La pubblicazione di un report della Banca centrale europea sulla possibile adozione di una versione digitale della moneta unica segnala il concreto interesse per un progetto che, coniugando definitivamente moneta e tecnologia, potrebbe trasformare il rapporto tra cittadini e istituto di emissione. Opportunità e rischi di tale iniziativa sono al centro dell’esplorazione in corso a Francoforte, ma il percorso sembra ormai avviato e potrà difficilmente arrestarsi, anche alla luce delle evoluzioni in atto in numerose altre giurisdizioni. Brevissimo vademecum per la lettura.
L’arte di maneggiare sapientemente le parole costituisce requisito imprescindibile per il buon banchiere centrale. Dosare i messaggi, calibrare le enfasi, mettere in luce i nodi e spingere interlocutori e lettori a leggere tra le righe, costituiscono esercizio essenziale dell’azione di salvaguardia della fiducia nel bene monetario. Si tratta di una cura che, in anni recenti, è venuta sempre più rivolgendosi anche al grande pubblico, specie in ragione della sovraesposizione che ha interessato le maggiori banche centrali del mondo nei frangenti di diffusa instabilità.
L’attenzione verso i messaggi impliciti ed espliciti emerge chiaramente dalla lettura di un recente rapporto della Bce, pubblicato il 2 ottobre scorso, dedicato a un argomento sempre meno esotico quale quello dell’emissione di una moneta digitale di banca centrale. Il tema è delicato e complesso, dati i possibili risvolti per l’uso corrente della moneta da parte di cittadini, imprese e istituzioni: dovrebbe quindi sollecitare l’interesse non dei soli addetti ai lavori, ma del pubblico europeo e oltre. Ciò perché, sebbene sia chiaro come opportunità e rischi debbano ancora essere attentamente esplorati e ponderati, l’interesse concreto di Francoforte verso l’euro digitale risulta ormai del tutto evidente.
Il rapporto raccoglie gli esiti preliminari del lavoro di un gruppo di esperti dell’Eurosistema in merito alla possibile emissione di una moneta digitale di banca centrale (CBDC) nell’UE. Il documento approfondisce quattro elementi: le ragioni e gli scenari che potrebbero condurre a dare corso a tale scelta; le implicazioni legali ed economiche, nonché le possibili configurazioni dell’euro digitale; le infrastrutture tecnologiche necessarie al suo funzionamento e le interrelazioni con l’attuale meccanismo di emissione; le prospettive di ulteriore approfondimento in vista (follow-up work).
Conviene partire proprio da quest’ultimo elemento.
Alla luce della posta in gioco, il lancio del progetto di una CBDC europea presuppone due elementi. Il primo è una piena acquisizione dei punti di vista di istituzioni, cittadini e operatori direttamente coinvolti, teso a supportare la definizione di scelte di policy equilibrate: la BCE intende sviluppare un progetto che tenga conto delle diverse visioni in gioco, consapevole dell’esigenza di dover soddisfare gli interessi di un’ampia platea di stakeholders. Il secondo è la sperimentazione: ancorché a circolazione parallela a quella delle attuali forme di valuta, la futura moneta digitale dovrà essere oggetto di test volti ad asseverarne l’adeguatezza e la capacità di rispondere ai bisogni di tutti gli utenti; con cautela, il rapporto sottolinea che il lancio di queste attività non avrà però come effetto quello di «pre-empt decisions or commit the Eurosystem to providing a digital euro».
L’orizzonte delle scelte non appare, però, di lungo periodo. Intorno alla metà del 2021, il Governing Council di Francoforte valuterà se avviare effettivamente il progetto per l’euro digitale, la cui prima fase sarà – comunque – meramente esplorativa. La cautela nella selezione dei vocaboli all’interno del report è ancora una volta evidente: lo scopo dell’analisi preliminare sarà far sì che l’Eurosistema possa essere davvero in grado di emettere una CBDC in maniera sicura «if it decides to do so in the future».
Ma da dove derivano le ragioni di questa attenta ponderazione dei termini impiegati, oltre che dalla consueta circospezione?
In linea di principio, e come si è già cercato di spiegare qui, l’introduzione di una CBDC può avere un effetto disruptive sul meccanismo di trasmissione degli input di politica monetaria e sul sistema di intermediazione finanziaria basato sul ruolo cruciale delle banche private. L’accesso a una moneta digitale può infatti indurre cittadini e imprese a modificare le proprie scelte di allocazione dei risparmi, commutando i depositi bancari in riserve di moneta digitale detenute presso la banca centrale e così stabilendo un contatto diretto con l’istituto di emissione – oggi del tutto impossibile. A ben vedere, però, si tratta di uno scenario concepibile ma di difficile realizzazione: i costi gestionali, così come i rischi, anche di reputazione, per una banca centrale risulterebbero significativi, mentre il sistema finanziario rischierebbe di perdere progressivamente la propria funzione di cinghia di trasmissione tra risparmio privato ed economia reale.
Nel rapporto, vengono delineati, al riguardo, gli scenari in virtù dei quali l’Eurosistema potrebbe orientare la propria decisione di emettere un euro digitale, e le conseguenze per la rispettiva configurazione. Si identificano, a tal proposito, possibili vantaggi in termini di supporto all’evoluzione digitale dell’intero sistema economico, di bilanciamento dell’utilizzo sempre più ridotto del denaro contante, di efficientamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, di riduzione dei rischi legati al diffondersi di forme di moneta digitale private (c.d. stablecoins) e all’erompere di eventi esogeni al sistema finanziario capaci di trasformare le abitudini di interscambio di denaro (come, da ultimo, la stessa pandemia). Allo stesso modo, vengono analizzati i possibili effetti dell’emissione della moneta digitale, ancora una volta per stabilire come mitigare i conseguenti rischi attraverso specifiche caratteristiche della valuta digitale in fieri: le implicazioni spaziano dagli impatti – già ricordati – per il sistema bancario al mantenimento della stabilità finanziaria, dalle modifiche alla composizione e alla rischiosità del bilancio dell’istituto di emissione alle vulnerabilità ad attacchi informatici.
Nell’analisi pubblicata non mancano, poi, considerazioni più strettamente legate alla ricerca di una solida base legale per l’emissione dell’euro digitale e alle implicazioni giuridiche delle sue diverse configurazioni. Con riguardo al primo aspetto, nel rapporto si osserva come l’equiparazione tra banconote e digital euro consentirebbe di individuare nell’articolo 128(1) del TFUE un’adeguata base per riconoscere la competenza esclusiva dell’Eurosistema ad emettere una valuta digitale dotata di corso legale. Quanto al secondo punto, la linea discriminante è data dal grado di apertura all’accesso della nuova valuta: il coinvolgimento diretto del grande pubblico porrebbe infatti problematiche giuridiche inedite, derivanti appunto dalla creazione di un rapporto disintermediato tra banca centrale e soggetti estranei al circuito bancario-finanziario.
La frontiera di un nuovo possibile corso per il sistema monetario non sembra, insomma, lontana per l’Europa. Ne deriverà, di certo, uno sforzo teso alla ricerca di nuovi equilibri istituzionali e nei rapporti tra banca centrale e sistema finanziario, cui sarà verosimilmente delegata buona parte delle attività necessarie al funzionamento e all’effettiva distribuzione dell’euro digitale. È questo un nuovo capitolo dell’affascinante evoluzione dei rapporti tra moneta e tecnologia che viviamo ormai da più di decennio, per certo destinato a mutare alcune tra le nostre più radicate abitudini.
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