Focus sentenze G.A. su decisioni algoritmiche – Decisioni algoritmiche: il codice sorgente è un atto amministrativo informatico accessibile ai sensi della l. n. 241/1990

Il TAR Lazio riconosce il diritto di accesso ai codici sorgente dell’algoritmo   utilizzato dal MIUR per la gestione dei trasferimenti interprovinciali del personale docente, trattandosi di atto amministrativo informatico.

 

Negli ultimi anni, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (oggi Ministero dell’Istruzione) ha demandato ad un algoritmo l’assegnazione delle sedi scolastiche ai docenti della scuola primaria e secondaria, nell’ambito delle procedure di mobilità previste dalla l. n. 107/2015 (c.d. «Buona Scuola»). Tale scelta, però, non si è rivelata corretta: l’algoritmo ha disposto le assegnazioni delle sedi e i trasferimenti interprovinciali senza tener conto delle preferenze espresse dai docenti, pur in presenza di posti disponibili nella province indicate nelle domande di mobilità.

La decisione del TAR: pieno accesso ai codici sorgente dell’algoritmo utilizzato per l’assegnazione delle sedi

A fronte dei numerosi ricorsi proposti dai docenti interessati, il TAR, con la sentenza n. 3769/2017, ha dovuto affrontare, innanzitutto, la questione dell’opacità propria dell’algoritmo, ordinando al Ministero il rilascio della copia dei c.d. codici sorgente del software utilizzato per la gestione della procedura di mobilità. Il Ministero ne aveva negato l’accesso, ritenendo che il codice sorgente non fosse assimilabile ad un documento amministrativo e invocando la specifica tutela riservata al software quale opera dell’ingegno.

Non condividendo le motivazioni del Ministero, il TAR ha evidenziato che l’impiego di uno strumento innovativo, come un programma informatico, per soddisfare esigenze proprie dell’amministrazione procedente, non può limitare l’ampiezza del potere di accesso degli interessati alla procedura stessa. In particolare, non è di per sé ostativa all’accesso ai codici sorgente – affermano i giudici romani – la circostanza che, nel caso di specie, la realizzazione del software fosse stato commissionato dal Ministero ad una società privata. Le esigenze di tutela proprie delle imprese produttrici diventano, dunque, secondarie e non impediscono la visione e l’estrazione della copia del codice sorgente del programma, se funzionali alla tutela dei richiedenti l’accesso.

La decisione assunta dal TAR consente di affermare, in via generale, che le esigenze di conoscibilità dell’agire amministrativo, proprie dei cittadini che entrino in contatto con una pubblica amministrazione, non possono essere limitate soltanto perché l’amministrazione ha scelto di automatizzare il suo processo decisionale. A ben vedere, però, la conoscibilità dell’algoritmo (ne abbiamo parlato QUI), intesa come mera ostensione del codici sorgente, non è sempre sufficiente per valutare la correttezza della decisione assunta: se ciò è possibile per gli algoritmi deterministici (come quello di mobilità), non lo è, invece, per gli algoritmi più complessi, ovvero quelli di auto-apprendimento, che non consentono di far fronte alla necessità di garantire all’interessato, non solo la conoscenza, ma anche la piena comprensione della logica che sta alla base dell’algoritmo stesso. Nelle procedure automatizzate, la trasparenza deve declinarsi nel principio sia di conoscibilità, sia di comprensibilità dell’algoritmo.

La differenza tra atto ad elaborazione informatica e atto a redazione informatizzata

La definizione del perimetro di ostensibilità rispetto ad una decisione algoritmica ha consentito al TAR Lazio di pronunciarsi sulla qualificazione del software che gestisce l’algoritmo, affermando una serie di principi utili ad interpretare correttamente la nozione di atto amministrativo “informatico”.

Tale nozione, così come accolta dall’art. 22, lett. d) della l. n. 241/1990 è molto estesa, ricomprendendo tutti gli atti funzionalmente collegati al soddisfacimento di un interesse pubblicistico, ivi inclusi gli atti endoprocedimentali.

Lo sforzo interpretativo del TAR Lazio, entro tali coordinate, è davvero apprezzabile.

La prima questione è quella dell’assai frequente equivoco in cui incorre l’interprete poco attento, portato a confondere l’atto amministrativo informatico in senso proprio e l’atto redatto mediante strumento informatico. Quest’ultimo, infatti, è un atto amministrativo in cui l’apporto tecnologico si arresta allo strumento di redazione – il programma di videoscrittura –, mentre è atto amministrativo informatico solo quell’atto il cui contenuto è elaborato (non solo redatto) interamente dallo strumento informatico, il quale provvede autonomamente al reperimento, al collegamento e all’interrelazione tra norme e dati. Occorre distinguere, quindi, la mera redazione informatica dall’elaborazione informatica dello stesso: solo quest’ultima, intesa come iter logico e, quindi, motivazione sottesa alla decisione finale, conduce all’emanazione di un atto amministrativo informatico.

Sgombrato il campo da tale equivoco, il Collegio capitolino ha ricordato che il dibattito sulla legittimità dell’atto amministrativo informatico è incentrato su due aspetti: (a) la natura vincolata o discrezionale dell’attività amministrativa; (b) alla possibilità di ricostruzione dell’iter logico sotteso alla decisione finale.

Rispetto al primo profilo, l’atto amministrativo informatico sarebbe legittimo rispetto all’esercizio dell’attività amministrativa vincolata, la quale è compatibile con la logica propria dell’elaboratore elettronico: il software traduce gli elementi di fatto e i dati giuridici in linguaggio matematico dando vita a un ragionamento logico formalizzato che porta a una conclusione che, sulla base dei dati iniziali, è immutabile. Al contrario, l’elaborazione informatica sarebbe incompatibile con l’attività amministrativa discrezionale, nell’ambito della quale la realizzazione delle finalità individuate dalla legge conosce una pluralità di mezzi alternativi.

Rispetto al secondo profilo, la dottrina prevalente ritiene che l’ammissibilità dell’elaborazione elettronica dell’atto amministrativo non sarebbe legata alla natura discrezionale o vincolata dell’atto, ma alla possibilità (scientifica e non giuridica), di ricostruzione dell’iter logico sotteso al contenuto dispositivo dell’atto adottato.

La qualificazione giuridica del software (e del suo codice sorgente) per l’elaborazione della decisione algoritmica

Nel caso di specie, trattandosi di attività amministrativa vincolata legata individuazione della sede di spettanza del singolo docente in sede di mobilità, il Collegio si è soffermato sulla natura giuridica del software deputato all’elaborazione elettronica della decisione.

Rispetto a quest’ultima, la definizione di software è stata individuata nell’espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni contenute in qualsiasi forma o supporto capace direttamente o indirettamente di fare eseguire o fare ottenere una funzione, un compito o un risultato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell’informazione.

La nozione di linguaggio o codice sorgente è stata individuata, invece, nel testo di un algoritmo di un programma scritto in un linguaggio ed in fase di programmazione e compreso all’interno di un file sorgente. Si tratta, in sostanza, del punto di partenza (“sorgente”) dell’intero processo, perché la sua implementazione presuppone la risoluzione (a monte o di pari passo) del problema iniziale da risolvere e automatizzare sotto forma di algoritmo risolutivo.

Il software, così come risultante dal codice sorgente che l’ha implementato, assume una rilevanza essenziale nell’ambito dell’adozione di un atto a elaborazione informatica e la sua stessa qualificazione giuridica in termini di atto amministrativo informatico rilevante per sciogliere la questione  dell’ammissibilità dell’accesso di cui agli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990 al relativo programma informatico e, in definitiva, al suo cd. linguaggio sorgente.

Per il TAR, il software va qualificato in termini di atto amministrativo informatico, dal momento che con esso:

  1. si concretizza la volontà finale dell’amministrazione procedente;
  2. l’amministrazione costituisce, modifica o estingue le situazioni giuridiche individuali anche se lo stesso non produce effetti in via diretta all’esterno;
  3. si concretizza lo stesso procedimento.

Per il TAR, sono irrilevanti, in senso contrario le seguenti circostanze:

  1. che il software sia compilato mediante linguaggi di programmazione che sono solitamente incomprensibili non solo al funzionario che ne fa uso ai fini della elaborazione della decisione finale del procedimento amministrativo ma anche al privato destinatario. Si tratta, infatti, di conseguenza della scelta (discrezionale) dell’amministrazione di ricorrere a uno strumento innovativo (la programmazione informatica), per la gestione di un procedimento, ferma restando la possibilità, per il privato destinatario dell’atto, di avvalersi dell’attività professionale di un informatico per comprenderne il contenuto;
  2. che il software non sia elaborato direttamente da parte dell’amministrazione pubblica ma da parte di un soggetto privato specificatamente competente in materia, anche se sulla base delle indicazioni puntuali in ordine ai criteri e alle finalità di natura amministrativa fornite dalla stessa amministrazione, parimenti, non assume valenza dirimente ai fini che interessano, in quanto già in precedenza si è rilevato come dato che la stessa nozione di atto amministrativo informatico (art. 22, comma 1, lett. d, della L. n. 241 del 1990), è idonea a ricomprendere in sé anche atti di provenienza e disciplina sostanziale di natura privatistica, purché utilizzati da un’amministrazione nell’ambito di un’attività di rilievo pubblicistico;
  3. che il software costituirebbe in sostanza l’esecuzione mera di una decisione amministrativa già presa e che è di per sé già direttamente produttrice di effetti giuridici, dato che: (i) la decisione di fare ricorso all’elaborazione elettronica ai fini della definizione del contenuto dell’atto si sostanzia esclusivamente nella metodologia prescelta dall’amministrazione ai fini dell’articolazione e dello svolgimento del procedimento amministrativo e, pertanto, la decisione assume una valenza di tipo organizzativo, ma non influisce sulla qualificazione giuridica del software stesso, una volta che sia stato commissionato e predisposto e quindi utilizzato per i fini cui è destinato all’interno del procedimento; (ii) per mezzo del software si attribuisce specifico contenuto ed effettiva concretezza a una decisione che l’amministrazione ha soltanto delineato nei suoi presupposti in via ordinaria e non può, pertanto, ritenersi che, per il solo fatto che si tratti di attività vincolata e delineata puntualmente nei suoi presupposti, si tratti esclusivamente di una modalità di esecuzione, atteso che è il software che, in concreto, tiene conto dei singoli passaggi procedurali in cui si sarebbe dovuto concretizzare il procedimento ordinariamente svolto da parte di un funzionario pubblico-persona fisica.

Le conclusioni appaiono più che condivisibili, dato che il ricorso a strumenti innovativi da parte dell’amministrazione per la gestione della propria attività procedimentale e provvedimentale impongono all’interprete di fronteggiare, con un approccio più aperto e non legato indissolubilmente alle logiche preesistenti, le problematiche di tipo giuridico che ne conseguono.

Ed è seguendo tale approccio che il TAR ha escluso che la scelta discrezionale dell’amministrazione di ricorrere a un programma informatico al fine di gestire un procedimento amministrativo, costruito, in ragione delle variabili inserite al fine di giungere alla definizione del contenuto del provvedimento finale, possa limitare l’accessibilità conoscitiva da parte del destinatario dell’atto il cui concreto contenuto dispositivo è stato, in definitiva, elaborato esclusivamente attraverso un programma informatico appositamente elaborato.

Di conseguenza, il software, inteso come programma elaborato con linguaggio tecnico informatico, va qualificato come atto amministrativo cd. informatico ed è pienamente accessibile in sede di accesso agli atti ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990.

Nel caso di specie, sebbene il Ministero avesse effettivamente fornito, con apposito memorandum, la descrizione della sequenza ordinata dei passaggi logici, consentendo la comprensibilità del funzionamento del software anche al cittadino comune, è stato ritenuto comunque meritevole di tutela il diritto per il destinatario dell’atto di avere piena contezza anche del programma informatico, con l’acquisizione del codice sorgente del software relativo all’algoritmo adottato nell’assegnazione delle sedi ai docenti. La mera descrizione dell’algoritmo e del suo funzionamento in lingua italiana non assolve alla medesima funzione conoscitiva data dall’acquisizione diretta del linguaggio informatico sorgente.

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