Gabinetti e consiglieri di Stato ai tempi di De Gasperi

Spigolature dai verbali (le minute) del Consiglio dei ministri di 70 anni fa. Il tema ricorrente è quello della massiccia presenza di molti consiglieri di Stato e componenti della Corte dei conti nei gabinetti, a capo delle direzioni generali e nelle commissioni ministeriali.

Le sedute qui citate sono varie, e così gli interventi dei ministri. L’8 gennaio1951, dopo che Scelba ministro dell’Interno (governo De Gasperi V) ha sollevato il problema, si approva un comunicato apparentemente risolutivo, ma la questione si trascinerà ancora per molti anni, praticamente mai affrontata dai successivi governi. La si ritroverà, poi dopo i governi De Gasperi, nell’epoca dei successori: Pella, Scelba e infine Fanfani (che ne farà oggetto persino di un solenne impegno in sede di presentazione del suo governo in Parlamento).

Di seguito, diversi passaggi dai verbali del Consiglio dei ministri 1951.

8 gennaio 1951

Scelba: Riterrebbe opportuno un provvedimento che escludesse i consiglieri di Stato da tutti gli incarichi estranei al normale esercizio delle loro funzioni, salvo per alcuni particolari incarichi.

Andreotti: Fa presente che è già prevista una limitazione nel provvedimento di legge in corso di esame dinanzi al Parlamenti e non si possono fare ogni due mesi nuovi provvedimenti sulla stessa materia.

Pella: Sarebbe favorevole alla unificazione degli uffici legislativi di tutti i ministeri presso la Presidenza.

[…]

Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri (1859-1976), Verbali delle Adunanze. Minute 1944-1996, b. 34, Adunanza del 8 gennaio 1951 antimeridiana.

E ancora:

Nell’occasione il Consiglio, prendendo atto del voto recente espresso dal Parlamento in sede di legiferazione sul Consiglio di Stato, ha deliberato, a parte l’ovvio rispetti del numero fissato, di non consentire d’ora innanzi collocamenti fuori ruolo se non nei casi strettamente necessari alle esigenze della pubblica amministrazione.

Ibidem, Adunanza dell’8 gennaio 1951 pomeridiana.

10 agosto 1951

De Gasperi: Informa che il Presidente del Consiglio di Stato, Severi, ha insistito per il rientro in sede dei Consiglieri distolti dalle finalità di istituti. Autorevoli parlamentari hanno preannunciato una campagna di stampa basata anche sul principio della non cumulabilità delle retribuzioni, Sa bene che i capi d Gabinetto non possono essere scelti che in ristrette categorie, ma non così i capi degli Uffici legislativi ed i funzionari designati per altri incarichi. Legge la lettera di Severi […]. Desidera dare l’esempio e si priva, benché a malincuore, del suo prezioso capo di Gabinetto, sostituendolo con il capo della sua Segreteria particolare dottor Bartolotta, recentemente promosso al grado di prefetto. Invita formalmente tutti i Ministri ad impegnarsi alla restituzione dei consiglieri di Stati a decorrere dal 15 ottobre p.v.

Zoli: Lo stesso principio va applicato anche ai magistrati.

[…]

Scelba: Propone per tutti la cessazione degli incarichi estranei alle normali funzioni di istituti. Il rientro al Consiglio di Stato è imposto anche da una ragione economica e cioè la non cumulabilità di altre retribuzioni allo stipendio di consigliere. È illusorio che i capi di Gabinetti lavorino senza una retribuzione.

Vanoni: Lasciamo fuori ruolo gli otto consiglieri consentiti dalla legge.

(Si approva una bozza di comunicato stampa).

Allegata al verbale la lettera di Leonardo Severi, presidente del Consiglio di Stato, al sottosegretario alla Presidenza Andreotti, Roma 4 luglio 1951, nella quale Severi osserva che i consiglieri di Stato sono in totale 73, oltre a 6 primi referendari. Dei 73 ne sono fuori ruolo: 2, per il Consiglio della giustizia amministrativa della Sicilia; 7 capi di gabinetto (Uccellatore, Carini, Caravale, Aru, Miraglia, Costantino e Broise); 3 per uffici politici (Petrini, Carbone, Castelli Avolio); 2 direttori generali di ministeri (Bolaffi e Angiolillo); 1 ambasciatore (Cerulli); 2 per uffici “non bene determinati” (Innocenti all’Interno e Breglia alla Difesa). Quindi ne restano a Palazzo Spada solo 56.

(dalla lettera di Severi)

Dei quali 56 consiglieri (anche questo è un vecchio tema) ve ne sono due che non prestano servizio quasi […] e sei almeno che nell’ufficio di Consiglio di Stato non possono dar prova del loro valore a causa delle loro assai diverse attitudini. Restano quindi 48 consiglieri; ma di questi 48 ben 9 sono distratti in buona parte dalle loro mansioni di istituto da altre funzioni più gradite, più soddisfacenti e più remunerate […].

È inutile che io ripeta i vecchi motivi: che l’ufficio di direttore generale precede gerarchicamente quello di consigliere di Stati e non gli è sovrapposto; che nei termini della medesima autorità e prestigio dell’Istituto quello di consigliere di Stato si riteneva troppo alti perché si potesse congiungere ad esso le funzioni di capo di Gabinetti (fatta eccezione per quelle di capo di Gabinetto della Presidenza del Consiglio di ministri), le quali funzioni d’altronde dovrebbero essere conferite per legge a un funzionario dello stesso ministero; che gli uffici legislativi possono nuocere e certamente non giovano al buon funzionamento delle direzioni generali.

E nemmeno ripeterò ciò che ebbi a dire a voce e per iscritto, che il magistrato amministrativo, se dopo un periodo di tempo trascorso nell’Amministrazione attiva ritorna alle sue mansioni d’istituto arricchito da una maggiore esperienza e scaltrito, per così dire, dalla conoscenza della prassi amministrativa, vi ritorna altresì con un pensiero nostalgico per i precedenti benefici (emolumenti e agréments) che lo fa svogliato, scontento, inquieto. Chiesi a S.E. il Presidente del Consiglio di far cessare e taluni fuori ruolo e taluni incarichi. Ne ebbi incoraggiamento. Chiesi ugualmente al Presidente del Consiglio dei ministri che non si conferissero più incarichi ai consiglieri di Stato senza il mio consenso scritti. E ne ebbi solenne promessa.

Ma frattanto ecco che la stampa comunica che il consigliere Testa, valoroso magistrato che già era titolare di altri due incarichi (Eur e Ufficio regioni) è investito di un terzo incarico, ossia della direzione generale del Turismo, la quale, come direzione generale che è, non può non assorbirne l’intera attività. Il consenso scritto a tale incarico il non l’ho ancora dato […]. Si aggiunga che è intervenuta la legge 24 maggio 1950, n. 392, con il suo art. 10. Di fronte al quale articolo o l’incarico che si vuole dare al prof. Testa è gratuito, il che non è verosimile né credibile, o si ha in animo di commettere una patente violazione di legge. Tale essendo la triste condizione in cui si trova il collegio fa me presieduto, chiedo alla V.E. che mi dia una mano a rimuovere gli inconvenienti e danni ai quali ho accennato. E confido nel Suo appoggio.

Ibidem, b. 36, Adunanza del 10 agosto 1951.

Epilogo, qualche mese dopo:

De Gasperi: […] Riferisce quindi della inammissibile riluttanza dei ministri alla restituzione dei consiglieri di Stato al servizio di Istituto.

Ibidem, Adunanza del 30 novembre 1951.