Nel sistema elettorale americano la mobilitazione dell’elettorato passa attraverso due fasi – entrambe importanti. La prima, relativa alla registrazione per l’esercizio del diritto di voto; la seconda, invece, al voto vero e proprio. Durante le elezioni presidenziali del Novembre 2020 si è tornato a parlare di incentivi per convincere parti dell’elettorato (in particolare le minoranze etniche e i più giovani) a registrarsi al voto e recarsi alle urne. Tra le proposte più interessanti c’è ‘Democracy & Dragons’. Promossa dalla Harvard Kennedy School, l’iniziativa unisce elementi di game-design e narrazione visuale, su una piattaforma digitale. Democracy & Dragons apre nuove prospettive per contrastare problemi noti a molte democrazie contemporanee, soprattutto l’astensionismo e la polarizzazione degli elettori.
Le elezioni presidenziali del Novembre 2020 hanno stabilito un record importante nell’affluenza alle urne nella storia degli Stati Uniti. Secondo lo United States Elections Project dell’Università della Florida, hanno votato oltre 150 milioni di cittadini statunitensi, pari al 65% degli aventi diritto. È il tasso più alto dal 1908, in netta crescita rispetto a quattro anni prima, quando si recò alle urne il 59,2% degli elettori.
Diversamente da altre democrazie occidentali, peraltro, quella statunitense si caratterizza per una particolarità interessante: la mobilitazione dell’elettorato passa attraverso due fasi – entrambe importanti. La prima, relativa alla registrazione per il voto; la seconda, invece, al voto vero e proprio. Per un candidato alle presidenziali, quindi, è tanto importante ottenere i voti quanto mobilitare i potenziali elettori a registrarsi per l’esercizio del diritto a recarsi alle urne. Molti ricorderanno quando, nel 2012, Barack Obama affidò alla cd. ‘Operazione Narvalo’ la raccolta del maggior numero possibile di informazioni su ogni potenziale elettore, al solo fine di individuare gli indecisi e indirizzare loro il messaggio più appropriato per convincerli a votare in favore della sua rielezione.
Durante le elezioni presidenziali del Novembre 2020 si è tornato a parlare di incentivi per convincere la popolazione, in particolare le minoranze etniche e i più giovani, a registrarsi al voto. Tra le tante iniziative, ce n’è una particolarmente interessante, promossa dalla scuola di politiche pubbliche dell’università di Harvard, la Kennedy School. Il progetto di cui è parte l’iniziativa, ‘Get Out and Vote’, nasce in seno allo Shorenstein Center, struttura dedita allo studio dei media e dell’ecosistema informativo statunitense e internazionale.
Di cosa si tratta esattamente? Per capirlo, è necessario fare un passo indietro nel tempo, agli anni Settanta del secolo scorso. In quegli anni viene lanciato sul mercato Dungeons & Dragons (D&D), il primo gioco di ruolo a larga diffusione, giocato ancora oggi in tutto il mondo, nelle innumerevoli versioni e aggiornamenti pubblicati nel corso degli anni. Le dinamiche dei giochi di ruolo sono semplici. I giocatori scelgono un personaggio, che varia a seconda dell’ambientazione (D&D ha ambientazione tipicamente fantasy). Guidati da un narratore (il Dungeon Master) i giocatori esplorano mondi virtuali, combattono con creature ostili, acquisiscono esperienza e, nel tempo, migliorano le prestazioni individuali (i cd. ‘livelli’). Fondamentalmente un gioco di ruolo è una simulazione delle scelte che ciascuno può compiere tra numerose opzioni, e del successo o fallimento che ne consegue.
Democracy & Dragons fa esattamente questo. Unisce elementi di game-design e narrazione visuale su una piattaforma digitale, con l’obiettivo di aiutare i nuovi elettori a districarsi tra le numerose fonti di informazione politica, e proteggersi da informazioni manipolate o non veritiere (di disinformazione abbiamo parlato QUI e QUI). I giocatori seguono l’andamento della storia e decidono quali azioni compiere. Nel farlo, apprendono nozioni importanti circa il sistema elettorale, il funzionamento della democrazia statunitense e naturalmente l’importanza dell’esercizio del diritto di voto.
È presto per parlare di successo dell’iniziativa. Al momento infatti non sono disponibili dati circa il numero di utenti che hanno partecipato all’iniziativa e sull’impatto di questa sull’orientamento al voto dei giocatori. Democracy & Dragons è però interessante perché apre a prospettive nuove per contrastare problemi noti a molte democrazie contemporanee, in particolare l’astensionismo e la polarizzazione degli elettori (temi di cui ho scritto, sulle pagine di questo Osservatorio, QUI e QUI).
L’utilizzo di elementi ludici a supporto delle politiche pubbliche non è un caso isolato (ne ho parlato QUI). Negli ultimi anni si è estesa anche al campo nella comunicazione politica. In Italia, il caso più interessante è quello del Movimento 5 Stelle. La piattaforma web del Movimento, Rousseau, pensata per coordinare e unire gli sforzi di volontari, simpatizzanti ed eletti, fa ampiamente uso di elementi ludici (nel sistema di voto, ad esempio, ma anche nella certificazione delle competenze dei candidati). Secondo alcuni, la combinazione tra design accattivante e potenzialità delle tecnologie digitali può sollecitare con successo l’interesse dell’elettorato, arrivando a motivare i più scettici. Un binomio perfetto per democrazie complesse come quella statunitense. Altri, invece, rimangono scettici. Costoro ritengono l’efficacia di questi esperimenti circoscritta al breve periodo; o addirittura controproducente per la formazione della coscienza civica degli elettori (di questo dibattito ho scritto QUI e QUI).