Un altro modello di banca dati nazionale vede finalmente la luce. Concerne il settore dell’istruzione e completa i sistemi già esistenti. Il d.m. n. 234 del 2024 ne disciplina il funzionamento, ma contiene molti rinvii. Alla base, il rafforzamento, sempre molto faticoso, dell’interoperabilità dei sistemi informatici della pubblica amministrazione. Luci e ombre di un progetto potenzialmente molto utile.
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 57 del 2024, il decreto del Ministero dell’Istruzione e del merito (adottato di concerto con Ministro per la pubblica amministrazione e con l’Autorità delegata all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale) del 7 dicembre 2023, n. 234, recante Regolamento sulle modalità di attuazione e funzionamento dell’Anagrafe nazionale dell’istruzione (Anist).
Si tratta di un progetto molto utile, che racchiude i dati relativi al mondo dell’istruzione: basandosi sui dati anagrafici degli studenti, consentirà di seguirne il percorso di studi, tracciarne il profilo, fruire di specifici servizi, sia da parte dei cittadini che di altre amministrazioni (art. 6), ottenere il rilascio di certificati digitali (Allegato 2 al decreto).
Desta interesse la presenza di dati relativi agli edifici scolastici: anche questa funzionalità, tuttavia, sarà messa a regime solo in futuro: allo stato, vi è solo la relativa disposizione (occorrerà attendere quella tecnico-operativa)
È la partenza della nuova anagrafe, in generale, a presentarsi a scatti: ricorrendo alla formula “in sede di prima applicazione”, infatti, il decreto limita le funzionalità ai percorsi scolastici degli studenti e ai loro esiti.
La banca dati è alimentata, da un lato, dalle istituzioni scolastiche per il tramite dell’Anagrafe nazionale degli studenti (già effettiva dal 2004 e riordinata nel 2017, con d.m. 25 settembre 2017, n. 625, anche a seguito del parere del Garante per la privacy); dall’altro lato, per il tramite dell’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica, dagli enti locali, che assicurano la correttezza, l’esattezza e l’aggiornamento dei dati (art. 5, co. 1; si veda anche l’art. 8, co. 2).
I cittadini possono accedere all’Anist tramite i sistemi di identità digitale oppure tramite il punto di contatto unico (art. 6). Qualche attenzione, generica, è rivolta alla riservatezza, in quanto si prescrive la conservazione dei dati solo per il tempo necessario ai fini connessi all’Anist. Titolare dei dati inseriti i quest’ultima è il Mim, ferma restando la titolarità correlata ai dati di origine (art. 9). Il Ministero è il soggetto incaricato di assicurare garanzie e misure di sicurezza, tra cui rientra anche la tutela di questo fondamentale diritto (art. 10, co. 1, lett. a).
Alcune osservazioni.
L’interoperabilità è la chiave di volta del sistema: essa serve non solo alla costruzione della nuova anagrafe, ma anche al potenziamento e all’integrazione dei sistemi già in uso, e rilevanti per questo settore.
Considerando che l’interoperabilità vive di diverse dimensioni (tra le altre, tecnica, organizzativa, semantica), è utile richiamare la nozione che ne offre il Codice dell’amministrazione digitale: “caratteristica di un sistema informativo, le cui interfacce sono pubbliche e aperte, di interagire in maniera automatica con altri sistemi informativi per lo scambio di informazioni e l’erogazione di servizi” (art. 1, co. 1, lett. dd).
Pubblicità e apertura delle interfacce vanno tenute bene a mente, se si vuole effettivamente conseguire un risultato utile per il ‘sistema-Paese’.
Lo stesso concetto di banche dati di interesse nazionale (di cui all’art. 60 del Cad) poggia su tale aspetto e l’Anist era già espressamente contemplata dalla normativa (art. 62-quater del Cad). Sono da leggere in questo orizzonte alcune previsioni del decreto sull’accesso in consultazione con altre basi di dati: non solo quelle relative alla popolazione studentesca e all’edilizia scolastica, già citate, ma anche all’Anagrafe dei numeri civici delle strade urbane, Anncsu (si veda l’Allegato 4 per i dettagli tecnici), e l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (art. 5; Allegato 3). Simili aperture testimoniano la connessione tra sistemi, necessaria a un effettivo sviluppo delle potenzialità informatiche e della connessa erogazione di servizi completi e integrati.
Questo aspetto conferma, più in generale, come l’interoperabilità costituisca un perno di concetto attuale di digitalizzazione: se attuata a dovere, opera “in orizzontale”, supera l’iniziale idea di e-Government e realizza un dialogo effettivo e veloce tra i sistemi pubblici, scardinando vecchie resistenze (ne ho scritto per l’Osservatorio in Digitalizzazione della PA e interoperabilità: lo stato dell’arte secondo la Commissione europea; recentemente, si veda Alessio Angelucci ed Eugenia Perrone, Interoperable Europe Act: l’Unione europea alla sfida dell’interoperabilità per il miglioramento dei servizi pubblici digitali).
Sotto un diverso profilo, i tempi di adozione del decreto sono stati lunghissimi, come si evince chiaramente dalle premesse. Pareri e passaggi procedurali sono iniziati nel 2021, l’adozione è avvenuta più di due anni dopo, a dicembre 2023, e la pubblicazione è del marzo 2024. Il lungo iter appare legato al tela dei finanziamenti. Il progetto, infatti, rientra nel quadro del Pnrr, i cui atti normativi sono espressamente citati. Le tempistiche sembrano, allora, svelare una preoccupazione temporale latente, in cui si inquadra il fatto che l’attivazione dell’Anist è da realizzare entro sette mesi dalla pubblicazione del decreto (art. 11, co. 1). Si deve attendere l’autunno, pertanto, per vedere l’operatività della banca dati.
Forse anche per questo motivo il decreto usa costantemente, come anticipato, la formula “in sede di prima applicazione”. Una modalità che rivela un avvio molto graduale, in cui l’eccezione prevale sulla regola. E una tecnica normativa che sembra conferire incertezza al progetto, oppure svela la necessaria gradualità della sua costruzione. Segno dei tempi lunghi che sempre caratterizzano questi processi, che si spera non emulino i tempi dei lavori pubblici urbani ed extraurbani.
Da notare, infine, la previsione di cui all’art. 11, co. 1: “[d]all’adozione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Prescrizione ancora comune in ambito “digitale”, che si commenta da sola.
Nell’insieme, si è di fronte a un progetto senz’altro condivisibile, che necessita di essere concretizzato e, per questo, va monitorato e promosso. Non va scordato, in merito, quanto sforzo ha richiesto, in questi anni, il completamento dell’Inad e dell’Anpr.
Storie di costruzione incrementale, che testimoniano le difficoltà sottese ai sistemi interoperabili di rilievo nazionale.
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