Facciamo esercizi di futurologia, non di profezia. E per farli, bisogna partire da una diagnosi di quel che è accaduto. Non è la peggiore pandemia della storia del pianeta. Ma mai fenomeno è stato tanto immediatamente globale e globalmente vissuto e percepito, con tanto immediata partecipazione agli eventi e al dolore.
Per la prima volta nella storia, la sperata vittoria (per la vita) sarà all’origine di una più cocente sconfitta (per l’economia). E la sconfitta sarà un danno autoinferto: siamo noi stessi che ce lo stiamo infliggendo, per evitarne uno peggiore.
Per la prima volta anche paesi di antica formazione liberale hanno accettato limitazioni che neppure le più feroci dittature hanno imposto, come quelle alla libertà di circolazione, di andare e di venire, anche scegliendo le libertà sospese (ad esempio, quella di culto) e quelle rispettate (ad esempio, quella di stampa).
Per la prima volta il mondo di ciascuno si è rimpicciolito. In trenta giorni il mondo è cambiato.
Continua a leggere l’intervista a Sabino Cassese pubblicata sul quotidiano il Foglio del 28 aprile.