Good algorithms, better rules: how algorithmic tools could revive disclosure regulation

di Fabiana Di Porto
Abstract

L’intelligenza artificiale (Ia) e il Machine Learning (Ml) non solo sono divenuti elementi indispensabili della nostra vita quotidiana, ma stanno pian piano rivoluzionando anche la ricerca giuridica. Esiste infatti un gruppo di studiosi numericamente esiguo (ma in rapida crescita) che si avvale di metodi computazionali tipici delle computer science nelle proprie ricerche giuridiche. In particolare, i progressi compiuti nel cosiddetto Natural Language Processing (Nlp) hanno innescato il proliferare di approcci di ricerca innovativi, essendo ora gli studiosi in grado di trasformare il testo (e dunque anche le norme) in dati leggibili dalla macchina. Alla luce della relativa novità e dell’enorme potenziale del campo del Law and Tech, questo articolo fornisce una guida agli studiosi che intendono familiarizzare con questa nuova branca di studio e suggerisce di organizzarla attorno a quattro principali interessi di ricerca. Per illustrare in che modo gli strumenti algoritmici possono innovare la ricerca giuridica di temi classici, affronto un argomento che è stato a lungo considerato «irrecuperabile»: ovvero quello dell’obbligo informativo. Una panoramica delle numerose e diverse soluzioni alle carenze di tale obbligo suggerisce ed anche supporta l’ipotesi che il Law and Tech possa contribuire notevolmente all’indagine del giurista in questo campo. Cionondimeno, l’articolo identifica anche la necessità di un «approccio olistico», delineando come gli strumenti computazionali possano essere utilizzati in modo onnicomprensivo per affrontare i fallimenti delle disclosure a partire dal formarsi della disciplina in Parlamento sino alla comparsa dell’informazione sui display dei consumatori.