Guido Calogero (Roma, 1904-1986), è stato uno degli intellettuali di maggior rilievo del dopoguerra italiano.
Filosofo, antifascista, subì il carcere a Firenze, poi il confino a Scanno, quindi di nuovo il carcere a Bari, perdendo naturalmente la sua cattedra universitaria a Pisa. Fu poi tra i protagonisti di punta della breve ma intensa esperienza del Partito d’Azione. Teorico del liberalsocialismo, fu tra i collaboratori di punta delle riviste della sinistra liberale e laica del dopoguerra, tra le quali appunto “Il Mondo” di Mario Pannunzio.
Frattanto era stato chiamato a insegnare nell’Università di Roma dove si svolse la sua carriera successiva sino al pensionamento. Nella sua vastissima bibliografia spiccano le “Lezioni di filosofia” in tre volumi (1946-48). Nel suo percorso filosofico dominano specialmente gli studi magistrali sulla filosofia antica e emerge il tema chiave del dialogo come fondamento stesso della politica. Ma i suoi interessi si rivolsero anche all’attualità del dopoguerra (fu, con la moglie Luisa, fondatore e a lungo animatore del Cepas, l’istituto alle origini del servizio sociale in Italia).
Un costante impegno in prima persona nel dibattito culturale lo spinse anche a scelte politiche significative (fu per esempio tra i fondatori nel 1955 del Partito radicale e aderì nel 1966 al Partito socialista unificato). Costante fu l’impegno giornalistico, del quale questo articolo del 1962 sul “Mondo” rappresenta una testimonianza.
La Commissione per lo studio e la formulazione della politica di piano, testé insediata dal Presidente del Consiglio e dal Ministro del Bilancio, è senza dubbio da salutare con favore (…). Non si può (…) non augurare il miglior successo a una commissione in cui, oltre a un presidente come Ugo La Malfa, e a un vicepresidente come Pasquale Saraceno, faranno sentire la loro voce, per non dire di altri, uomini come Manlio Rossi Doria, Paolo Sylos Labini, Bruno Zevi. C’è tuttavia una lacuna che sorprende.
Tante volte, anche di recente, si è ripetuto che uno dei problemi fondamentali di ogni pianificazione moderna è quello della quota del reddito nazionale che va investito nell’apparato educativo. (…) Ora, questo problema di priorità e di dosature, non è forse uno dei cardini di qualsiasi possibile politica di piano? (…). Ora, smetterla di restare in coda nel campo, educativo, tra le grandi nazioni civili significa per l’Italia prendere decisioni fondamentali, in sede di pianificazione economica.
E allora, perché, nella Commissione non c’è un solo esperto di problemi della scuola? (…) Perché non si è incluso nella Commissione almeno uno tra coloro che (come Lamberto Borghi, come Aldo Visalberghi), avendoli studiati a fondo, sono anche largamente riconosciuti come uomini di onesta e obiettiva competenza?
La realtà è che da noi la scuola resta sempre la Cenerentola.
Alla fine tutti se ne dimenticano; e fate e principi azzurri ormai non usano più. Mi vado convincendo che, se dopo le prossime elezioni non verrà incluso nel governo (accanto al Ministro della P.I., il quale ha già troppa ordinaria amministrazione a cui attendere, per potersi occupare efficacemente d’altro) anche un Ministro per la Riforma della scuola, così come c’è un Ministro per la Riforma della Pubblica Amministrazione, la scuola italiana resterà sempre quel rudere che ormai è.
Guido Calogero, Il piano della scuola, in “Il Mondo”, 28 agosto 1962.