Il mercato dell’arte degli ultimi cinque anni ha esperito un susseguirsi di record economici, culturali e fenomenologici senza precedenti. Il lancio della crypto arte, dell’intelligenza artificiale e del metaverso (fra gli altri) ha consolidato il rapporto fra arte, tecnologia e mercato, lasciando tuttavia inesplorati complessi nodi etici, sociali e legali.
È a metà del novembre del 2017 che si colloca l’inizio immaginario di un lustro memorabile per la storia e il mercato dell’arte; in codesta data, infatti, si batte all’asta, presso la prestigiosa Christie’s di New York, la celebre tela Salvator Mundi di Leonardo; la cifra è 450 milioni di dollari ed è la più alta mai offerta per un’opera d’arte. A breve, presso la stessa casa d’aste, sarà l’opera Edmond Belamy a battere un nuovo record e scrivere ancora (un’altra) storia: sarà infatti la prima tela interamente realizzata – e sarcasticamente controfirmata – da intelligenza artificiale a raggiungere l’inaspettata cifra di 432,500 dollari – quasi 69 volte quanto pronosticato nelle stime al pubblico. Si sussegue la prima vendita di crypto arte– Nyan Cat di Chris Torres per 600,000 dollari – e la stellare conquista di Beeple e la sua opera Everydays, che raggiunge la cifra di 69 milioni di dollari. A superarlo e a stabilire infine il prezzo più alto per un artista vivente è Pak, che con una recente operazione di crypto arte, Merge, raggiunge la figura di 91.8 milioni di dollari. Tutto incapsulato in un lustro.
La lista è lunga, contorta e multidisciplinare e potrebbe addensarsi ulteriormente con esperienze di robotica, gamification e metaverso. Il mercato dell’arte è in pieno matrimonio con la tecnologia, e l’eclettica fenomenologia che ne deriva pare pizzichi millennials, tycoons e neofiti allo stesso modo, invitando ad accaparrarsi una briciola di storia-meteora mediante record che, per densità e vicinanza, tendono a svanire e dimenticarsi. Cosa riemerge da questo mare magnum sono fin troppi concetti – blockchain, NFT, smart contract ed Ethereum, per citarne alcuni – che confondono piuttosto che avvicinare a questo mondo. Tuttavia, ne rimane uno, quello del metaverso, che per notorietà e prossimità alle nostre vite, rimane forse prioritario – così come ci ricorda il nuovo logo di Facebook ‘meta,’ che appare ormai ad ogni accesso alle nostre identità virtuali.
Nonostante il metaverso sia infatti in circolazione da tempo – con diverse ascrizioni relativamente alla sua nascita – è il passaggio di Facebook a Meta ad ufficializzare il passaggio (ottobre 2021) e ad avvicinare il pubblico alla domanda: cos’è il metaverso? Etimologicamente, meta-verso indica un universo – estensione di verso – che si trova oltre, in un’altra dimensione. Per spiegarlo si ricorre spesso ai videogiochi, e in particolare a quelli dalla componente ‘social.’ Quasi un ventennio fa, con un esempio concreto, il format “Grande Fratello” realizzò con PlayStation una trasposizione di quanto avveniva nella casa in formato gioco: dei personaggi (avatar) interagivano secondo operazioni domestiche semplici e tuttavia reali – dal cucinare, lavarsi, parlare… I personaggi in causa erano delle versioni digitali dei concorrenti veri e propri e l’esposizione e uso strategico ad attività – pulizie, conversazioni e cura del sé – accreditavano al personaggio un certo gradimento. Il metaverso parte da un sistema simile: ognuno di noi fabbrica un avatar che lancia all’interno di un mondo, un universo – spesso caratterizzato da una vera e propria superficie contabile e limitata. In questo mondo è già avvenuta la lottizzazione dei terreni, e in diversi – molti, ormai – hanno già acquistato case e attività ormai avviate. Si sono lanciate le prime mostre, party aziendali e, nello specifico dell’Italia, anche il primo concerto nella storia del metaverso. È altresì italiano un altro record, l’immissione del primo monumento storico: l’Arco della Pace di Milano, che ha segnato simbolicamente l’ingresso della storia e dell’identità nazionale di un paese in un’altra dimensione. Come per gli avatar del Grande Fratello, anche noi, una volta all’interno di questi mondi, saremo attratti da vestiti da indossare o da eventi a cui partecipare, operazioni già commercializzate, che di solito, secondo regole proprio del sistema con cui si interagisce, possono essere pagate mediante cripto valuta.
In questa dinamo, Microsoft promette altresì di proporre una versione office del metaverso per facilitare meeting di lavoro già entro la prima metà del semestre 2022; in Italia, l’azienda Coderblock, ha già avviato da mesi esperimenti di successo nello stesso campo. Il metaverso, insomma, si infrastruttura parallelamente al mondo reale – forse più velocemente? – metabolizzando gli stessi servizi, richieste e desideri del mondo cis, il nostro, lucrandoci.
I big players come Nike, la casa d’aste Sotheby’s, nonché Gucci e Apple hanno già costruito i loro mondi, acquistato e aperto uffici, tenuto aste, conferenze stampa e preview di moda. È proprio mediante il suo avatar che, l’head di Gucci Alessandro Michele, ha per esempio lanciato un messaggio durante la prestigiosa settimana londinese dei premi moda; e gli avvenimenti primi e record nella dimensione si perdono per numero.
Due, fra questi, rimangono tuttavia degni di nota: il primo matrimonio e palpeggiamento del metaverso. Il primo – non davvero tale, dal momento che una proto-forma di matrimonio fu sperimentata nel 2016 – si è tenuta fra due cittadini americani che, pur non essendosi visti riconosciuti l’unione nel mondo cis-verso, hanno deciso di investire 30,000 dollari per l’operazione – sostenuta da altrettanti siti e agenzie specializzate in matrimoni nel metaverso. Il secondo caso, quello del palpeggiamento, ha la triste eco di essersi consumato fra un gruppo di player (tutti uomini) e una ragazza; la stessa, che ha denunciato subito il problema, ha sollevato dubbi di natura etica, giuridica, operativa e decisionale.
Il mondo del metaverso, insomma, galoppa per manifestazioni, importazioni e sperimentazioni, ma quali codici lo regolano? Innestandosi orgogliosamente nella cultura della de-centralizzazione, dove i controlli, almeno teoricamente, vengono resi periferici, il mondo del metaverso attinge linfaticamente al mondo cis-verso, tuttavia non subendone, almeno per ora e direttamente, le regolamentazioni.
Già il mondo degli NFT ha sollevato non pochi dubbi ai diversi enti di regolamentazione e fiscalizzazione degli stati – in Italia diverse opere di crypto arte sono cadute nel baratro dell’Agenzia dell’Entrate come non-opere, e dunque, come tali, non si sono costitute come asset tassabili. Ma come si gestiscono dunque, in un mondo de-centralizzato, le crescenti operazioni di acquisto, rivendita e fallimento di asset? Un recente articolo de Il Sole 24 Ore definisce l’Italia “un precursore” in Europa, avendo la stessa, cita il testo, “adottato [per prima] la V Direttiva UE sull’ “Anti money laundering.” “Riguardo al fronte del fisco,” continua l’articolo, “l’Agenzia delle Entrate considera il bitcoin alla stregua di una valuta estera e l’eventuale cripto plusvalenza è tassata al 26% (con franchigia).” Nonostante l’atteggiamento pioneristico del nostro paese – a volte rallentato dall’Europa – rimane necessaria la fondazione di un dibattito giuridico, etico e comportamentale, che riceva con preparazione il fenomeno quando ormai inarrestabile e quotidiano – e, visto l’incederne, presto, cras.
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