La Corte dei Conti ha descritto lo stato del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, enfatizzando il deficit infrastrutturale e di alfabetizzazione informatica del paese, la frammentarietà degli interventi legislativi, l’assenza di adeguato coordinamento delle diverse politiche di innovazione e degli acquisti informatici.
Con il Referto sull’informatica pubblica le Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti hanno analizzato lo stato di attuazione degli obiettivi di innovazione delle Pubbliche amministrazioni italiane, valutando l’effettivo utilizzo delle risorse allocate per l’innovazione e i risultati raggiunti dalle pubbliche amministrazioni.
Il Referto prende in esame le azioni messe in campo dal legislatore a partire dall’emanazione della prima stesura del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) nel 2005, l’attuazione dell’agenda digitale, l’operato dell’Agid, le statistiche in tema di procedure di aggiudicazione aventi a oggetto hardware e software necessari per l’implementazione informatica, la proliferazione della moltitudine di data center pubblici, nonché i costi e i risultati di alcuni servizi on line (Spid, Anpr, Cie, fse, fatturazione elettronica, anagrafe tributaria, sistema SIOPE + e IPA).
Il delineato quadro del livello di innovazione delle pubbliche amministrazioni italiane non appare confortante e risulta caratterizzato da una significativa dicotomia: mentre la disponibilità di servizi pubblici digitali nel nostro paese risulta soltanto lievemente al di sotto della media europea, l’effettivo utilizzo dei servizi on line da parte dei cittadini è estremamente ridotto (l’Italia si colloca al penultimo posto fra i paesi europei).
Secondo i Giudici contabili il ritardo del nostro paese nella digitalizzazione dei servizi è causato da una moltitudine di fattori, non tutti riconducibili alle pubbliche amministrazioni, persistendo nel territorio un deficit infrastrutturale, una scarsa alfabetizzazione informatica (determinata anche da fattori generazionali) e un limitato utilizzo di internet da parte della popolazione (gli internet users italiani rappresentano il 69% della popolazione, significativamente inferiore rispetto a una media europea dell’81% o al 93% dell’Inghilterra).
Tra gli elementi di criticità, assume un rilievo significativo l’approccio eccessivamente “episodico e non organico, sicuramente non strategico e non prioritario” delle pubbliche amministrazioni, determinato dalle ripetute modifiche legislative e organizzative delle strutture centrali preposte a governare il fenomeno, dall’inadeguatezza del coordinamento nazionale (acuita dalla necessità di coinvolgere anche gli enti locali), da una scarsa capacità di controllo della qualità della spesa, nonché dalla mancanza di adeguate competenze interne in grado di assicurare un efficace presidio dei progetti e dei fornitori.
La Corte, invero, ha registrato (confermando i rischi rilevati anche dalle istituzioni europee) un’eccessiva frammentazione e duplicazione degli interventi, una scarsa interoperabilità e integrazione dei servizi sviluppati ed un inadeguato monitoraggio della spesa, dell’attività contrattuale e dei servizi resi.
I Giudici contabili criticano anche la pluralità delle figure istituzionali attualmente chiamate a garantire la trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni, la complessa ripartizione di competenze nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda digitale europea e, più in generale, la mancanza di un adeguato coordinamento della strategia nazionale tra AgID, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero per l’Innovazione, Dipartimento della funzione pubblica e Dipartimento per la trasformazione digitale.
Un approccio organico all’intero processo di gestione dell’ICT pubblica secondo la Corte potrebbe favorire la razionalizzazione dei data center (con un risparmio di oltre 840 milioni), l’interoperabilità di dati certi e condivisi, il riuso degli applicativi, nonché l’effettiva possibilità di attuare in favore dei privati il c.d. principio del once only, con ciò consentendo la fattiva realizzazione dell’interoperabilità e della gestione del “dato”, certo e condiviso, con i conseguenti benefici in termini di efficienza della Pubblica Amministrazione.
Un ulteriore elemento di criticità è individuato nella concreta gestione delle risorse messe a disposizione per garantire l’informatizzazione dei servizi on line. Nonostante, l’Italia abbia fatto registrare negli ultimi anni il rapporto tra ricerca e innovazione e Pil tra i più bassi d’Europa, il ritardo non sembra attribuibile all’insufficienza delle risorse pubbliche, quanto piuttosto all’utilizzo limitato e irrazionale delle risorse.
I Giudici contabili criticano, oltre alla mancanza di un coordinamento delle strategie di acquisto, l’assenza di procedure adeguate che considerino il rischio dell’obsolescenza nelle forniture I.C.T., l’eccessivo ricorso, in assenza dei presupposti, delle stazioni appaltanti alle procedure negoziate ai fini dell’affidamento di appalti pubblici nel settore, nonché l’assenza di controlli, preventivi e successivi che determinano una duplicazione di costi e, in alcuni casi, a causa della mancanza di adeguate competenze tecnologiche interne, spese inutili.
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