Con l’approvazione delle misure di contrasto al Covid-19 e l’introduzione dell’obbligo vaccinale dai 50 anni di età in su, riaffiora l’annosa domanda se la vaccinazione obbligatoria sia o meno conforme a Costituzione. Sul punto, la Consulta si è già espressa numerose volte, stabilendo sempre la legittimità delle leggi che hanno imposto l’obbligo vaccinale, affermando alcuni importanti principi.
(1. La definizione di vaccino; 2. L’analisi del testo costituzionale: l’articolo 32; 3. La giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di vaccinazione obbligatoria; 3.1 La sentenza n. 5/2018 della Corte costituzionale; 4. Considerazioni conclusive)
1. La definizione di vaccino
Generalmente – come rileva l’Istituto superiore di sanità – il vaccino è un farmaco in grado di stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi, deputati a combattere i microrganismi che causano la malattia. La vaccinazione rende il sistema capace di riconoscere, attraverso lo sviluppo della memoria immunologica, l’agente estraneo, innescando così la risposta immunitaria nei soggetti vaccinati. Il nome “vaccino” deriva da “vaiolo vaccino”, malattia virale delle vacche, il cowpox, che si manifestava a livello delle mammelle delle mucche.
2. L’analisi del testo costituzionale: l’articolo 32
Occorre ricordare che l’articolo 32 della Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e come interesse della collettività, prescrivendo che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Pertanto, in presenza di una legge che tuteli la salute pubblica, non è possibile invocare il diritto alla libertà di scelta dell’individuo.
La salute non è da considerare, dunque, un bene strettamente personale, bensì un interesse fondamentale della collettività, ossia un diritto di cui ciascuno è titolare non solo per il proprio, ma anche per l’altrui benessere, tale da configurare un bene sociale meritevole di tutela. Al diritto di ogni individuo a stare in salute, corrisponde un dovere del medesimo a compiere gli atti idonei a mantenere in salute anche la collettività.
3. La giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di vaccinazione obbligatoria.
In tema di vaccinazioni obbligatorie, la Corte ha ritenuto non conforme alla Carta fondamentale invocare una libertà di autodeterminazione – art. 13, Cost. – senza però considerare il dovere di solidarietà – art. 2, Cost. – e la tutela della salute – art. 32, Cost.: queste ultime due finalità vengono prima della libertà di scelta individuale.
Pertanto, posto che la vaccinazione prevista dalla legge ha lo scopo di tutelare la salute del soggetto sottoposto all’inoculazione, la libertà di autodeterminazione del singolo individuo rileva solo se e nella misura in cui lo stato di salute del medesimo non abbia incidenza, diretta o indiretta, nella sfera giuridica di soggetti terzi: in caso contrario, l’interesse collettivo prevale, giustificando la compressione dell’autodeterminazione individuale.
Dunque, un trattamento sanitario come il vaccino obbligatorio può essere imposto solo allorché esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze minime che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali per ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili (ad es., la febbre di pochi giorni). Qualora invece questo confine venisse superato, arrecando un danno di maggiore entità, il rilievo della salute come interesse della collettività non sarebbe, da solo, sufficiente a giustificare il sacrificio della salute individuale; occorrerebbe dunque il “riconoscimento di una protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento”.
Per cui, secondo la Consulta, la vaccinazione obbligatoria è legittima e conforme a Costituzione tutte le volte in cui non comporta danni irreversibili alla salute. E poiché ad oggi non è dimostrata alcuna di queste conseguenze nei confronti della vaccinazione da Covid-19, la stessa può ritenersi legittima. Se quindi è legittimo l’obbligo vaccinale contro il Covid-19, lo sono a maggio ragione gli obblighi meno stringenti come quelli approvati dal Governo, che impongono la vaccinazione solo nei confronti di determinate categorie di soggetti o che limitano l’accesso ai luoghi pubblici o aperti al pubblico per chi sia sprovvisto di green pass; si tratta infatti di forme d’imposizione meno stringenti dell’obbligo vaccinale in sé.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 307/1990, ha comunque affermato l’esistenza di un diritto all’indennizzo in favore di chi riporti un danno a causa di un trattamento sanitario obbligatorio imposto dalla legge, (in assenza di colpa in capo alla Pubblica Amministrazione).
Dopo soli due anni, la Corte ha dichiarato l’esistenza di un diritto al risarcimento per danni derivanti da vaccino non obbligatorio, ma semplicemente consigliato dallo Stato.
La Corte ha chiarito dunque che la limitazione del diritto all’autodeterminazione è giustificata dalla preminente tutela della salute pubblica e che il bilanciamento tra i due valori avviene mediante il riconoscimento di un equo indennizzo solo nei casi in cui un soggetto subisca un danno irreversibile alla propria salute in conseguenza della misura sanitaria obbligatoria.
3.1 La sentenza n. 5/2018 della Corte costituzionale
Con la sentenza n. 5/2018 sull’obbligo vaccinale, la Consulta ha affrontato la questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 73/2017, statuendo i principi in base ai quali, in alcune ipotesi, può prevalere l’interesse della salute pubblica sull’autodeterminazione dei singoli.
In particolare, la Corte ha ritenuto legittimo lo strumento del decreto-legge per l’imposizione del trattamento. Ciò anche in riferimento alla situazione sanitaria del 2017, quando si era verificata una preoccupante ondata di casi di morbillo, malattia già debellata proprio grazie all’impiego di un vaccino apposito, in quanto “a fronte di una copertura vaccinale insoddisfacente nel presente e incline alle criticità nel futuro, questa Corte che rientri nella discrezionalità – e nella responsabilità politica – degli organi di governo apprezzare la sopraggiunta urgenza d’intervenire, alla luce dei nuovi dati e dei fenomeni epidemiologici frattanto emersi, anche in nome del principio di precauzione che deve presidiare un ambito così delicato per la salute di ogni cittadino come è quello della prevenzione”.
La Corte ha poi ribadito che la copertura vaccinale è uno strumento di prevenzione e richiede di essere posta in essere indipendentemente da una crisi epidemica in atto, comportando talvolta l’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale. Ciò in quanto la tutela della salute deve essere garantita in modo uniforme, rientrando nella potestà legislativa dello Stato l’introduzione dell’obbligatorietà per alcune vaccinazioni, con l’obiettivo dell’immunità di gregge, “la quale richiede una copertura vaccinale a tappeto in una determinata comunità, al fine di eliminare la malattia e di proteggere coloro che, per specifiche condizioni di salute, non possono sottoporsi al trattamento preventivo”.
L’intervento statale a tutela della salute, dunque, ben può tradursi in una serie di disposizioni volte non solo a limitare o vietare alcuni trattamenti medici, ma anche ad imporne altri, quando necessari. Tale discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche accertate dalle Autorità preposte (cfr. C. cost., sent. n. 268/2017) e delle acquisizioni “sempre in evoluzione della ricerca medica, che debba guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia” (si v. C. cost., sent. n. 282/2002).
Infine, la Corte ha stabilito che l’obbligo delle vaccinazioni non è in contrasto con l’articolo 32 della Carta fondamentale, postulandosi il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo individuo – anche nel suo contenuto di libertà di cura – con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività nonché, nel caso di vaccinazioni obbligatorie sui minori, con l’interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro comiti di cura (cfr. ex multis, C. cost., sent. n. 258/1994).
Sulla base di siffatte considerazioni, una legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’articolo 32 Cost. a condizione che:
- il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di che vi è sottoposto, ma anche quello altrui;
- si preveda che esso non incida negativamente sullo stato di salute sullo stato di salute del soggetto obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiono normali e, di conseguenza, tollerabili;
- nell’ipotesi di un danno ulteriore, si preveda comunque la corresponsione di un’equa indennità in favore del soggetto danneggiato (si v. C. cost., sent. nn. 258/1994 e 307/1990).
4. Considerazioni conclusive
Sulla scorta di quanto affermato, ci sembra di poter protendere a favore della legittimità costituzionale della vaccinazione obbligatoria contro il Covid-19 la quale, sulla base di una scelta politica del legislatore connotata dal carattere della discrezionalità, ben potrebbe essere estesa oltre la fascia di età dai 50 anni in su, prevedendo altresì un inasprimento delle sanzioni irrogate finora per chi si sottrae a tale obbligo, in nome della protezione della salute pubblica non soltanto dei consociati uti singuli, ma anche della comunità nazionale collettivamente intesa.
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