L’esigenza di identificare i palestinesi ha spinto gli israeliani ad adottare diverse misure di identificazione mediante riconoscimento facciale, soprattutto nel territorio della Cisgiordania. I rischi a cui è sottoposta la tutela della privacy sono innumerevoli: bisogna infatti effettuare un bilanciamento tra essa e la necessità di garantire una maggiore sicurezza nel Paese.
Al fine di monitorare i palestinesi, l’esercito israeliano ha recentemente introdotto un sistema di controllo mediante riconoscimento facciale in Cisgiordania.
Attraverso l’applicazione per smartphone, Blue Wolf, gli stessi soldati fotografano i visi dei palestinesi. Quest’applicazione li confronta poi con quelli presenti in un apposito database, contenente migliaia di volti: è il sistema stesso a indicare, mediante diversi colori, se una persona deve essere detenuta, arrestata o lasciata in libertà. Tale database è a sua volta collegato ad un altro, il Wolf Pack, che contiene le informazioni personali di tutti i palestinesi in Cisgiordania (foto, dati familiari, informazioni sul grado di istruzione e di sicurezza di ognuno).
Tali informazioni sono state direttamente fornite da alcuni ex soldati israeliani, intervistati in forma anonima, che hanno dichiarato di essere stati loro stessi coinvolti per fotografare i palestinesi e che coloro che avessero scattato il maggior numero di fotografie avrebbero avuto diritto ad un premio.
L’esercito israeliano ha inoltre provveduto a istallare delle telecamere nella città di Hebron per identificare i palestinesi. Una rete di telecamere a circuito chiuso, nota come Hebron Smart City, monitora in tempo reale la popolazione, a volte rendendo possibile vedere persino all’interno delle case private.
L’utilizzo di tali sistemi ha suscitato notevoli opposizioni, tra cui quelle dell’agenzia governativa incaricata di proteggere la privacy. Si lamenta in modo diffuso una grave violazione dei diritti fondamentali e del diritto alla privacy, che ha addirittura condotto diversi israeliani a trasferirsi da luoghi eccessivamente controllati.
Nello stesso territorio della Cisgiordania viene utilizzata dai coloni ebrei un’altra applicazione, White Wolf, al fine di identificare i palestinesi prima che accedano a determinati luoghi, come un insediamento per effettuare dei lavori o altre attività.
Un’ulteriore iniziativa adottata consiste nell’utilizzo di un programma pubblico di riconoscimento facciale nei principali checkpoint di accesso per i palestinesi in Israele. Mediante una scansione dei documenti di identità e dei volti, ma anche delle targhe dei mezzi di trasporto, viene verificato se un palestinese è autorizzato ad entrare nel territorio israeliano e per tracciare entrate e uscite.
Tali sistemi non sono tuttavia esenti da errori: può accadere infatti che alcuni individui siano ritenuti pericolosi per una errata identificazione.
Oltre alle resistenze e alle perplessità relative alla mancata tutela della privacy, molti attivisti impegnati nella tutela dei diritti umani ritengono tali misure degli strumenti di oppressione e sottomissione del popolo palestinese, rispetto a cui la tutela dei diritti fondamentali non è garantita (ne abbiamo già parlato qui, qui e qui). È necessario dunque procedere ad un bilanciamento di interessi, solo così la lotta al terrorismo può essere efficacemente perseguita.
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