Punti di vista. Crescita economica e coordinamento nel settore digitale: una lettura del Rapporto Draghi

Secondo intervento del “punto di vista” dell’Osservatorio sul rapporto Draghi

Abstract: Si propone una lettura del Rapporto Draghi alla luce degli istituti coordinamento, normativo ed amministrativo, individuati quali strumenti utili per ritrovare quella competitività europea ormai in declino e con particolare riferimento alle iniziative sulla digitalizzazione e sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale ed a quelle aree ritenute prioritarie (telecomunicazioni; computing e dell’intelligenza artificiale; semiconduttori).

Si propone in questa sede una lettura del Rapporto sulla competitività europea, già noto come Rapporto Draghi, alla luce della declinazione di un maggior coordinamento, tanto normativo quanto amministrativo, individuato quale volano per la crescita economica. Prima di procedere oltre pare doveroso soffermarsi sui concetti di coordinamento normativo e coordinamento amministrativo, che, pur perseguendo, in parte, i medesimi obiettivi, sono da tenere tra loro distinti. Da una parte, infatti, il coordinamento normativo trova una sua peculiare declinazione alla luce della struttura dell’Unione Europea nella quale si dovranno armonizzare e, quindi coordinare, gli interventi legislativi anche nel momento del loro recepimento ad opera dei singoli Stati Membri. In quest’accezione intendiamo il coordinamento quale armonizzazione dei diversi plessi normativi, tanto nella loro fase genetica quanto nella loro fase attuativa (sia essa di competenza europea sia essa di competenza nazionale). Diverso è il coordinamento amministrativo che, invece, opera con riguardo ai distinti interessi che i singoli plessi normativi affidano in cura a distinti organi amministrativi. Il coordinamento amministrativo garantisce che si raggiunga la massima soddisfazione possibile dei vari interessi che, pur soggetti a regole distinte, vengono in rilievo a fronte di una fattispecie unitaria, sollecitando un intervento pubblico di carattere contestuale in capo alle varie amministrazioni coinvolte.

Venendo ai temi affrontati dal Rapporto Draghi, osserviamo come grande attenzione venga dedicata alla rivoluzione tecnologica in atto ed alla sua regolazione. Nell’ultimo quinquennio, a fronte dell’avanzamento tecnologico di derivazione privata, è cresciuta l’attenzione del legislatore, nazionale ed europeo, per la regolamentazione dei fenomeni propri delle economie basate sui dati, portando alla creazione di un quadro normativo di riferimento piuttosto articolato ma, anticipando quanto si dirà, che non risulta ancora pienamente sufficiente a governare efficacemente le possibili applicazioni dell’utilizzo economico dei dati che i recenti progressi innovativi ci hanno offerto. Anche lo sviluppo dell’intelligenza artificiale risente della minore o maggiore rigidità delle norme che interessano la circolazione e l’utilizzo dei dati, vera e propria risorsa di cui si alimenta. Tale complessità si apprezza tanto più in relazione al delicato rapporto tra innovazione e regolazione (L. Torchia). Sempre in tale direzione il Rapporto Draghi individua nella regolazione un elemento alla luce del quale analizzare il rallentamento nella crescita economica dovuto ad una debole produttività europea che si sta registrando in questi anni e nonostante l’Europa abbia basi solide per essere un’economia altamente competitiva. A conferma di ciò possiamo osservare come, ad oggi, tra le prime cinquanta compagnie al mondo solamente quattro siano europee.

Il Rapporto analizza i settori maggiormente affetti da tale calo della produttività e, tra questi, anche il settore tecnologico, interessato dalla rivoluzione digitale in atto e i cui effetti sullo sviluppo economico (S. Del Gatto) sono ormai noti. La fotografia offerta è quella di un divario tecnologico con le grandi potenze mondiali (Cina e USA, tra tutte), alimentato da uno scarso dinamismo e da una altrettanto scarsa innovazione. In America, ad esempio, tutte e sei le società con una valutazione di mercato superiore ai mille miliardi di euro sono state create in questi anni, laddove in Europa non ci sono società con una capitalizzazione di mercato superiore ai cento miliardi di euro che siano state create negli ultimi cinquanta anni. Le maggiori società europee sono specializzate in tecnologie mature con un limitato potenziale di innovazione. Anche guardando al futuro lo scenario non sembra cambiare: si ritiene, infatti, che l’informatica quantistica possa diventare la prossima grande innovazione, ma cinque delle prime dieci aziende tecnologiche a livello globale in termini di investimenti in tale settore hanno sede negli Stati Uniti e quattro in Cina; nessuna in Europa. Il descritto svantaggio competitivo, come visto, sarà destinato ad aumentare, soprattutto nel settore delle tecnologie digitali, caratterizzate da continui e massicci investimenti, economie di scala e servizi multipli. Nonostante l’obiettivo a livello europeo deve essere quello di favorire gli investimenti delle aziende nello sviluppo del settore tecnologico, tanto per la presenza di settori in cui è richiesta la sovranità tecnologica, come la sicurezza, sempre più cyber (B. Carotti); quanto per gli ostacoli che un settore tecnologico debole è suscettibile di frapporre ai risultati dell’innovazione nei settori adiacenti (ad esempio, farmaceutico ed energetico); quanto, ancora, per la presenza di un settore, quello dell’intelligenza artificiale, dove si ha ancora oggi l’opportunità di ritagliarsi una posizione di leadership in segmenti selezionati.

Tra le politiche e le iniziative sulla digitalizzazione e sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale, il Rapporto individua tre aree prioritarie: quella delle telecomunicazioni (reti a banda larga ad alta velocità, infrastrutture e software); quella del computing e dell’intelligenza artificiale e quella dei semiconduttori, ossatura dello sviluppo tecnologico. In tutte e tre le aree il Rapporto individua il coordinamento quale elemento da valorizzare per il recupero della competitività. È interessante osservare come l’esigenza di coordinamento sia avvertita in tutte le aree, pur con diverse accezioni e sfaccettature, come chiarito in premessa.

Così, ad esempio, nel settore delle telecomunicazioni, si rappresenta un difetto di coordinamento delle normative nazionali di riferimento che finisce per impedire la creazione di operatori di grandi dimensioni tali da poter competere a livello mondiale e, allo stesso tempo, sostenere adeguatamente la sempre maggiore richiesta di infrastrutture all’avanguardia per digitalizzare la filiera produttiva. È il caso, ad esempio, della presenza di diversi standards, non soltanto tra le legislazioni nazionali ma anche tra gli stessi operatori: l’adozione di standards omogenei viene indicata tra le proposte del Rapporto per favorire l’innovazione di settore. In tal senso, infatti, si parla di un coordinamento a livello europeo degli standards tecnici a livello europeo per la diffusione delle interfacce di rete, dell’edge computing e dell’Internet of Things.

Con riferimento all’area del computing e dell’intelligenza artificiale, invece, il coordinamento viene osservato in relazione alle disposizioni europee. L’aspetto che sorprende è che si segnalano l’AI Act e il GDPR tra le disposizioni europee dove sono presenti sovrapposizioni, come tali negative per favorire l’innovazione e lo sviluppo. Chiaro il Rapporto in tal senso laddove riconosce nella complessità, nelle incoerenze e nelle sovrapposizioni dei due plessi normativi un fattore di rischio per la competitività delle aziende europee. A fronte di tale complessità il Rapporto propone l’istituzione di sandboxes regolatorie che consentirebbero di applicare in maniera armonizzata e semplificata le disposizioni europee di riferimento per favorire la ricerca e lo sviluppo di applicazioni innovative di intelligenza artificiale in alcuni settori industriali selezionati. A tale intervento si dovrà accompagnare anche l’eliminazione delle sovrapposizioni normative tra i vari plessi normativi.

Quanto al settore dei semiconduttori è interessante osservare, tra le varie proposte, quella relativa ad una peculiare ipotesi di coordinamento: quella degli investimenti e del sostegno pubblico alla produzione di semiconduttori che, sommati insieme all’interno dell’UE, rimangono comunque inferiori a quelli degli Stati Uniti. Tale frammentazione in strumenti nazionali e comunitari degli investimenti e delle politiche si è rivelata inefficace al punto che nel Rapporto si parla di uno spreco di risorse comuni, nonostante la grande capacità di spesa collettiva che, per essere allocata in maniera efficiente, dovrebbe essere quantomeno guidata e coordinata da una strategia europea comune.

La proposta del Rapporto è quella di intervenire mediante lo stanziamento di risorse provenienti dal bilancio UE (e, quindi, gestite a livello centrale) per intervenire a supporto delle iniziative intraprese dai singoli Stati Membri.

Nella breve ricostruzione delle principali iniziative per rilanciare la competitività europea l’attenzione si è concentrata, in maniera esemplificativa, sulle varie sfaccettature che la nozione di coordinamento può assumere. Nonostante ciò, è possibile individuare alcune linee e tendenze generali contenute nel Rapporto Draghi volte al rafforzamento della governance europea, tanto tra gli Stati Membri quanto tra questi e le stesse istituzioni europee. L’idea di fondo è quella, di stampo fortemente federalista, che senza l’Europa nessuno Stato potrà affrontare da solo le principali sfide della competitività o competere con i concorrenti globali, Stati Uniti e Cina.

Il nuovo ruolo auspicato per l’Europa, pur nel rispetto del principio di sussidiarietà, passa anche dalla legislazione proposta che, come visto, risulta fondamentale per la competitività: un numero minore di norme, più chiare, più adatte allo scopo, maggiormente coordinate tra loro può contribuire in maniera significativa al recupero di quello sviluppo economico che l’Europa sta perdendo. L’esigenza di coordinamento si deve alla moltiplicazione e complementarità degli interessi coinvolti nelle istanze di regolazione pubblica, tanto normativa quanto amministrativa.

Il difetto di coordinamento viene visto quale ostacolo allo sviluppo della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale in Europa. Tra le cause del difetto di competitività in Europa il Rapporto individua un difetto di coordinamento tra le politiche regolatorie, tanto dei singoli Stati Membri quanto della stessa Unione. Chiaro segnale di ciò si può individuare nel fatto che si contano, infatti, circa 100 testi normativi europei legati al settore tech e oltre 270 autorità di regolazione. Molto spesso, tuttavia, né le norme né le autorità si coordinano tra loro. Tale difetto di coordinamento comporta una duplicazione degli oneri amministrativi che si impongono alle imprese di piccole e medie imprese il cui sviluppo viene ostacolato, diversamente da quanto accade in America ed in Cina dove, al contrario, si registra una concentrazione più elevata di imprese più grandi che sono in grado di condurre a maggiore innovazione in quanto riescono ad assorbire meglio i costi fissi che derivano, ad esempio, dall’adozione di sistemi di intelligenza artificiale.

Ad ulteriore confutazione di quanto osservato in relazione alle maggior istanze di coordinamento si prenderanno brevemente a modello le economie dei dati. Le economie basate sui dati (data driven economies) registrano fenomeni suscettibili di sollevare questioni ordinamentali differenti che coinvolgono contemporaneamente distinti interessi pubblici (ad esempio, tra quelli di carattere generale, applicabili indistintamente a tutti i mercati interessati: privacy, antitrust, tutela del consumatore, cybersicurezza, reti e comunicazioni elettroniche). Da tale complementarità degli interessi, e, con essi, delle tutele apprestate dall’ordinamento, deriva la necessità – tutta attuale – di determinare le modalità con cui esplicare una tutela contemporanea: diversamente da altri settori, infatti, nella disciplina delle economie basate sui dati non si hanno ipotesi di contitolarità dei poteri amministrativi tra enti diversi né pare plausibile l’ipotesi di una autorità unica. Un esempio sulla complementarità degli interessi si può registrare con riferimento all’attività sanzionatoria dell’AGCM per condotte abusive aventi ad oggetto i dati degli utenti-consumatori (P. Rubechini). Né, d’altronde, si nutrono ancora dubbi sul valore economico attribuito ai dati personali (P. Clarizia).

Anche in tal senso, allora, l’analisi del Rapporto Draghi conferma la tesi della necessità di un maggior coordinamento tra autorità, secondo il modello del coordinamento amministrativo, e, prima ancora, tra gli stessi plessi normativi di riferimento, secondo il modello del coordinamento normativo, tanto allo scopo di garantire maggior efficacia ed efficienza nel perseguimento degli interessi pubblici coinvolti quanto, allo stesso tempo, per garantire e sostenere lo sviluppo economico, evitando incertezze, eccessi e duplicazioni normative.

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