Il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, che regola il piano Cashback previsto per incentivare i pagamenti elettronici. Via libera al rimborso del 10% su ogni acquisto per chi ne effettua almeno 50 in sei mesi, ma solo tramite “App IO”, l’unica approvata dal Garante privacy, e non prima che il Ministero indichi il soggetto deputato al controllo e come verranno conteggiati gli acquisti, per evitare suddivisioni artificiose.
Il nuovo piano Cashback è stato approvato anche dal Consiglio di Stato, lo scorso 3 novembre, con parere favorevole reso sullo schema di decreto presentato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che ne regola i criteri e le condizioni per l’attribuzione dei bonus destinati a chi utilizzerà gli strumenti di pagamento elettronici.
Tale sistema prevede che venga rimborsato il 10% di ogni pagamento a coloro che volontariamente si siano registrati sull’apposita app (l’unica fino ad ora analizzata ed approvata dal garante Privacy) e che abbiano realizzato almeno 50 transazioni con strumenti di pagamento elettronici su base semestrale sino a una soglia massima complessiva di 1.500,00 euro per semestre.
La partecipazione all’iniziativa è espressamente prevista “su base volontaria” e necessita della registrazione, in una apposita applicazione, del proprio codice fiscale e degli estremi identificativi di uno o più strumenti di pagamento elettronici da parte del soggetto aderente.
Per questo motivo, nel dare il proprio parere favorevole, il Consiglio di Stato ha precisato che l’utilizzo di sistemi alternativi alla suddetta “App IO” deve essere sottoposto all’esame preventivo del Garante per la privacy, stante l’evidente impatto del regolamento sulla delicata materia della protezione dei dati personali.
Il Consiglio di Stato ha, inoltre, chiesto che il Ministero indichi chiaramente il soggetto deputato al controllo e chiarisca, in modo quanto più preciso possibile cosa si intenda per “medesimo acquisto”, quindi, se questo sia riferibile all’acquisto di un bene singolo o “se in tale nozione, rientri anche l’ipotesi di acquisto simultaneo di plurimi beni presso il medesimo esercente in un certo arco temporale, anche al fine di meglio comprendere quando un frazionamento del pagamento possa considerarsi ‘artificioso’”.
Del tutto condivisibilmente, poi, il Consiglio di Stato raccomanda che, nell’implementazione di tale sistema, venga garantito il pieno rispetto del principio di minimizzazione, ritenendo all’uopo opportuno prevedere, altresì, che gli aderenti possano verificare, tramite il sistema informatico, il rimborso spettante e la posizione nella graduatoria.
Il piano Cashback, elaborato al fine di incentivare l’utilizzo di strumenti di pagamenti elettronici (e-payment), si inserisce a pieno titolo nell’ambito delle nuove soluzioni studiate dal decisore pubblico, in un’ottica di semplificazione digitale, pensate per facilitare i servizi online della Pubblica amministrazione, nonché i controlli e, quindi, la trasparenza e tracciabilità delle transazioni in denaro.
In tale ottica, si prevedono effetti diretti positivi sulla finanza pubblica in termini di diminuzione del costo del denaro contante e, potenzialmente, di riduzione e contrasto all’economia sommersa.
Nell’implementazione di tale sistema, si rende, quindi, necessario, il massimo rispetto della privacy e dell’adeguatezza dei dati, vale a dire proporzionalità rispetto alle finalità per la quale sono raccolti, pertinenza dei dati rispetto alle finalità precedentemente definite, nonché limitazione dei trattamenti solo per il raggiungimento delle finalità (su questo tema “Immuni e tutela della privacy: “un nodo irrisolto””, già su questo osservatorio).
Il dubbio, tuttavia, sull’efficacia di tali sistemi digitali purtroppo permane vivo, non solo perché abbiamo già assistito, più volte, alla disfunzione dei software prescelti dall’Amministrazione per rendere i propri servizi online (si pensi alla testimonianza diretta dell’“Odissea telematica” vissuta in occasione del “Click day” dello scorso ottobre, descritta su questo Osservatorio, oppure al mancato funzionamento del sistema di tracciamento dell’App “Immuni”, prescelta dal Governo come strumento digitale nella lotta alla diffusione del virus Covid-19), ma anche perché rimangono alcuni “nodi di fondo”, legati alla stratificazione di sistemi ovvero alla parcellizzazione delle visioni, che, troppo spesso, ricorre nella vita nazionale, che si ripercuotono con effetti negativi e dissuasivi, alterando quello che è già stato definito come il “piccolo mondo” dell’identità digitale (vedi su questo Osservatorio).
Di questo passo, possiamo davvero parlare di semplificazione digitale?
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