Recensione a Garapon A. e Lassègue J., Justice digitale, Puf, 2018.
Gli autori di questo libro hanno scelto di esaminare i problemi della giustizia digitale su un piano teorico, esaminando i profili filosofici, antropologici e sociologici del problema e limitando al minimo, invece, l’esame delle esperienze in corso e gli sviluppi della regolazione e della giurisprudenza.
La prima parte del volume è dedicata a ricostruire gli elementi della digitalizzazione, dalla logica basata sulla correlazione invece che sulla causalità, alle regole del calcolo, alla natura dei dati, sino a configurare una sorta di nuovo diritto naturale (in almeno parziale contraddizione con l’enfasi sulla natura “rivoluzionaria” della digitalizzazione). Un capitolo è dedicato in particolare al rapporto tra blockchain e diritto, soprattutto con riferimento alle possibilità di decentramento e autonomizzazione che la blockchain consente e alla promessa di sicurezza che contiene, peraltro non infallibile, come dimostrano alcuni episodi di furto di somme trasferite mediante il sistema delle criptomonete.
La seconda parte del volume esamina più in dettaglio il rapporto tra digitalizzazione e giustizia e, in particolare, gli effetti sul processo, sui giudici e sulla possibile funzione “predittiva”, ricordando anche i difetti dei sistemi di giustizia predittiva adottati negli Stati uniti. La giustizia che dovrebbe predire il futuro, infatti, spesso è, in realtà, conservatrice e si limita a proiettare il passato, con i suoi retaggi di ingiustizia, discriminazione, disuguaglianza. La stessa natura “predittiva” pone un problema di carattere generale: le persone devono essere giudicate per il fatto che hanno commesso o per la loro personalità e, quindi, ipotetica proclività alla reiterazione di reati?
La natura molto teorica, e spesso astratta, della trattazione consente agli autori di porre e discutere interessanti questioni di carattere generale, ma il mancato esame degli sviluppi fattuali non consente loro di giungere a risultati sul piano ricostruttivo, salva la proposta di sviluppare un nuovo campo di analisi, denominato “droit et mathèmatique” (riecheggiando l’abitudine anglosassone di individuare relazioni fra il diritto e altre discipline, come in “law and economics” o “law and literature”).
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