Filippo Turati fu attivissimo nel corso dell’età giolittiana nel difendere i dipendenti dello Stato, combattendone lo sfruttamento specie a carico delle categorie più deboli; al tempo stesso non abbandonò mai l’idea-guida di un’amministrazione profondamente riformata, moderna e basata su quelli che egli chiamava i «criteri industriali».
Il problema dell’amministrazione consiste (…) nell’avvicinare il regime burocratico al regime industriale, introducendo negli uffici quello stimolo al fare, quel senso di responsabilità, quella snodata libertà di movimenti che oggi sono resi impossibili dall’impero della routine e dal peso morto delle gerarchie; onde questa pur inevitabile burocrazia, invidiando la celerità di movimenti alle tartarughe, appare agli occhi di molti una nuova forma di dilagante parassitismo. Ma essendo perfettamente d’accordo su questo punto credo però che il presidente del Consiglio ammetterà a sua volta con me che, perché dagli impiegati si possa esigere un lavoro serio e coscienzioso, è anche necessario in compenso che non vi siamo tra essi intere categorie, come ve n’è alle dipendenze del vostro Ministero, composte di veri mendicanti, non pagati abbastanza per sfamare sé stessi e le loro famiglie. Alludo agli scrivani delle amministrazioni provinciali, agli uscieri dell’amministrazione provinciale e degli Archivi di Stato, e in genere ai subalterni fuori ruolo (…). Il solo organico mummificato, cristallizzato, pietrificato, che non abbia subìto mutamenti di sorta, è quello dell’amministrazione che dipende dal Ministero dell’Interno. È naturale quindi che vi si trovino dei vecchi fossili, nelle stratificazioni più profonde, degni di interessare un paleontologo.
Discorsi parlamentari di Filippo Turati, pubblicato per deliberazione della Camera dei deputati, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1950, vol. I, p. 309, intervento nella discussione del bilancio del Ministero dell’interno, 2a tornata del 17 marzo 1904.