Il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, ed in particolare della sanità, continua con la dematerializzazione delle ricette mediche “bianche”, ossia quelle non a carico del Servizio sanitario nazionale. Dopo la dematerializzazione della ricetta medica per le prescrizioni a carico del SSN e dei SASN, il Ministero dell’economia e delle finanze interviene anche in questo ulteriore ambito «ai fini della semplificazione per l’assistito». Alla luce delle fonti richiamate nel decreto e dei fini dichiarati nello stesso, sorgono tuttavia dubbi circa la legittimità della misura e la competenza del Ministero dell’economia e delle finanze ad intervenire nella specie
Con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 30 dicembre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2021, n. 11 (di seguito, Decreto), si è determinata la «dematerializzazione delle ricette mediche per la prescrizione di farmaci non a carico del Servizio sanitario nazionale» (SSN), contestualmente definendo le «modalità di rilascio del promemoria della ricetta elettronica attraverso ulteriori canali, sia a regime che nel corso della fase emergenziale da COVID-19». Il citato Decreto ha dunque introdotto la digitalizzazione delle ricette mediche “bianche”, così definite per distinguerle da quelle a carico del SSN, anche dette “rosse”.
L’intervento si inserisce in un più ampio percorso di progressiva digitalizzazione della pubblica amministrazione, comportante, tra gli altri, il progressivo abbandono della carta in favore degli strumenti offerti dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la contestuale implementazione di avanzati strumenti di raccolta ed analisi di dati utili per l’esercizio delle funzioni pubbliche.
Per quanto riguarda il settore sanitario e, nello specifico, le ricette mediche, la dematerializzazione delle ricette c.d. bianche segue a quella delle ricette a carico del SSN, già disposta dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 2 novembre 2011.
Per inquadrare le norme che hanno portato alla dematerializzazione delle ricette “rosse” si può anzituto ricordare l’art. 50 del d.l. del 30 settembre 2003, n. 269 che ha introdotto, tra gli altri, la Tessera Sanitaria. La ratio della riforma di cui al detto articolo 50 fu palesata dal legislatore sin dalla rubrica stessa della norma, recante «disposizioni in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prescrizioni sanitarie». Al comma 1 si evidenzia in particolare che la Tessera Sanitaria è stata introdotta «per potenziare il monitoraggio della spesa pubblica nel settore sanitario e delle iniziative per la realizzazione di misure di appropriatezza delle prescrizioni, nonché per l’attribuzione e la verifica del budget di distretto, di farmacovigilanza e sorveglianza epidemiologica».
Tale tracciamento, sin dalla versione originaria dell’art. 50, viene realizzato grazie alla raccolta dei dati sui farmaci acquistati con spese a carico del SSN. Come noto, la Tessera Sanitaria reca l’indicazione del codice fiscale del titolare, espresso sul retro anche graficamente in forma di codice a barre. Contestualmente il medesimo art. 50 ha previsto che le ricette a carico del SSN, da redigere su apposito modello – con colorazione prevalentemente rossa, da cui il nome – rechino anch’esse un codice a barre rappresentante il numero progressivo regionale univocamente identificante la ricetta.
Grazie a tali codici identificativi il comma 7 dello stesso articolo 50 ha dunque potuto disporre che all’atto della utilizzazione di una ricetta medica siano rilevati otticamente i codici a barre della ricetta stessa, dei farmaci acquistati nonché di quello contenuto sulla Tessera Sanitaria dell’assistito, rappresentante, come detto, il codice fiscale di quest’ultimo.
In tal modo l’art. 50 ha così realizzato un completo sistema di tracciamento di tutti i farmaci acquistati con ricetta medica “rossa”. Il che, come si è detto, è stato disposto dal legislatore per monitorare la relativa spesa pubblica e, quindi, anche definire il budget di distretto, di farmacovigilanza e sorveglianza epidemiologica da assegnare. Non stupisce dunque che l’adozione dei decreti attuativi sia stata demandata al Ministero dell’economia e delle finanze.
Successivamente, al fine di migliorare le modalità di trattamento e gestione dei suddetti dati, l’art. 1, comma 810, lett. c), della l. del 27 dicembre 2006, n. 296, ha inserito al citato art. 50 un nuovo comma 5-bis. Tale novella ha introdotto l’obbligo di trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell’economia e delle finanze attraverso una piattaforma messa a disposizione dal ministero stesso.
Già in un momento in cui le ricette per farmaci a carico del SSN erano ancora in forma cartacea, si realizzò dunque un completo sistema di tracciamento di tutti i farmaci prescritti ed acquistati da tutti gli assistiti. È bene sottolineare ancora una volta che nel prevedere tale invio telematico è stato espressamente chiarito dal legislatore come le finalità perseguite siano ancora una volta quelle di cui al già richiamato art. 50, comma 1. Ed è solo il caso di sottolineare che il legislatore ha reputato tanto importante tale trasmissione telematica da prevedere specifiche norme sanzionatorie per l’omesso od il ritardato invio dei dati (art. 50, commi 8-bis e 8-ter, d.l. 269/2003), il cui accertamento è stato demandato al Corpo della Guardia di finanza (comma 8-quater).
È in tale contesto che interviene il Decreto del 2 novembre 2011 del Ministero dell’economia e delle finanze recante la «de-materializzazione della ricetta medica cartacea, di cui all’articolo 11, comma 16, del decreto-legge n. 78 del 2010».
Occorre ricordare che detto «articolo 11, comma 16, del decreto-legge n. 78 del 2010» fu emanato ancor più specificamente per ragioni di finanza pubblica. Si ivi legge infatti che, «al fine di accelerare il conseguimento dei risparmi derivanti dall’adozione delle modalità telematiche per la trasmissione delle ricette mediche di cui all’ articolo 50, commi 4, 5 e 5-bis, del citato decreto-legge n. 269 del 2003, il Ministero dell’economia e delle finanze, cura l’avvio della diffusione della suddetta procedura telematica, adottando, in quanto compatibili, le modalità tecniche operative di cui all’allegato 1 del decreto del Ministro della salute del 26 febbraio 2010 […]. L’invio telematico dei predetti dati sostituisce a tutti gli effetti la prescrizione medica in formato cartaceo».
La dematerializzazione delle ricette “rosse”, ossia di quelle a carico del SSN, ha dunque ulteriormente perfezionato il sistema di tracciamento automatizzato della relativa spesa pubblica. Grazie infatti a tale ulteriore innovazione si è reso possibile gestire in forma digitale l’intero ciclo di fornitura dei farmaci a carico del SSN, dalla prescrizione da parte del medico curante sino alla vendita finale. Il che, dunque, grazie alla interoperabilità dei dati raccolti in ciascuna fase, permette oggi un controllo ed un monitoraggio certamente più granulare e preciso di quello che sarebbe possibile in un contesto in cui convivono documenti digitali e documenti cartacei.
Alla luce del quadro normativo sin qui esposto si può dunque ritenere che le riforme via via intervenute, tra cui soprattutto la dematerializzazione delle ricette rosse, siano state motivate primariamente da ragioni di finanza pubblica. Ciò sia perché tale circostanza è stata espressamente e ripetutamente indicata dal legislatore, sia anche perché i vari decreti attuativi sono stati sempre demandati al Ministero dell’economia e delle finanze.
A seguito di tale processo, è dunque intervenuta da ultimo la dematerializzazione delle ricette “bianche”, ossia di quelle che non sono a carico del SSN.
Queste ultime sono ricette finalizzate alla somministrazione di medicinali che, ai sensi dell’art. 88 del d.lgs. 219/2006, pur non beneficiando di un contributo da parte del SSN, possono essere venduti – e quindi acquistati – solo con prescrizione medica. Ai sensi della norma da ultimo citata, si tratta di farmaci la cui somministrazione solo con prescrizione medica è giustificata da ragioni prettamente sanitarie, in quanto «possono presentare un pericolo, direttamente o indirettamente, anche in condizioni normali di utilizzazione, se sono usati senza controllo medico», ovvero perché «sono utilizzati spesso, e in larghissima misura, in modo non corretto e, di conseguenza, con rischio di un pericolo diretto o indiretto per la salute», od in quanto «contengono sostanze o preparazioni di sostanze la cui attività o le cui reazioni avverse richiedono ulteriori indagini», od ancora perché «sono destinati ad essere somministrati per via parenterale, fatte salve le eccezioni stabilite dal Ministero della salute, su proposta o previa consultazione dell’AIFA».
In questo caso, dunque, la ricetta medica non è funzionale al finanziamento della spesa da parte del SSN. La ricetta medica ha piuttosto lo scopo di tutelare la salute degli assistiti, evitando che questi assumano farmaci potenzialmente dannosi se assunti impropriamente.
In effetti la dematerializzazione delle ricette bianche non viene in questo caso giustificata da ragioni legate alle finanze pubbliche. Viceversa, nelle premesse del Decreto si afferma espressamente di aver «considerato di prevedere la dematerializzazione delle ricette non a carico del SSN, ai fini della semplificazione per l’assistito, secondo le medesime modalità di cui al citato decreto 2 novembre 2011».
Il fine perseguito, in questo caso, sarebbe dunque la «semplificazione per l’assistito», applicando le medesime norme e procedure già disposte per la dematerializzazione delle ricette “rosse”, ossia di quelle a carico del SSN.
Stando così le cose, tuttavia, il Decreto in discussione appare censurabile. Come si è detto, anche questo atto è stato adottato dal Ministero dell’economia e delle finanze, che ha ritenuto di agire sulla base delle norme sopra citate.
Senonché le citate disposizioni prevedevano esclusivamente la dematerializzazione delle ricette “rosse”. E tali disposizioni erano espressamente finalizzate a consentire al Ministero dell’economia e delle finanze una miglior capacità di tracciamento della spesa sanitaria per le ricette a carico del SSN. Sicché il potere di intervento di detto Ministero veniva espressamente indirizzato dal legislatore verso un preciso fine, coerente con le funzioni istituzionali di tale apparato del Governo.
Con il Decreto che ha disposto la dematerializzazione delle ricette “bianche” il Ministero ha agito in un ambito e per un fine che non era considerato dalle norme dallo stesso richiamate, per finalità diverse ed ulteriori rispetto a quelle ivi previste. Il tutto per perseguire un obiettivo, quello della semplificazione per l’assistito, che non pare in ogni caso possa essere riferito al Ministero dell’economia e delle finanze.
L’intervento di dematerializzazione delle ricette “bianche” sembrerebbe piuttosto di competenza del Ministero della salute, se non altro nella misura in cui questo sia dichiaratamente volto alla «semplificazione per l’assistito». È infatti tale Ministero quello che più efficacemente e concretamente può valutare le conseguenze, per gli assistiti, del processo di digitalizzazione in parola, in vista del quale la preoccupazione maggiore non è, appunto, la spesa pubblica, ma la cura dei pazienti.
Né pare che anche il Ministero della salute possa peraltro procedere senza che vi sia una qualche base legislativa che legittimi l’adozione dei relativi atti per la specifica finalità di «semplificazione per l’assistito».
Per quanto, infatti, chi scrive sia fortemente a favore della digitalizzazione della pubblica amministrazione, e quindi anche della dematerializzazione delle ricette mediche, non si può ignorare che questo specifico ambito sia particolarmente delicato. Si deve infatti considerare che, in relazione alla prescrizione dei farmaci, vengono in rilievo le esigenze di categorie di soggetti che possono patire in modo particolarmente forte il digital divide. Sarebbe perciò auspicabile che una riforma di questo tipo trovi supporto in una base legislativa che assicuri che la transizione al digitale avvenga effettivamente nel rispetto delle esigenze di tutta la popolazione, demandando al Ministero della salute l’analisi delle specifiche e concrete esigenze di tutti gli attori coinvolti.