Le semplificazioni annunciate dal Governo – che passeranno da un apposito decreto in via di definizione – fanno perno sulla trasformazione digitale della pubblica amministrazione. Un processo che non può escludere il settore degli appalti pubblici, come anche l’Anac e la Banca d’Italia stanno suggerendo.
In vista dell’approvazione del cosiddetto decreto Semplificazioni, l’Autorità nazionale anticorruzione ha trasmesso al Governo alcune proposte riguardanti la semplificazione e accelerazione delle procedure di gara per l’affidamento dei contratti pubblici, attraverso la progressiva digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti, a partire dalle fasi iniziali della programmazione degli acquisti e della progettazione fino a quella conclusiva dell’esecuzione (Strategie e azioni per l’effettiva semplificazione e trasparenza nei contratti pubblici attraverso la completa digitalizzazione: le proposte dell’Autorità). All’interno del documento, sono confluiti anche i risultati dell’analisi condotta di recente dal Servizio Appalti della Banca d’Italia (I benefici dell’e-procurement in ambito pubblico: l’esperienza della Banca d’Italia e le possibili evoluzioni del sistema), dalla quale emerge il significativo ritardo digitale dell’Italia nel settore in esame, se si esclude l’esempio virtuoso della medesima autorità.
Entrambi i papers evidenziano come l’esigenza di una rinnovata gestione dei processi di procurement pubblico, attraverso l’utilizzo efficace dell’innovazione tecnologica, rivesta, soprattutto a seguito della fase acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19, carattere prioritario per la ripartenza del settore degli appalti e, più in generale, della vita economica del Paese. Tre sono i principali effetti positivi che ci si attende dalla digitalizzazione e riorganizzazione dei processi di acquisto.
Dal punto di vista economico, l’adozione di sistemi informatici nell’ambito degli appalti consentirebbe di determinare un miglioramento, in termini di efficienza e qualità, della spesa pubblica, assicurando una maggiore capacità allocativa delle amministrazioni ed un corretto utilizzo delle risorse a disposizione, in vista di una ripresa economica il più possibile rapida e omogenea su tutto il territorio nazionale.
Sotto il profilo giuridico, l’impiego generalizzato della tecnologia nell’espletamento delle procedure di gara permetterebbe, a sua volta, di rendere i procedimenti amministrativi maggiormente efficaci e sicuri, favorendo la par condicio, l’effettiva concorrenza fra gli operatori economici, l’inviolabilità e segretezza delle offerte, e la tracciabilità di tutte le operazioni di gara, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dalle tradizionali modalità di svolgimento delle procedure e abbattimento della probabilità di contenzioso per criticità di natura operativa (quali, ad esempio, danneggiamento dei plichi durante le operazioni di invio, integrità e corretta conservazione delle buste, intangibilità e immodificabilità delle offerte). Dalla digitalizzazione completa degli appalti, dovrebbero derivare numerosi vantaggi anche per l’attuazione della trasparenza amministrativa, non solo nella prospettiva di una conoscenza immediata delle informazioni e dei dati riguardanti le stazioni appaltanti e gli operatori economici, ma anche ai fini dell’adempimento degli obblighi di pubblicazione sui siti istituzionali gravanti in capo alle amministrazioni, garantendo una maggiore completezza, tempestività ed accessibilità delle informazioni da rendere note.
In definitiva, tale estensione dell’utilizzo della tecnologia a tutte le fasi del processo di acquisto consentirebbe di conseguire, sotto il profilo tecnico-organizzativo, un generale incremento della qualità stessa degli appalti, assicurando al sistema evidenti semplificazioni delle procedure, risparmi in termini di tempi e costi, nonché il continuo monitoraggio dell’evoluzione dei contratti. Inoltre, l’attuale situazione emergenziale ha messo gli operatori del settore dinnanzi all’esigenza di gestire le attività connesse agli affidamenti pubblici da remoto, senza la necessità di trovarsi fisicamente presso la propria sede operativa. Già lo scorso aprile, l’Anac (con delibera n. 312 del 9 aprile 2020) aveva esortato le stazioni appaltanti a valutare la possibilità di espletare le procedure di gara con modalità telematiche, anche nel caso in cui tale opzione non fosse stata prevista dai bandi di gara, ovvero di svolgere le sedute pubbliche o quelle riservate della commissione giudicatrice a distanza. Il suggerimento è stato, ad esempio, accolto da Anas S.p.A., la quale ha avviato a livello nazionale una piattaforma telematica per lo svolgimento delle gare di affidamento dei lavori “in streaming”. Dunque, dal punto di vista organizzativo, la digitalizzazione del processo di appalto faciliterebbe, altresì, la sinergia tra e-procurement e smart working, mettendo i dipendenti delle stazioni appaltanti nella condizione di poter lavorare in modalità agile, con la medesima efficacia ed efficienza che si avrebbero operando secondo le modalità tradizionali.
Per il raggiungimento di tali obiettivi, le proposte formulate dall’Anac – in larga parte coincidenti con le strategie individuate dalla Banca d’Italia – ruotano, principalmente, intorno all’attuazione, modificazione o razionalizzazione della normativa esistente, la quale già prevede varie disposizioni in materia di digitalizzazione dei contratti, rimaste per lo più inapplicate o non ancora entrate a pieno regime.
Sotto tale profilo, tra le prime azioni da intraprendere, l’Autorità individua l’approvazione del decreto ministeriale di cui all’art. 44 del d.lgs. 50/2016 sulle modalità di digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici, anche attraverso l’interconnessione per interoperabilità dei dati delle Pubbliche Amministrazioni, che nelle intenzioni del legislatore doveva essere adottato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione (di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite anche l’AGID e l’Autorità garante della privacy) entro un anno dall’entrata in vigore del Codice, ma che allo stato risulta ancora in fase di elaborazione. Altra misura già prevista dalla normativa di settore con l’obiettivo di promuovere la diffusione dell’utilizzo di strumenti informatici, rimasta anch’essa inapplicata, è la realizzazione da parte della Cabina di regia, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del piano nazionale in tema di procedure telematiche di acquisto (art. 212, comma 1, lett. d), d.lgs. 50/2016). Tale piano costituisce un passaggio indispensabile per un utilizzo strategico ed efficiente dell’e-procurement: in particolare, la Cabina di regia dovrebbe definire “appropriati standard, quali modelli di rappresentazione dei dati, protocolli di interoperabilità delle piattaforme e di scambio dei flussi informativi, sistemi di validazione/certificazione, e definire architetture di riferimento per evitare una eccessiva proliferazione delle piattaforme”. L’occasione del completamento dei provvedimenti attuativi in tema di digitalizzazione dei processi di acquisto, potrebbe essere colta anche per delineare una disciplina organica della materia. Sotto tale aspetto, sarebbe in particolare auspicabile uno stretto raccordo, anche di carattere normativo, fra il sopracitato decreto e le attività della Cabina di regia, in modo tale che la definizione delle regole per la digitalizzazione avvenga in sintonia con i contenuti del piano nazionale.
Ulteriori ritardi si registrano anche nell’attuazione della norma concernente l’utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici per lo scambio di informazioni nell’ambito delle procedure di gara (art. 40 del Codice), previsto come obbligatorio già a partire dal 2018.
All’adozione di tali provvedimenti attuativi, dovrebbe poi accompagnarsi la messa in esercizio della Banca dati nazionale degli operatori economici (BDOE), affidata dal Codice al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ideata per consentire l’acquisizione telematica della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale e speciale per la partecipazione alle procedure di affidamento. L’entrata a regime di tale strumento informativo permetterebbe, infatti, di conseguire importanti benefici in termini di rapidità, automatizzazione ed efficienza delle procedure; un suo utilizzo per i controlli post-aggiudicazione potrebbe, ad esempio, essere sfruttato per semplificare e ridurre notevolmente i tempi di verifica dei requisiti generali. Inoltre, la interoperabilità della BDOE con le altre piattaforme e banche dati coinvolte nei procedimenti produrrebbe benefici anche in termini di maggiore completezza informativa: proprio a ciò è indirizzata la proposta del Servizio Appalti della Banca d’Italia di affidare la gestione della Banca dati all’Anac, in luogo del Mit, al fine di integrare i dati e le informazioni ivi presenti con quelli già posseduti dall’Autorità.
Interventi di modifica della normativa esistente, sarebbero invece necessari con riguardo alle indicazioni in materia di digitalizzazione della fase esecutiva dei contratti. Sul punto, gli indirizzi forniti dal Codice risultano eccessivamente generici: l’art. 111 del d.lgs. 50/2016 fa esclusivo riferimento agli obiettivi di semplificazione ed efficientamento informatico da perseguire anche in relazione alla fase di realizzazione del contratto e alle attività del direttore dei lavori, mentre sarebbe, invece, necessaria la previsione di misure più incisive, quali ad esempio la predisposizione di un unico software di rilevazione delle varie fasi di esecuzione dei contratti (sia di lavori, che di servizi e forniture) che permetta di fornire, in tempo reale, tutte le informazioni necessarie per il monitoraggio continuo dello stato di avanzamento e gestione dell’esecuzione.
Ma affinchè tale processo di digitalizzazione, innovazione e semplificazione del settore possa concretamente avviarsi e conseguire i risultati sperati, prima ancora occorrerebbe portare a compimento la riforma sulla qualificazione e professionalizzazione delle stazioni appaltanti, così da ridurre il numero dei soggetti abilitati allo svolgimento delle procedure di acquisto, aumentando al contempo il livello di qualità dell’azione amministrativa. Al di là dell’urgenza di procedere all’adozione del d.p.c.m. di cui all’art. 38, comma 2 del Codice, recante l’indicazione dei requisiti tecnico-organizzativi per potersi iscrivere nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, istituito presso l’Anac, il Servizio Appalti della Banca d’Italia pone l’attenzione sulla necessità di intervenire sulla normativa esistente per rendere obbligatorio, ai fini della qualificazione, il requisito della disponibilità e utilizzo corrente di piattaforme telematiche nella gestione delle procedure di gara, attualmente ricompreso fra quelli premianti (art. 38, comma 3, lett. b), n. 3). Se, infatti, l’e-procurement è destinato ad assumere un ruolo strategico in termini di “trasparenza, efficienza, semplificazione, contrasto alla corruzione, sicurezza giuridica, risk management, concorrenza (anche transfrontaliera) e accessibilità, spinta all’innovazione, qualità dei dati e degli indicatori di monitoraggio, risparmi di spesa” il grado di digitalizzazione non può che costituire una condizione necessaria – ancorchè non sufficiente – per operare sul mercato come stazione appaltante. Sempre in tale prospettiva, le amministrazioni dovrebbero dimostrare di avere a disposizione, oltre al personale tecnico e amministrativo per la gestione dei contratti per i quali intendono qualificarsi, anche specifiche competenze informatiche per la gestione delle piattaforme in uso.
Queste, in estrema sintesi, le principali azioni che ad avviso dell’Anac e della Banca d’Italia andrebbero intraprese nel breve e medio-lungo periodo per imprimere una significativa accelerazione al percorso di digitalizzazione dei contratti e professionalizzazione degli acquirenti pubblici, in risposta all’attuale crisi sanitaria, economica e sociale e per adeguare il sistema nazionale alle indicazioni europee.
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