Durante la crisi degli anni trenta si moltiplicarono le campagne contro la donna nell’impiego pubblico, col risultato di vanificare anche le esili conquiste del periodo della prima guerra mondiale, quando molte donne, a salari più bassi, erano state assunte negli uffici pubblici. Fu ribadito il divieto (già presente nella legislazione del 1919) per gli impieghi implicanti esercizio di poteri pubblici giurisdizionali o relativi alla difesa dello Stato; e fu concesso alle singole amministrazioni di escludere nei bandi di concorso le donne. Un decreto del 1938 avrebbe poi fissato in un massimo del 10% rispetto agli organici la presenza delle donne negli impieghi pubblici e privati. Un successivo decreto stabilì le mansioni «particolarmente adatte alle donne»: dattilografe, telefoniste, stenografe, addette a operazioni di statistica e di calcolo eseguite con mezzi meccanici, raccolta e prima elaborazione di dati statistici, formazione e tenuta di schedari, servizi di biblioteca e di segreteria negli istituti di istruzione classica e magistrale, servizi da infermiere, assistenti sanitarie visitatrici, visitatrici doganali, visitatrici di fabbrica ecc.
“Al Duce, da Torre Annunziata, 17 febbraio 1931
Quante donne, accontentandosi di un piccolo stipendio, per sfogare le propria passione lussuosa, usurpano il posto ad un padre di famiglia, il quale, in quella stessa azienda, potrebbe trovare, col frutto del suo lavoro, il sostentamento dei propri figli. Non sarebbe più morale che questo stuolo femminile imparasse ad essere una buona massaia e una buona donna di casa, in luogo di imparare a fare l’impiegata solo perché ne sente il bisogno della calza traforata e del vestito di crespe di Cina?
Al Duce, firmato «Una donna milanese», 13 dicembre 1930
A me sembra che la causa principale di questa crisi mondiale sia dovuta alla donna, cioè bisogna levare la donna dalle officine, dagli uffici e da tutti quei lavori che prima della guerra erano dell’uomo.
Al Duce, da Albisoni Sandro, Bergamo, 3 marzo 1933
Duce, (…) ma perché non manda fuori dalle scatole tutte quelle stronze di «signorine» che hanno un impiego unicamente per mantenere il lusso?
Al Duce, da Elvira Castelli, 30 aprile 1936
Gli harem dei pascià turchi sono stati trasportati di sana pianta nei ministeri, nelle società di assicurazioni, nei comuni, nelle confederazioni, nei sindacati ecc., nelle banche ancora peggio. E questo mentre gli uomini boccheggiano (…), tanto che mio marito si vuole ammazzare.
Al Duce, Zito Luigi, 1 maggio 1934
I posti vengono dati, di preferenza, alle gonne. Infatti un buon numero di posti è detenuto da femmine al solo scopo, fatte pochissime eccezioni, di vivificare le energie già spente di capi-ufficio vecchi e imbecilli.
Al Duce, da Un povero padre di famiglia, settembre 1932
Eccellenza, un colpo da Maestro come solo V.E. sa dare, occorre ben presto sia messo in esecuzione col far licenziare da tutti gli impieghi pubblici e privati gran parte del personale femminile.
Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio, 1937-39, fasc. 1, sf. 3.1, 585.