Lo scopo dell’articolo è analizzare il ruolo delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio nell’ambito dell’amministrazione statale dei beni culturali. L’evoluzione storica di questa amministrazione dimostra che, mentre sono stati adottati e talvolta riproposti nel corso degli anni vari modelli e formule concernenti soprattutto la sua organizzazione a livello periferico, l’attribuzione alle Soprintendenze della funzione di tutela dei beni culturali non è mai stata messa in discussione. Più precisamente, la competenza delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio comprende un’ampia gamma di poteri di ispezione, vigilanza e decisione e consiste, essenzialmente, nell’attuazione del regime vincolistico previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Tali poteri hanno carattere autoritativo e sono esercitati principalmente mediante valutazioni tecniche. Ne consegue che le Soprintendenze non possono essere considerate applicando come criterio esclusivo o prevalente quello dell’efficienza, eccetto che per le soprintendenze speciali, che agiscono secondo un approccio aziendalistico. Le Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio esercitano i propri poteri nei confronti tanto delle amministrazioni, soprattutto degli enti locali, quanto dei soggetti privati. Per quanto concerne i rapporti interni, le Soprintendenze non possono essere ritenute, in senso stretto, gerarchicamente subordinate nei confronti delle Direzioni, nelle quali è suddivisa l’amministrazione centrale, in ragione della elevata qualificazione professionale del personale delle prime. Coerentemente, un certo grado di autonomia dovrebbe essere accordato anche ai funzionari in servizio presso i vari uffici, da cui sono composte le Soprintendenze stesse. Nel complesso, le Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio sono uffici complessi, che risultano indispensabili per l’esercizio della funzione di tutela dei beni culturali.
Le Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio
di Marco Lunardelli