La Commissione europea censisce 65 policy labs operativi stabilmente presso le amministrazioni centrali e territoriali degli Stati Membri. A questa lista si aggiungono i gruppi di esperti – o “task force” – che, a tempo determinato, assistono le strutture pubbliche nella gestione di crisi o nella preparazione di interventi normativi particolarmente complessi. Accade lo stesso anche fuori dai confini europei. I governi statunitense, giapponese, messicano e canadese, tra gli altri, affiancano alle proprie strutture gruppi di esperti, affidando loro compiti diversi: consulenza, formazione del personale e serbatoio di idee innovative alla regolazione. Tra le attività più interessanti svolte dai “policy labs” c’è lo “strategic foresight”. L’idea di guardare al futuro prima di introdurre nuove regole non è nuova ma, grazie alla tecnologia digitale, assume un rilievo e prospettive finora inedite.
Nell’ultimo censimento dei policy labs operanti in Europa, la Commissione europea ne ha individuati 65, dislocati tra i vari livelli di amministrazione. La stessa Unione europea si affida a un sistema complesso di consulenza ai processi decisionali. Presso la Commissione svolgono funzioni di assistenza agli organi decisionali il Directorate-General for Research & Innovation (DG RTD), il Joint Research Center (JRC) e lo European Political Strategic Center (EPSC) – il think-tank della Commissione (che dal 2019 è stato rilanciato con un nuovo nome: IDEA).
Il Parlamento europeo, invece, si avvale dello EU parliamentary Panel for the Future of Science and Technology (STOA), un gruppo di eurodeputati che si occupa di questioni legati alla scienza e la tecnologia; della Scientific Foresight Unit dello European Parliamentary Research Service (EPRS); e, infine, della Global Trends Unit (TREN) che – tra le varie attività – pubblica ogni anno un “Global Trendometer” attento ai trend più rilevanti degli anni a venire.
Tra le attvità più interessanti svolte dai “policy labs” un posto centrale lo occupa lo “strategic foresight”. L’idea di guardare ai trend futuri, provando a ipotizzare scenari diversi, in funzione degli approcci alla regolazione, non è nuova. Nasce e si sviluppa negli Stati Uniti durante la seconda Guerra Mondiale e, per lungo tempo, si occupa prevalentemente di aspetti strategici e militari. Negli ultimi anni, tuttavia, lo strategic foresight (o “future-thinking”) ha acquisito nuova importanza all’interno dei processi decisionali, iniziando ad occuparsi di temi diversi rispetto alla sicurezza nazionale, e arricchichendosi di strumenti e tecniche innovativi. Ce ne sono due particolarmente importanti:
La prima novità è il ruolo primario assunto dalle science comportamentali nelle politiche pubbliche. È grazie al successo della teoria del Nudge (che varrà un premio Nobel per l’economia a uno dei suoi ideatori: Richard Thaler) che behavioural insight teams – o, appunto, policy labs – nascono per affiancare i governi. Tra questi, il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Australia e il Canada. Uno studio recente dello European Parliamentary Research Service, considera le scenze comportamentali uno degli emerging trends per il 2020.
Lo sviluppo della tecnologia digitale ha offerto un contributo importante allo sviluppo dello strategic foresight. Per un verso, i decisori pubblici si interrogano sulle potenzialità offerte dalla tecnologia per l’esercizio di funzioni di regolazione. Per altro verso, la tecnologia stessa diviene oggetto di regolazione, ad esempio per quanto riguarda la tutela della riservatezza dei dati, oppure la partecipazione degli interessati alla formazione delle decisioni.
Seppure con variazioni importanti in merito alla dotazione finanziaria e la struttura, l’impatto dei policy labs sui processi decisionali pubblici registra un andamento crescente. Contribuiscono a tale risultato l’esigenza di prevenire – unitamente all’ambizione di controllare – crisi sistemiche future.
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