Adolfo Omodeo ufficiale nella Grande guerra: “una stanzetta con due tavolini e montagne di scartafacci d’ogni specie”

Uno dei più importanti storici italiani del Novecento, interventista nel 1914-15, più tardi antifascista, infine per un breve periodo ministro della Pubblica istruzione nell’Italia liberata dal fascismo (aprile-giugno 1944), Adolfo Omodeo (1889-1946), scrive sul finire del 1918 dal fronte alla moglie Eva Zona,  confidandole tutta la sua depressione e la sua delusione quale responsabile di una batteria sul fronte del Carso alle prese con le grettezze e gli inutili adempimenti di una opprimente burocrazia militare. Più tardi, nel 1934, riprenderà il tema nel suo Momenti della vita di guerra (dai diari e dalle lettere dei caduti), dandoci una interpretazione della Grande guerra coraggiosa e decisamente controcorrente.

 

Ti scrivo dalla fureria: una stanzetta con due tavolini e montagne di scartafacci d’ogni specie. Perché non devi credere che la burocrazia militare si sia molto semplificata in tempo di guerra. Tutt’altro: figúrati che si deve persino tenere un registro degli uomini che vanno al bagno! Poi specchi, elenchi, tabelle: risme di carta che se ne vanno. Senza contare le pratiche che si sbrigano per telefono e fonogrammi. Onde succede che spesse volte i nervi siano molto tesi: perché metti un povero diavolo, con l’aiuto di un solo furiere sempre affaccendato da mattina a sera, a badare alle centomila cure che dà una batteria: tiro, lavori, distribuzione degli uomini (sempre scarsissimi e comandati in centomila servizi), sorveglianza della batteria, disbrigo delle pratiche riguardanti i singoli soldati (sono montagne e riguardano spesso soldati che non sono più in batteria), carte periodiche, risposte a pratiche urgenti (quassù tutto è urgente), istruzione degli uomini, vigilanza sui corredi, sulle dotazioni antigas, ecc. ecc. Ti succede sempre di restare in arretrato in qualche cosa: allora son brontolii e lagnanze che non finiscono mai: se uno specchio non arriva in tempo, se la guardia non è comandata subito, se un soldato esce di batteria senza bandoliera o senza cravatta. E poi si ripete il caso del monaco, del monachetto e dell’asino; le carte non corrono con la dovuta sollecitudine? Ma si faccia aiutare, aumenti gli scritturali e i furieri! Aumenti i furieri? C’è il caso di sentirsi dire che, invece di una fureria, hai un ministero, che non hai diritto di lagnarti della scarsezza di uomini, visto che li utilizzi male. Stai in fureria? Ma che fureria! Bisogna ricordarsi che si è comandanti di batteria: il posto di combattimento è sulla linea dei pezzi, alla sezione avanzata, all’osservatorio. Se poi ti attieni a queste prescrizioni, magari sei all’osservatorio, ti senti arrivare un rimprovero perché hai firmato una carta senza leggerla, una carta sbagliata, o in cui il furiere ha seminato un fioretto d’ortografia: “Ma la smettano con queste abitudini di ministro che firma senza leggere!”. Ond’è che si desidera la battaglia, le cannonate che tagliano i telefoni e riconducono tutti all’unico pensiero essenziale, come una restaurazione del sano spirito intellettuale.

Adolfo Omodeo, Lettere 1910.-1946, Torino, Einaudi, 1963, pp. 322-323, lettera alla moglie Eva Zona, Z.d.g., 7 ottobre 1918.