I conflitti tra il governo russo e i social networks di Facebook e Twitter sono numerosi. Recentemente Meta Platforms, mutando la propria policy, ha consentito agli utenti di queste piattaforme di pubblicare contenuti “violenti” contro soldati e politici russi.
Gli utenti di Facebook e Twitter potranno pubblicare contenuti in cui invocano la violenza contro la popolazione e i politici russi durante il periodo di invasione dell’Ucraina. Meta Platforms ha così mutato temporaneamente la sua policy contraria all’incitamento all’odio e alla violenza (ne abbiamo già parlato qui e qui), nei seguenti Paesi: Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina.
In una apposita e-mail inviata da Meta ai gestori dei social networks di Facebook e Twitter, si dà esplicitamente il consenso alla pubblicazione di messaggi e post “violenti”, che verrebbero solitamente rimossi ma che sono invece consentiti in quanto diretti contro i soldati russi (eccetto i prigionieri di guerra), intesi come rappresentanti dell’esercito, o personaggi politici, purché contestualizzabili nell’attuale condizione di guerra. Si ritiene così di diffondere episodi di violenze quotidianamente subite.
La linea di azione di Meta non è stata però condivisa da Mosca, che ha chiesto al governo americano di porre un arresto a tali decisioni di Meta, definite come “attività estremiste”, e di adottare le misure necessarie a condannare i responsabili.
Diverse sono le tensioni sorte nei rapporti tra la Russia e Facebook e Twitter.
Lo scorso 5 marzo, infatti, i social networks sono stati bloccati in questo Paese con l’accusa di discriminare i media russi.
Il 10 marzo invece l’ambasciata russa a Londra è stata censurata da Twitter in ragione della pubblicazione sulla piattaforma di alcuni messaggi che hanno definito come fake news le foto del tragico bombardamento dell’ospedale pediatrico a Mariupol.
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