Il guasto al telefono o alla linea telefonica, quale che ne sia la durata, non costituisce violazione di alcun diritto della persona costituzionalmente garantito: il suo avverarsi non può perciò legittimare alcuna pretesa al risarcimento di danni non patrimoniali. E ciò, da un lato, perché la forzosa rinuncia al godimento di un bene materiale non costituisce lesione di un diritto alla persona qualora non sia essenziale quoad vitam; dall’altro, perché l’impedimento dell’uso del telefono non menoma né la nostra dignità, né la nostra libertà, né costituisce violazione di alcuna libertà costituzionalmente garantita, e tanto meno di quella di comunicare, posto che nulla vieta di servirsi di altri mezzi per superare il problema (primo tra tutti, un telefono sostitutivo).
Immaginiamo di vivere in un paesino italiano di provincia di poco più di 2 mila abitanti.
Immaginiamo altresì di avere stipulato un contratto di utenza telefonica cd. fissa con la società A e di accettare poi l’offerta della società B, che ci ha rintracciato e ci ha convinto a cambiare gestore.
Immaginiamo ora di avvalerci del nostro diritto al ripensamento e di recedere, quindi, dal nuovo contratto prima che questo diventi operativo.
Succede che non riusciamo a usufruire del telefono fisso (e, dunque, della linea internet da esso dipendente) per 9 mesi circa, a causa del mancato ripristino del servizio da parte della società A (quella che avevamo tradito e da cui poi siamo tornati una volta che abbiamo esercitato il diritto al recesso, per intenderci).
Ipotizziamo, a questo punto, di rivolgerci al giudice al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti (patrimoniali e non patrimoniali) per non avere potuto disporre di una linea telefonica fissa funzionante per circa un anno.
In particolare, per quanto attiene ai danni non patrimoniali, immaginiamo di chiedere al giudice il ristoro dei danni che abbiamo dovuto sopportare a causa della lesione del nostro diritto fondamentale, e costituzionalmente garantito, a disporre di un servizio di telefonia fissa presso la nostra abitazione: faremo leva sul fatto che la categoria dei diritti fondamentali della persona si evolve con il trascorrere del tempo.
Ebbene: il giudice, che verosimilmente seguirà i precedenti sull’argomento, si allineerà alla recente ordinanza della Corte di cassazione n. 17894 dell’agosto 2020, e, sebbene accoglierà la domanda di risarcimento del danno patrimoniale debitamente provato, rigetterà la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale che abbiamo avanzato.
Ci dirà che il guasto al telefono o alla linea telefonica, quale che ne sia la durata, non costituisce violazione di alcun diritto della persona costituzionalmente garantito, e che il suo avverarsi non può perciò legittimare alcuna pretesa al risarcimento di danni non patrimoniali.
Riterrà, infatti, che se è vero che i diritti fondamentali della persona costituiscano un catalogo aperto, è altrettanto vero che ciò non vuol dire che ogni qualvolta la tecnica o gli usi facciano sorgere nuovi commoda, la pretesa d’avvalersene assurga automaticamente al rango di diritto fondamentale della persona.
Preciserà, più nel dettaglio, a) che la forzosa rinuncia al godimento di un bene materiale non costituisce, di norma, lesione di un diritto alla persona, posto che i beni materiali di cui siamo stati privati non sono essenziali quoad vitam, così come lo sono invece l’acqua, l’aria, il cibo, l’alloggio, i farmaci; b) che l’impedimento dell’uso del telefono non ha menomato né la nostra dignità, né la nostra libertà, né ha costituito violazione di alcuna libertà costituzionalmente garantita, e tanto meno di quella di comunicare, posto che nulla ci avrebbe vietato di servirci di altri mezzi (primo tra tutti, un telefono sostitutivo).
In altre parole, rileverà che non potremo confondere il diritto a comunicare, che ha copertura costituzionale, con il diritto a comunicare con un solo e determinato telefono, che copertura costituzionale non ha.
Non ci converrà, dunque, adire il giudice, per ottenere tutela sul piano non patrimoniale; ci converrà piuttosto acquistare un telefono sostitutivo e chiedere ad altra compagnia presente in zona di attivare lei, in luogo della compagnia inadempiente, previa stipula di un nuovo contratto, il servizio di telefonia fissa.
Probabilmente, l’esito della vicenda sarà diverso se al giudice faremo notare che la nostra zona di residenza non è notoriamente coperta da altri servizi di comunicazione e che dunque il telefono fisso è l’unico mezzo che abbiamo a disposizione per comunicare con l’esterno, visto che il segnale di rete cellulare nella nostra zona è assente.
In altri termini, la questione potrebbe avere esito diverso, forse, se facessimo notare al giudice che, se pure ci dotassimo di un telefono sostitutivo -ad es., uno smartphone-, non riusciremmo comunque a soddisfare il nostro diritto (costituzionalmente garantito) a comunicare (con tutto ciò che ne consegue sulla messa in forse degli altri diritti fondamentali costituzionalmente tutelati -si consideri l’impossibilità di rintracciare un’ambulanza per richiedere il tempestivo necessitato intervento-).
In questi casi è difficile negare che diritto a comunicare e diritto a comunicare con un solo, specifico telefono coincidano: si tratta di profili che appaiono dirimenti.
In verità, questi ultimi profili ricorrevano anche nel caso deciso dalla Corte di cassazione cui stiamo immaginando i giudici aditi si uniformeranno nel decidere dei casi simili che saranno portati al loro vaglio; tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi nel senso suddetto, non li ha considerati: lo afferma espressamente nel punto 4.4 della pronuncia, in cui qualifica inammissibili, perché in punto di fatto, le deduzioni di questo tipo, rappresentante dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Lecito dunque chiedersi se le decisioni giurisdizionali saranno differenti nel caso in cui le suddette deduzioni in fatto saranno invece ammissibili: non resta che monitorare la giurisprudenza sull’argomento; giurisprudenza che, in casi in cui gli elementi di cui s’è detto non esistevano, aveva già escluso che i disagi e i fastidi eventualmente incontrati (dall’utente) potessero impingere direttamente nella tutela della libertà e sicurezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione “, non mancando di aggiungere, però, che ai fini dell’esclusione del risarcimento del danno non patrimoniale non poteva trascurarsi anche “la molteplicità dei mezzi disponibili” per sopperire ai disservizi del gestore telefonico (indirettamente riconoscendo, quindi, ci sembra, che la mancanza dei mezzi alternativi ben possa portare a decisioni differenti).
Nel frattempo, bisogna in ogni caso sperare che gli operatori di telefonia non si sentano legittimati a procurare disservizi, posto che in quest’ottica appaiono sollevati, quantomeno qualora l’utente possa risolvere il problema tramite altri mezzi disponibili (e, dunque, nella maggior parte dei casi), dal dovere di ripristinare immediatamente la linea telefonica non funzionante.
Sarà inoltre interessante verificare se, come e quanto la pronuncia inciderà sul diverso (ma spesso connesso, o comunque non del tutto dissimile) interesse dell’utente a usufruire di una linea internet funzionante.
L’emergenza sanitaria ha reso evidente quanto l’accesso a Internet costituisca il presupposto necessario per potere vivere appieno la cittadinanza: una rete non funzionante incide negativamente, senza alcun dubbio, sul soddisfacimento di numerosi diritti costituzionalmente garantiti (quello al lavoro, ad esempio, quello alla salute, pure, quando i servizi offerti siano usufruibili solo per il tramite del web; ma anche quello al pieno sviluppo della propria personalità, perché no, qualora questa debba per forza passare per il tramite di una socialità virtuale e… “riunioni zoom”).
Tuttavia, se si riterrà che il diritto fondamentale sia solo quello ad accedere a internet, e non anche quello a usufruire di una rete funzionante, non sarà inverosimile attendersi una applicazione analogica del principio de quo anche a fattispecie di questo tipo.
Dunque, anche in questo caso il risarcimento del danno non patrimoniale potrà essere escluso nel caso in cui l’utente fosse in condizione di dotarsi di strumenti alternativi atti ad assicurargli il soddisfacimento dei diritti per il tramite del web (si consideri il guasto a una rete wi-fi, che ben può essere superato grazie a un utilizzo della rete internet sul proprio cellulare, o per il tramite di router portatili).
Se così sarà, anche in tali ipotesi, al fine di legittimare la propria richiesta di risarcimento danni, si dovrà dunque far leva sulla impossibilità di munirsi di mezzi alternativi validi, grazie alla rappresentazione di elementi in fatto che offrano al giudice gli strumenti adeguati per comprendere che il diritto fondamentale ad accedere a internet, nel caso di specie, passava necessariamente per il diritto a usufruire di quella rete internet non funzionante.
Che te ne fai di un garantito diritto ad accedere a internet, dopotutto, se poi, quando vi accedi (recte, tenti di accedervi), la linea che dovrebbe assicurarti la navigazione (quell’unica linea atta ad assicurarti la navigazione sul web), concretamente, non funziona?