Il ‘Chi è Chi’ della tecnologia nell’amministrazione italiana – il caso del Ministero dell’università e della ricerca

Qual è lo stato di avanzamento delle amministrazioni italiane nella pratica tecnologica? A che punto siamo? Conosciamo i dati aggregati, sappiamo quali lacune è urgente colmare e quali obiettivi considerare prioritari. Manca invece – o è approssimativa – un’analisi granulare, attenta alla permeabilità delle amministrazioni italiane rispetto le tecnologie di uso corrente. Il censimento dell’Osservatorio propone una preliminare, ma necessaria, mappatura delle tecnologie in uso nelle pubbliche amministrazioni centrali, a servizio di cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. In questo post presentiamo il Ministero dell’Università e della ricerca. L’analisi include 95 casi, relativi, per la maggior parte, all’uso di procedure digitali (75,8% che sale a circa l’89,5% se si considerano i casi nei quali la procedura digitale si abbina ad altra tecnologia).

 

L’analisi delle tecnologie in uso presso il Ministero dell’Università e della Ricerca (qui i 3 screenshot dell’indagine: n. 1, n. 2, n. 3) è stata condotta, in una prima fase, attraverso la consultazione del sito istituzionale: questa ha consentito di censire una decina di casi. Successivamente, i dati raccolti sono stati sottoposti alla verifica dell’amministrazione stessa. Questa, in esito a una ricognizione interna, ha compilato e restituito all’Osservatorio le schede relative all’uso delle tecnologie presso ciascuna delle tre direzioni generali nelle quali si articola il Ministero: la direzione generale ricerca-DG ricerca; la direzione generale per lo studente, lo sviluppo e l’internazionalizzazione della formazione superiore-DGSINFS, la direzione generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istituzioni della formazione superiore-DGFIS.

I casi censiti dall’amministrazione sono 95. La DGSINFS ne conta 46; la DG-ricerca, 30; la DGFIS, 19.

Largamente prevalente è l’uso di procedure digitali (72 casi che salgono a 85 se si considerano quelli in cui la procedura digitale si abbina ad altra tecnologia); il ricorso all’identità digitale (in totale 18 occorrenze) riguarda prevalentemente la DG-ricerca, ma si abbina per lo più con la procedura digitale (l’abbinamento si presenta 13 volte, come avviene, per esempio, per la gestione dei progetti Contamination-Lab (CLAB) e l’erogazione del contributo ai soggetti beneficiari); blockchain, ticketing e pagamento elettronico, invece, ricorrono complessivamente solo 5 volte. La varietà, quindi, è nettamente inferiore a quella rilevata per il Ministero dell’interno (ne abbiamo parlato qui).

Secondo la terminologia adottata in questa indagine, l’uso della tecnologia è in buona parte esterno (41 casi su 95), ma ci sono 31 casi nei quali è solo interno e 23 nei quali è misto (interno/esterno). La partecipazione degli interessati riguarda 67 dei 95 casi, ma nella lettura di questo dato si deve tenere conto che in un buon numero di volte il Ministero stesso ha classificato quali “partecipanti” gli uffici della propria amministrazione o di altre amministrazioni che intervengono nel procedimento. Altre volte, invece, la partecipazione riguarda le amministrazioni vigilate dal MUR (soprattutto, le Università e le AFAM). Quanto al fornitore della tecnologia, sono pochi, e limitati alla DG ricerca, i casi di outsourcing (5) o quelli misti, outsourcing/in house (3), mentre tutti i rimanenti sono in house.

Detto dei numeri complessivi, può essere interessante aggiungere qualche considerazione circa il merito delle tecnologie censite.

Innanzitutto, ci sono casi importanti nei quali forma oggetto di digitalizzazione l’intera sequenza procedimentale. È il caso, per esempio, dell’acquisizione dei pareri del CUN ai fini delle successive delibere ministeriali; o quello della gestione delle procedure di equipollenze e riconoscimento di titoli esteri, della predisposizione dei relativi decreti e della loro trasmissione all’interessato. Altre volte, invece, non è digitalizzato l’intero procedimento, ma solo la fase finale di adozione del provvedimento e della sua trasmissione agli interessati: così avviene, per esempio, per la predisposizione dei decreti di autorizzazione dei corsi accademici di primo e di secondo livello e della successiva trasmissione alle Università.

Oltre a quelli finali, anche alcuni importanti procedimenti strumentali formano oggetto di digitalizzazione: per esempio, quelli di impegno e liquidazione relativi alla gestione delle risorse finanziarie gestite dall’ufficio, attraverso il sistema SICOGE; o la piattaforma per la gestione della rilevazione delle presenze del personale dell’ufficio.

Altre volte, invece, la digitalizzazione si risolve nella pubblicazione del provvedimento adottato in esito al procedimento: si veda ad esempio il caso della pubblicazione degli incarichi conferiti agli esperti tecnico-scientifici per la valutazione dei progetti di ricerca.

Altre volte, ancora, è l’atto di avvio del procedimento ad essere informatizzato, come avviene per il modulo di domanda per l’accesso al beneficio disposto, nel quadro dei provvedimenti preordinati a fronteggiare le conseguenze della pandemia da COVID 19, dall’art. 100, comma 3, del decreto-legge n.18/2020 (si tratta della domanda che possono presentare i beneficiari di crediti agevolati da parte del Ministero per la sospensione di sei mesi delle rate di luglio 2020, gennaio 2021 e luglio 2021); per il modulo di domanda per la partecipazione all’Abilitazione scientifica nazionale o di quello per la presentazione alle elezioni del CUN. Di casi analoghi abbiamo parlato a proposito del MIPAAF (si veda QUI).

Un quarto tipo di casi riguarda quelli nei quali la digitalizzazione è preordinata a intrattenere rapporti con l’utenza, con le istituzioni vigilate, con l’Avvocatura dello Stato in relazione al contenzioso che riguarda il Ministero: è comune lo strumento (la mail o la pec), molto differenti, come è facilmente intuibile, i fini perseguiti.

 

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