Ecco come “La Stampa”, giornale vicino alla Fiat, presentava il nuovo governo Moro di centro-sinistra organico nel dicembre 1963. Il giornale torinese era stato, tra i grandi quotidiani nazionali, tenacemente a favore dell’alleanza tra democristiani, laici “minori” e socialisti. Nel pezzo sono colte alcune delle novità del nuovo esecutivo.
Piccole curiosità
Piccole curiosità sul nuovo governo E’ composto di 68 parlamentari dei quali 42 sono democristiani, 16 socialisti, 8 socialdemocratici e 2 repubblicani. Per la prima volta fanno parte del Gabinetto due donne. L’età media dei membri del governo supera di poco i 45 anni.
Una nitida e curiosa radiografia del governo Moro è stata fatta nel «transatlantico» di Montecitorio, dopo che sabato sera se ne completò la struttura con la nomina di quarantadue sottosegretari di Stato. Eccola. Nel suo insieme, il Gabinetto risulta formato da 68 parlamentari, 42 dei quali sono democristiani, 16 socialisti, 8 socialdemocratici e 2 repubblicani. La radiografia rileva poi che nel nuovo governo c’è un certo equilibrio tra i deputati, che sono 49, e i senatori che sono 19. Tra i sessantotto membri del governo vi sono anche due donne, due deputate: Maria Badaloni, una organizzatrice sindacale democristiana di insegnanti, riconfermata quale sottosegretaria di Stato alla Pubblica Istruzione, e la socialista Maria Vittoria Mezza, una modenese già dirigente del movimento femminile del suo partito, che per quasi un quinquennio ha pure fatto la resocontista parlamentare dell’ «Avanti!». La on. Mezza è stata nominata sottosegretaria all’Industria e Commercio, a fianco di altri due giovani deputati democristiani: Danilo De Cocci e Franco Maria Malfatti. I tre saranno collaboratori del nuovo ministro dell’Industria e Commercio, sen. Giuseppe Medici, il quale è ministro per la decima volta. Da quando, nell’immediato dopoguerra il Gabinetto si fece promotore del voto alle donne alcune entrarono in Parlamento, e non passò molto che una di esse fu chiamata a responsabilità ministeriali, precisamente Angela Maria Cingolani Guidi, che De Gasperi fece nominare sottosegretaria in uno dei suoi Gabinetti degli anni cinquanta; ma è la prima volta che di un governo facciano parte due donne.
Tra i ministri e i sottosegretari ci sono molti giovani, tanto che l’età media dei componenti del Gabinetto pare superi di poco i quarantacinque anni. Dei ministri il più giovane continua ad essere l’on. Emilio Colombo, che ha quarantatre anni e mezzo. «Sono più giovane del collega Carlo Russo di undici giorni e, per questo, assunsi le funzioni di segretario del Consiglio dei ministri nella prima riunione. Fino a quando non venne nominato l’on. Salizzoni», cosi ha detto l’on. Colombo, il quale, con una punta di vanità, ha precisato che dal 1955 è la nona volta che ricopre la carica di ministro. Decano del governo Moro è il sen. Angelo Raffaele Jervolino, che ha compiuto 73 anni, mentre il più giovane componente è l’on. Riccardo Misasi, neo-sottosegretario al ministero di Grazia e Giustizia che ha appena oltrepassato i 31 anni di qualche mese. Lo stesso presidente del Consiglio on. Moro è relativamente giovane: ha 47 anni; il neoministro del Bilancio, on. Antonio Giolitti, che forse a causa della sua magrezza sembra giovanissimo, ha tenuto a precisare: «Non sono più giovane, ma più anziano di Moro, infatti ho compiuto nel febbraio scorso 48 anni. L’on. Giolitti è diventato ministro alla stessa età del nonno, lo statista di Dronero, Giovanni Giolitti.
Tra quarantotto ore il governo Moro si presenterà al Parlamento. Mette conto di richiamare l’attenzione su di un fatto: prima che Moro legga a Montecitorio ed a Palazzo Madama le comunicazioni programmatiche del governo, sarà solennemente commemorato il presidente Kennedy. Kennedy era stato sempre, persino con espliciti accenni, favorevole ai governi del tipo di quello che si è formato in Italia. Nel rapido incontro che nell’estate scorsa egli ebbe con Nenni a Roma gli disse: «Lei è l’uomo dell’avvenire». E a quella battuta del Presidente americano il viso di Nenni si distese in un sorriso di evidente compiacimento.
La Stampa, martedì 10 dicembre 1963