La concezione, la valutazione e le aspettative riposte nella cd. ‘governance digitale’ in Europa registrano variazioni rilevanti da Paese a Paese, e tra livelli di amministrazione. Individuare un assetto stabile è un passaggio necessario per favorire una adeguata trasformazione digitale delle strutture pubbliche. Uno studio curato dal Joint Research Center della Commissione europea ha esaminato la letteratura esistente sul tema, osservato la casistica esistente, e provato a immaginare i tempi e i passaggi necessari alla transizione digitale delle strutture pubbliche. lo studio offre una prima, importante, risposta agli squilibri e alle contraddizioni che generano i processi di trasformazione.
Nel 2018 il Joint Reserch Center (JRC) della Commissione europea ha avviato un progetto di ricerca dedicato alla transizione digitale dei governi, per comprendere quali fattori concorrono alla trasformazione dell’erogazione dei servizi e dei processi decisionali, in quale misura vi concorrono, e con quali esiti. La ricerca, durata due anni, mirava a offrire ai regolatori pubblici uno strumento utile alla valutazione delle strategie più adatte per avviare sperimentazioni sul digitale. Le riflessioni dello studio, nelle ambizioni degli autori, dovrebbero consentire ai regolatori pubblici di comprendere quali variazioni esistono sul concetto di trasformazione digitale, oltre a padroneggiare le variabili sulla valutazione e sulle aspettative riposte nella governance digitale. In ultima battuta, lo studio offre una risposta agli squilibri e alle contraddizioni che inevitabilmente generano i processi di trasformazione.
Il rapporto conclusivo del progetto si articola in sei capitoli. In parte ricostruisce lo stato dell’arte nel dibattito accademico e istituzionale sulla governance digitale; in parte offre indicazioni ai decisori pubblici che intraprendono percorsi di trasformazione digitale delle strutture o dei processi. Il primo Capitolo descrive le fasi attraverso cui si è sviluppato il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione negli ultimi venti anni. Il Governo 1.0 (caratterizzato dal tentativo di applicare le potenzialità del World Wide Web alla funzione pubblica) si è trasformato prima in Open-government (fondato sulla fruibilità dei dati), poi in Smart-Government (che sfrutta la tecnologia per migliorare la qualità dei servizi), fino all’attuale ‘Transformed Government’. Il passo in avanti della fase corrente rispetto alla precedente, che proponeva un uso ‘intelligente’ della tecnologia, consiste nella capacità di adattamento delle strutture pubbliche alle innovazioni tecnologiche, nel difficile tentativo di sincronizzare l’avanzamento delle prime a quello delle seconde.
In realtà, spiega il rapporto, il concetto di trasformazione non ha ancora una definizione chiara e condivisa. Benché si moltiplichino gli studi sul tema, il perimetro d’indagine e gli obiettivi sono spesso profondamente diversi tra loro. Peraltro, aggiungono gli autori, gran parte della produzione scientifica sul tema della digital governance incontra due limiti. Il primo riguarda il contenuto dell’analisi, spesso normativo o prescrittivo, ma carente dal punto di vista dell’evidenza empirica. Il secondo limite fa riferimento al profilo valoriale dalla trasformazione digitale. La maggior parte degli analisti si concentra sui benefici (attesi) dalla digitalizzazione del settore pubblico, e circoscrive i problemi all’assenza di innovazione.
È dunque necessario uno sforzo ulteriore nella definizione della transizione digitale. Gli autori dello studio propongono di circoscriverne il concetto alle sole tecnologie la cui applicazione produce effetti trasversali sui regolatori pubblici – interessando quindi le strutture, coinvolgendo i processi interni, ma anche le fasi di elaborazione delle decisioni e di erogazione dei servizi all’utenza, ove previsti. Non solo: a seconda del tipo di tecnologia che prendiamo in considerazione, è necessario considerare la variazione della qualità delle trasformazioni prodotte. Il rapporto (Capitolo 3) propone, al riguardo, una classificazione in base a tre vettori: primo, l’impatto sull’efficienza e produttività; secondo, l’incidenza qualità dell’azione pubblica; terzo, i benefici per la trasparenza e legittimità dell’operato dell’amministrazione.
Come superare gli ostacoli esistenti e incoraggiare la trasformazione digitale nel settore pubblico? Gli ultimi due capitoli dello studio passano in rassegna la casistica più innovativa, selezionando esempi di amministrazioni locali e nazionali che hanno ottenuto risultati interessanti dal punto di vista della trasformazione digitale e, talora, hanno messo in luce aree di criticità prima inedite. Ne emergono due osservazioni interessanti. Anzitutto, la prevalenza nell’uso dell’intelligenza artificiale. L’analisi empirica sembra indicare nell’integrazione tra algoritmi complessi ed esercizio del potere pubblico l’area più promettente quanto a capacità di trasformazione e benefici prodotti. In seconda battuta, gli autori notano la ricorrenza di problemi di natura etica, oltre quelli inerenti la tutela della riservatezza dei dati. Per entrambi, le soluzioni proposte sono insoddisfacenti, se non addirittura controproducenti. Ne consegue un rafforzamento del ruolo di guida e orientamento dell’Unione europea – sia nei confronti degli Stati Membri, sia rispetto alla comunità internazionale.
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