La pandemia in corso ha drasticamente cambiato la vita di gran parte della popolazione mondiale. Da tali cambiamenti, dunque, non poteva essere certo immune il crimine. Il rapporto Europol sugli effetti della pandemia sulla criminalità approfondisce proprio le tendenze della criminalità nel corso del 2020, facendo emergere come il cybercrime e la disinformazione ad opera di fake news online siano tra i fenomeni che maggiormente si sono sviluppati nell’ultimo anno.
Lo scorso 11 novembre 2002 è stato pubblicato il report dell’Europol “How COVID-19-related crime infected Europe during 2020”, relativo agli effetti della pandemia sulla criminalità europea. Il documento, oltre ad analizzare quali tipologie di crimini hanno avuto una crescita in ragione della pandemia, cerca di individuare – seppure brevemente – le cause che ne hanno determinato la progressiva espansione.
Da un lato, infatti, si osserva come le crisi economiche siano un terreno fertile per la crescita della criminalità organizzata, sia in termini quantitativi, che di influenza sulla popolazione. A questo consegue, inoltre, come i crimini contro il patrimonio siano tra quelli con la crescita più elevata, sia attraverso truffe e frodi direttamente incidenti sul patrimonio individuale, che per il tramite di forniture illecite di merci contraffatte e scadenti.
Infatti, soprattutto in relazione alle varie forme di cd. lockdown che hanno colpito la gran parte della popolazione europea, le principali attività umane – sia sociali, che economiche – si sono protese verso il mondo digitale e online. Le vendite di prodotti “illeciti” o, comunque, fraudolenti hanno visto una progressiva espansione tramite varie piattaforme online. Tale attività ha soprattutto coinvolto alcuni beni ritenuti di fondamentale importanza per il contrasto all’emergenza sanitaria, tra cui: dispositivi di protezione individuale contraffatti e scadenti; prodotti farmaceutici e sanitari inutili o dannosi; falsi “tamponi fai da te”, nonché presunti vaccini in grado di prevenire l’infezione da COVID-19.
L’aumento del volume delle attività online, ovviamente, ha provocato la crescita esponenziale anche delle diverse forme di cybercrime tradizionali, compresi vari attacchi di phishing – con diffusione di spam contenente riferimenti al “nuovo coronavirus” o ad organizzazioni sanitarie accreditate – ransomware e malware, nonché aggressioni alle poste elettroniche aziendali – anche in tal caso con lo sfruttamento di riferimenti al COVID-19 e con attacchi ai principali software di videoconferenza, sfruttando come catalizzatore degli attacchi l’aumento delle pratiche di telelavoro. Nessuna categoria di soggetti è risultata immune a tali campagne criminali: anche le organizzazioni sanitarie e legate alla salute, infatti, sono state vittime di attacchi ransomware, a riprova del sempre più necessario rafforzamento degli strumenti di cybersecurity. Anche le truffe a scopo finanziario, inoltre, hanno seguito tale schema, facendo leva sulle preoccupazioni della cittadinanza e sullo sfruttamento di attività di sanificazione, sistemi di cura disponibili solo online o forme “innovative” di prevenzione e contrasto alla diffusione del COVID-19.
Anche la pedopornografia online e lo sfruttamento sessuale minorile hanno subito un grave incremento. Tale fenomeno, però, sembra essere collegato principalmente all’incremento del tempo trascorso online da parte dei minori, e non direttamente correlato alla pandemia globale. Lo stesso dicasi per le frodi a fini di spaccio nei periodi di lockdown, che hanno spinto il mercato illecito della droga verso diversi modelli di distribuzione – anche con lo sfruttamento di falsi certificati lavorativi al fine di aggirare le restrizioni alla circolazione.
Al di là, dunque, dei crimini tradizionalmente diffusi che hanno cambiato il modus operandi in ragione della pandemia, l’Europol lancia l’allarme circa i crimini relativi alla disinformazione. Il volume di notizie false diffuse online sulla pandemia di COVID-19 è stato notevole. Teorie del complotto e informazioni scientifiche false sono state costantemente distribuite tramite le piattaforme di social media, con forti influenze sulla gestione dell’emergenza sanitaria, sul terrorismo e sull’estremismo violento. Tale fenomeno, inoltre, ha contribuito ad certa visione distorta e dannosa delle istituzioni pubbliche, nazionali, sovranazionali e internazionali, in grado di minare la fiducia della popolazione in un periodo così drammatico.
Dal report, infatti, emerge come i gruppi di estremismo violento abbiano utilizzato la pandemia per rafforzare i loro programmi ideologici e politici e la loro narrazione distorta della realtà. Se gli effetti sui crimini di matrice jihadista sono stati ridotti (nessuna correlazione è stata trovata con gli attacchi verificatisi in Europa i primi giorni di novembre), maggiori sono state le attività di gruppi anarchici ed estremisti di sinistra, con casi di vandalismo e danneggiamento basati proprio su ideologie estreme, amplificate dai problemi legati alla pandemia. Vari gruppi estremisti di sinistra (anarchici, anticapitalisti, no global, estremisti ambientali) hanno identificato la nascita del virus in linea con le loro ideologie come strutture sociali, politiche ambientali o sistema economico.
Nel documento, di contro, si evidenzia come anche l’estremismo di destra nazionalista abbia utilizzato l’emergenza sanitaria per attaccare le minoranze e i rivali politici, arrivando anche ad incitare al vandalismo e all’odio. Questi gruppi hanno per lo più adattato parte della loro retorica al contesto COVID-19, promuovendo agitazioni contro le misure di quarantena istituite dai governi, in particolare quelle con un impatto su specifici gruppi socio-economici. I pericoli da tali forme di propaganda, comunque, erano già emersi dalle attività di intelligence nazionale.
Interessante risulta, inoltre, come i due gruppi sopra individuati – pur essendo, teoricamente, su posizioni ideologiche diametralmente opposte – si siano ritrovati a diffondere teorie complottiste simili, o in alcuni casi identiche. È quanto accaduto, ad esempio, circa la fake news sulla tecnologia 5G, accusata di essere la causa di diffusione del “nuovo coronavirus”. Tale forma di disinformazione, inoltre, si è manifestata anche con attacchi violenti e dolosi alle infrastrutture tecnologiche e, pur non essendo chiara la motivazione ideologica alla base, si è osservata una certa congiunzione tra estremisti di destra e di sinistra.
In conclusione, è possibile evidenziare come, in sostanza, il crimine informatico abbia dimostrato una capacità adattiva di rilievo anche in relazione ad una pandemia. Nonostante il nucleo delle attività rimanga in gran parte lo stesso, i gruppi criminali si sono dimostrati in grado di sfruttare l’emergenza in proprio vantaggio, al fine di massimizzare i profitti – sia in termini economici (per i reati contro il patrimonio), che di consenso (per reati ideologici e di violenza). Da questo consegue che gli effetti dell’emergenza sanitaria sulla criminalità non possono essere misurati sul solo breve periodo. Ad effetti immediati, tendenzialmente confluenti in campagne di phishing, ransomware, malware o più semplici truffe online, seguono effetti di lungo periodo soprattutto legati alla propaganda estremista, le cui conseguenze sono allo stato difficilmente valutabili – ancor più laddove l’emergenza prosegua per un tempo indefinito e sia seguita da una rilevante crisi economica.
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