Apple è stata accusata di abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE per via del suo App Store. Le app di streaming musicale che operano su iOS, infatti, sono costrette a versare all’App Store una commissione del 30% su tutti i contenuti digitali che vendono agli utenti. Inoltre, Apple promuove l’uso di Apple Music a discapito di tutti gli altri servizi di streaming concorrenti. Qualora la valutazione preliminare dovesse essere confermata, Apple dovrà pagare una multa pari al 10% delle sue entrate annuali. Tale sanzione potrebbe raggiungere i 27 miliardi di dollari.
Il 30 aprile 2021 la Commissione Europea ha informato Apple della sua valutazione preliminare secondo cui l’azienda statunitense avrebbe violato le norme a tutela della concorrenza nell’Unione Europea, sulla base delle indagini aperte il 16 luglio 2020 per una possibile violazione dell’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’UE. Secondo la Commissione Apple avrebbe abusato della propria posizione dominante nella distribuzione delle app per lo streaming musicale, attraverso il suo App Store, per favorire il suo servizio di streaming musicale, Apple Music. Le indagini su Apple erano state aperte dopo una denuncia di Spotify, che compete con Apple sul mercato della musica in streaming.
La Commissione ha rinvenuto che Apple detiene una posizione dominante nel mercato perché per gli sviluppatori di applicazioni l’App Store è l’unico strumento per raggiungere gli utenti di iOS, creando così una sorta di ecosistema chiuso, nel quale Apple controlla ogni aspetto dell’esperienza utente di chi possiede iPhones ed iPads. La commissaria europea Margrethe Vestager ha affermato, nella conferenza stampa relativa al caso, che «Gli app store svolgono un ruolo centrale nell’odierna economia digitale. Ora possiamo fare acquisti, accedere a notizie, musica o film tramite app anziché visitare siti Web. La nostra valutazione preliminare è che Apple rappresenta un gatekeeper per gli utenti di iPhone e iPad tramite l’App Store. Con Apple Music, Apple compete anche con i fornitori di streaming musicale. Impostando regole severe sull’App Store che svantaggiano i servizi di streaming musicale concorrenti, Apple priva gli utenti di scelte di streaming musicale più economiche e distorce la concorrenza».
L’accusa principale che la Commissione ha rivolto ad Apple riguarda il fenomeno per cui le applicazioni che vogliono essere presenti nell’Apple Store sono costrette a usare il sistema di pagamento di Apple per distribuire contenuti digitali a pagamento: con questo sistema Apple addebita una commissione del 30 per cento ai fornitori di servizi di streaming su tutti gli abbonamenti, che i fornitori nella maggior parte dei casi fanno pagare ai consumatori.
La seconda accusa consiste nel fatto che Apple non informa come dovrebbe i propri utenti sulle alternative a Apple Music per lo streaming musicale, che generalmente sono più economiche. Secondo la Commissione, in questo modo Apple impedirebbe agli utenti di scegliere liberamente alternative ad Apple Music.
Quanto avvenuto finora rappresenta la fase iniziale del procedimento antitrust contro Apple e la società avrà la possibilità di rispondere alle argomentazioni della Commissione entro 12 settimane. In un comunicato, Apple ha risposto che «al centro di questo caso c’è la richiesta di Spotify di poter pubblicizzare offerte alternative sulla loro app per iOS, una pratica che nessun negozio al mondo permette», e ha aggiunto che «l’argomentazione della Commissione a favore di Spotify è l’opposto della concorrenza leale». D’altro canto, ultimamente la lente della Commissione europea si è rivolta spesso sulle Big tech companies, ad esempio nell’indagine dell’autunno scorso rivolta nei confronti di Amazon, in cui la commissione rilevava proprio che la società non opera solo come market per gli altri retailer, ma anche come concorrente diretto all’interno dello stesso market con prodotti propri. Dato che Amazon possiede vari dati in materia di preferenze dei consumatori questo fenomeno genera, naturalmente, una distorsione della concorrenza. Pertanto, pare possibile affermare che il controllo di un proprio market o store in cui vengono venduti prodotti propri (software o beni) non sia un indice positivo per la tutela della concorrenza agli occhi della Commissione UE.
La controversia, peraltro, si limita alle pratiche dell’App Store di Apple per lo streaming musicale, mentre l’UE sta esaminando ulteriori questioni in merito agli ebook e all’App Store in generale. Secondo la commissaria Vestager, infatti, la questione dei servizi di streaming musicale è solo la prima di numerose altre relative all’App Store Apple. La Commissione, infatti, si sta interessando anche alle politiche di Apple sui giochi sull’App Store. «Ci interesseremo anche al mercato delle app gaming», ha affermato la commissaria Vestager, rispondendo a una domanda sui pagamenti nelle app di gioco dell’App Store. Microsoft, ad esempio, lo scorso anno ha invitato le autorità di regolamentazione a indagare sull’App Store, solo un paio di mesi prima di un battibecco pubblico con Apple in merito al servizio di streaming di giochi xCloud.
Qualora la valutazione preliminare dovesse essere confermata, Apple dovrà pagare una multa pari al 10% delle sue entrate annuali. Tale sanzione potrebbe raggiungere i 27 miliardi di dollari sulla base del fatturato annuale di Apple, pari a 274,5 miliardi l’anno scorso. Apple potrebbe anche essere costretta a cambiare il proprio modello di business, subendo effetti più incisivi e duraturi di quelli derivanti dalla multa.
Spotify ha accolto con favore le accuse iniziali. «Garantire che la piattaforma iOS funzioni correttamente è un compito urgente con implicazioni di vasta portata», ha afferma Horacio Gutierrez, chief legal officer di Spotify. «La comunicazione degli addebiti della Commissione europea è un passo fondamentale per rendere Apple responsabile del suo comportamento anticoncorrenziale, garantendo una scelta significativa per tutti i consumatori e condizioni di parità per gli sviluppatori di app».
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