Dalla lunga intervista che la storica Barbara Curli fece a Felice Ippolito, poi raccolta con introduzione della stessa Curli in un volume Rubbettino del 2000 (riedito 2022), emerge la significativa biografia di questo sfortunato scienziato, ingegnere, esperto ai massimi livelli di geologia, promotore attivissimo negli anni Sessanta dello sviluppo dell’industria nucleare in Italia.
Ippolito (1915-1997), napoletano, immerso anche per legami familiari nell’élite intellettuale del periodo tra le due guerre mondiali, aveva conseguito brillantemente la libera docenza nel 1948 e due anni dopo aveva vinto la cattedra di geologia applicata presso l’Università di Napoli.
Nel 1952 era stato nominato segretario del neocostituito Comitato nazionale per le ricerche nucleari, un organismo privato che sarebbe poi divenuto nel 1960 il mastodontico CNEN. Svolse nel CNEN, che presiedette per quattro anni, una intensissima attività, realizzando le centrali nucleari di Latina, del Garigliano e la Centrale Enrico Fermi a Trino. L’Italia divenne il terzo paese al mondo per la produzione di energia nucleare.
Ippolito (come Mattei nel campo petrolifero) mirava a realizzare l’indipendenza italiana dalle fonti energetiche straniere. Nel 1963 una violenta campagna di stampa nella quale ebbe parte rilevante Giuseppe Saragat ma anche la destra legata ai grandi interessi elettrici, mise il CNEN sotto accusa, imputando a Ippolito gravi irregolarità amministrative e contabili. Il 3 marzo del 1964 fu arrestato e poi, in un processo molto discusso, condannato a 11 anni di carcere. Fu la fine della sua “avventura” industriale. In molti videro nella sua caduta la mano dei grandi produttori privati di energia elettrica, preoccupati dell’insidia che il nucleare rappresentava per i loro interessi, già duramente intaccati dalla quasi contemporanea nazionalizzazione e dalla costituzione dell’ENEL.
Dopo due anni di carcere, Ippolito fu graziato dal presidente della Repubblica (proprio quello stesso Saragat che era stato il suo irriducibile avversario qualche anno prima), specie per le pressioni di Nenni e di Ugo La Malfa, che lo stimava molto e che gli fu vicino anche negli anni nella disgrazia. Avrebbe poi fondato la prestigiosa rivista “Le Scienze” e più tardi sarebbe stato eletto parlamentare europeo come indipendente nelle liste del Pci. Di antiche simpatie radicali, si sarebbe infine iscritto al Partito repubblicano. In questo passaggio della intervista concessa a Barbara Curli, Ippolito rievoca come nacque il CNEN.
Il Comitato nacque per iniziativa di Campilli[1]. A un certo punto, infatti, si cominciò a dire che in Italia non si faceva niente per le questioni nucleari. Tutto il gruppo dei fisici di Milano che lavoravano al CISE [un ente privato, Centro informazioni studi esperienze] aveva dei grandi meriti, ma era lo Stato che doveva fare qualcosa. Dopo essere stato in Francia e a Milano, andai da Giordani[2] e gli parlai dell’importanza di queste ricerche in materia nucleare, sostenendo che c’era bisogno di un organismo pubblico che se ne occupasse. Prima si cercò di fare entrare nel CISE alcune società a partecipazione statale, come la Terni (…) mentre la Cogne era già entrata, ma era evidente che non sarebbero state sufficienti per lanciare una politica nucleare statale. Il CISE restava nelle mani della Edison. Allora ne parlammo con Leone Cattani[3], che era in ottimi rapporti con De Gasperi e che portò a De Gasperi un promemoria di Amaldi[4] su questo argomento. Cattani raccontò che aveva trovato in De Gasperi la sordità assoluta, che l’argomento non lo interessava per niente. Invece Campilli, ministro di De Gasperi e uomo d’industria, era convinto dell’importanza dell’energia nucleare e riuscì dove Cattani aveva fallito. De Gasperi gli rispose con una frase rimasta famosa: “Se proprio vuoi farla, questa cosa nucleare, falla”. Allora Campilli preparò il decreto, che fu poi il decreto istitutivo del Cnrn [Comitato nazionale per le ricerche nucleari], coinvolgendo anche Segni, che in quel momento era ministro della Pubblica istruzione. Giordani diventò presidente del Comitato; poi c’era Panetti, senatore democristiano[5]; io e Silvestri Amari[6] designati dal ministero dell’industria; Amaldi e Medi[7] designati dal Cnr; il fisico Bruno Ferretti designato dal ministero della Pubblica istruzione[8]; e Angelini[9] e De Biasi[10] come “esperti industriali”. (…) Dal punto di vista istituzionale il Comitato era nato all’interno del Cnr, non aveva personalità giuridica né un finanziamento stabile. Per il personale e l’amministrazione dipendevamo dal Cnr.
Barbara Curli, Il progetto nucleare italiano (1952-1964). Conversazioni con Felice Ippolito, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2022 (1a ed. 2000), pp. 147-148.
[1] Pietro Campilli (1891-1974), democristiano (già popolare), più volte ministro.
[2] Francesco Giordani (1896-1961), chimico illustre, nel 1939 era stato nominato presidente dell’IRI (alla cui fondazione aveva partecipato sotto la guisa di Beneduce), dove rimase sino al 1943, per poi essere il presidente del CNR nel biennio successivo e ancora tra il 1956 e il 1960. I suoi rapporti con Ippolito furono di confidenza e collaborazione strettissima.
[3] Cattani (1906-1980), antifascista, segretario nazionale del Partito liberale nel 1944-45, poi ministro con De Gasperi, nel 1955 fu nel gruppo dei fondatori del Partito radicale. Nel 1963 si sarebbe candidato alla Camera nelle liste del Psdi, ma senza essere eletto.
[4] Edoardo Amaldi (1908-1989), fisico illustre (uno dei “ragazzi di Via Panisperna”) ebbe importanti incarichi in Italia e all’estero (dal 1988 alla morte fu anche presidente della Accademia dei Lincei).
[5] Modesto Panetti (1875-1957), ingegnere aeronautico, senatore Dc e ministro delle Poste nel 1953-54.
[6] Aldo Silvestri Amari, direttore generale della produzione industriale nel Ministero dell’industria e commercio.
[7] Enrico Medi (1911-1974), fisico, deputato Dc.
[8] Bruno Ferretti (1913-2010), fisico, aveva lavorato negli anni Trenta con Enrico Fermi. Nel 1947 aveva vinto la cattedra di fisica teorica a Milano e l’anno seguente era stato chiamato a Roma nella cattedra a suo tempo occupata dallo stesso Fermi. Avrebbe poi insegnato a Bologna, dedicandosi a studi di ingegneria nucleare.
[9] Arnaldo Maria Angelini (1909-1999), ingegnere, professore universitario, fu poi direttore generale e quindi presidente dell’Enel. Dal 1960 al 1973 fu il vicepresidente del Cnen.
[10] Vittorio De Biasi, ingegnere, amministratore delegato della Edison.