“Immuni” è l’app selezionata, tra le oltre 300 soluzioni proposte da privati, società ed enti, per il tracciamento dei positivi al coronavirus tramite tecnologia bluetooth, totalmente anonima e su base volontaria, fornita dalla società Bending Spoons S.p.a. in partnership con il Centro Diagnostico Santagostino. Solo chi avrà scaricato “spontaneamente” l’applicazione potrà fare a meno dell’autodichiarazione cartacea e, quindi, muoversi con meno restrizioni nella agognata Fase 2.
Con l’ordinanza n. 10/2020, del 16 aprile scorso, il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19 ha disposto di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons S.p.a in relazione all’app “Immuni”.
Immuni è stata scelta, con una procedura atipica,
anche perché dovrebbe garantire la tutela della privacy degli utenti in modo nuovo, consentendo di mantenere il controllo dei propri dati, senza che questi vengano condivisi con le istituzioni.
Attraverso il bluetooth la app rileva la vicinanza tra due smartphone entro un metro e ripercorre a ritroso tutti gli incontri di una persona risultata positiva al Covid-19, così da poter rintracciare e isolare i potenziali contagiati. Una volta scaricata, infatti, “Immuni” memorizza e conserva in locale, sul dispositivo di ciascun cittadino, una lista di codici identificativi anonimi (tutti i codici bluetooth) degli altri dispositivi ai quali è stata vicino, dotati della stessa app (siano questi smartphone, smart watch o device stand alone come braccialetti). I contatti avuti con altre persone vengono tracciati attraverso il bluetooth che “aggancia” gli altri smartphone nel raggio di pochi metri con la stessa app installata senza definirne la posizione geografica. Sistemi di crittografia e pseudoanonimizzazione impediscono di associare il codice all’identità del proprietario di quel dispositivo.
Tali informazioni sono archiviate all’interno della memoria del dispositivo su cui è installata l’app e lì vengono conservate fino a quanto le autorità sanitarie non hanno la certezza che il proprietario di quello smartphone sia risultato positivo al tampone da Coronavirus.
L’operatore sanitario, prima di compilare il questionario analogico, chiede al paziente se ha installato l’app Immuni e se intende prestare il proprio consenso al trattamento dei dati conservati sul cellulare, permettendo – solo in quel caso – di ricostruire la sua rete di contatti nei giorni precedenti e, quindi, i suoi spostamenti; l’operatore genera, con una diversa app, un codice con cui il cittadino può caricare su un server i dati raccolti dalla sua app, ovvero una lista dei codici bluetooth con cui il soggetto è entrato in contatto.
Il server calcola per ognuno di questi codici il rischio che ci sia stato un contagio (vicinanza, tempo di contatto) e, quindi, invia una notifica ai dispositivi di persone potenzialmente a rischio, sempre tramite l’app.
La notifica contiene un messaggio predisposto dalle autorità sanitarie con il protocollo al quale il destinatario deve adeguarsi (isolamento, contattare numeri di emergenza per tamponi).
Da quanto è dato sapere fino a questo momento, l’app Immuni, ancora in fase di scrittura definitiva, si comporrà di due parti distinte:
- un diario clinico, anonimo e volontario, dove gli utenti possono scrivere informazioni rilevanti dal punto di vista medico (oltre a età, sesso anche malattie pregresse e farmaci assunti) e che dovrebbe essere aggiornato tutti i giorni con eventuali sintomi e cambiamenti sullo stato di salute; informazioni che potranno essere utilizzate dagli operatori sanitarie qualora il cittadino si rivolga al servizio sanitario;
- i dati gps di geolocalizzazione per tenere traccia dei contatti e spostamenti, che possono essere utilizzati solo in forma aggregata, per tracciare nuovi possibili focolai: lo permette la tecnologia dell’app di Bending Spoon, ma al momento non è chiaro se il Governo vorrà usare anche questa funzione.
In ogni caso, prima di essere avviato definitivamente, il software verrà testato in alcune regioni pilota a partire dal mese di maggio.
Immuni sembrerebbe differenziarsi, dunque, dalle app utilizzate in altri paesi colpiti dalla pandemia, dove i governi hanno fatto ricorso a forme di sorveglianza informatica intrusiva, attraverso l’utilizzo del bluetooth e altri sensori e dovrebbe garantire l’anonimato degli utenti, attraverso un ID (codice identificazione utente) anonimo e temporaneo, basandosi – in ogni caso – su un utilizzo volontario da parte dei cittadini.
La tecnologia bluetooth, del resto, è stata giudicata dall’Unione europea come la più idonea per le app di tracciamento che hanno la missione di “stimare con sufficiente precisione” (circa 1 metro) “la vicinanza” tra le persone per rendere efficace l’avvertimento se si è venuti a contatto con una persona positiva al Covid-19 e non quella di seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole, perché questo “creerebbe rilevanti problemi di sicurezza e privacy” (si v. la raccomandazione della Commissione europea dell’8 aprile 2020 contenente una serie di misure e azioni che mirano a sviluppare un approccio comune dell’Ue per l’utilizzo di applicazioni e dati mobili in risposta alla pandemia di coronavirus: una toolbox contente regole per il sistema di tracciamento).
La tutela della privacy viene in rilievo, così, quale criterio fondamentale per la scelta dell’app governativa per il controllo tempestivo del livello di esposizione al rischio delle persone e conseguentemente dell’evoluzione dell’epidemia Covid-19 sul territorio. Il governo, dunque, nel bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e la lotta alla diffusione dell’epidemia sembrerebbe aver scelto, laddove sia confermato che i dati inseriti non possano essere riutilizzati dalla società, la soluzione meno invasiva per i cittadini, garantendo la tutela piena della privacy.
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