere «direttivi» .
Lo sarebbero sul serio, mentre ora lo sono per burla.
Luigi Einaudi, Riforma amministrativa e orario unico (5 giugno 1919), ora in Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925, V. 1919-20), Torino, Einaudi, 1961, p. 247.