Nell’aprile scorso la Cina ha lanciato online il suo Blockchain-based Service Network (BSN), primo esempio a livello mondiale di piattaforma blockchain creata e gestita a livello statale per fornire all’utenza un vero e proprio negozio virtuale dal quale prelevare prodotti informatici basati sulla tecnologia dei registri distribuiti.
Nel corso dell’anno 2019, in Cina, è stato istituito un consorzio costituito da diverse imprese (China Mobile Communications Corporation Government and Enterprise Service Company, China Mobile Group Design Institute Co., Ltd., Research Institute of Electronic Payment, China Unionpay Co.,LTD, China Mobile Financial Technology Co., Ltd., Beijing Red Date Technology Company Limited, China Mobile Group Zhejiang Co.Ltd) e capitanato da una struttura statale specializzata – lo State Information Center – Informatization and Industry Research Department – con l’obiettivo di realizzare una infrastruttura a rete di livello globale e a governance pubblica basata sulla tecnologia blockchain, finalizzata a fornire soluzioni informatiche “take away” in grado di rimediare alle inefficienze e agli alti costi di ingresso derivanti dalla frammentazione delle “catene a blocchi” locali.
In questo modo, secondo il consorzio BSN – Blockchain-based Service Network, sarà possibile ridurre i costi operativi e rendere così maggiormente accessibile agli sviluppatori informatici, e all’utenza in genere, la fruizione online di applicazioni blockchain preconfezionate su cui operare successive personalizzazioni.
Secondo una stima del BSN, contenuta nel White Paper che ha accompagnato la nascita del progetto, una simile innovazione sarà in grado di ridurre fino all’80 % il costo di realizzazione di iniziative economiche basate su tecnologia blockchain (si pensi che l’implementazione “da zero” di un simile sistema e la successiva gestione può costare in media fino a $ 14.000/anno, un valore che, con il BSN a regime, potrà scendere ad un importo medio di circa $ 300), mentre dal punto di vista della diffusione della piattaforma si prevede, già entro la fine del 2020, la presenza di nodi informatici in 200 città della Cina.
Del resto, secondo la World Intellectual Property Organization, la Repubblica Popolare Cinese è leader nei brevetti legati alla tecnologia blockchain – già usata, ad esempio dalla China’s General Administration of Customs per il monitoraggio dei 26 varchi sul territorio, così come dallo store virtuale JD.com che se ne serve per gestire le proprie forniture), e con questo progetto è chiaro l’intento del Dragone di andare oltre il bitcoin (tra l’altro, la Cina vieta e non riconosce le criptovalute, ma sono diffusissimi i sistemi di pagamento web come WeChat o Alipay), realizzando un sistema in grado di essere utilizzato per verificare e validare qualsiasi tipo di transazione, con l’obiettivo evidente, sebbene non dichiarato, di diventare uno standard globale.
Al di là degli auspici dei suoi ideatori, però, il sistema BSN corre il rischio di rimanere un’esperienza limitata e contenuta entro i confini della Cina e dei territori rimasti sotto la sua influenza, sia in ragione della particolare tipologia di blockchain utilizzata (ovvero una blockchain permissioned, quindi ristretta ai soli soggetti pre-accreditati) sia, soprattutto, per le evidenti problematiche che ne derivano in termini di privacy, vista l’esigenza del governo centrale cinese di rimanere titolare esclusivo della root key del BSN e, quindi, del potere di decrittare e controllare ogni singola movimentazione che avviene sulla piattaforma.
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